“La ragazza con l’orecchino di perla”. Recensione

Nel 1999 Tracy Chevalier consegna alle stampe La Ragazza con l’orecchino di perla.
Prendendo spunto dalle carenti notizie sulla biografia del pittore Johannes Vermeer, l’autrice del romanzo immagina e scrive la storia della realizzazione di Ragazza col turbante, forse il più noto tra i dipinti dell’artista. L’opera, oggi conservata nella Mauritshuis dell’Aia, è densa di un particolare fascino enigmatico che gli è perfino valso l’epiteto di “Monna Lisa olandese”. La vicenda del romanzo, delicata e profonda, è raccontata in prima persona dalla giovane protagonista. Griet ha sedici anni, è nata e vissuta a Delft, nei Paesi Bassi. Il padre è un piastrellista che ha perso la vista in seguito a un incidente e non può più provvedere al mantenimento di moglie e figli. Il fratello è impegnato con un duro tirocinio che gli consentirà un giorno di cimentarsi nel mestiere del padre. La sorellina minore, Agnes, ha solo dieci anni. Tocca a Griet trovare un impiego per sostenere la famiglia. La ragazza prende perciò servizio come domestica in casa di Johannes Vermeer.
Il primo incontro tra la giovane e il pittore avviene in casa di lei. È il padre a darle idea di chi fosse il suo futuro padrone, menzionando una sua Veduta di Delft che tempo prima avevano avuto modo di ammirare insieme. Tra le mansioni che Griet è chiamata a svolgere ce n’è una molto particolare: le si chiede infatti di pulire l’atelier di Johannes ridisponendo gli oggetti della scena dei suoi dipinti nell’identica collocazione di partenza.
Griet, protestante, si sposta nel quartiere dei Papisti e muta radicalmente vita. Le sue padrone, Catharina, moglie di Johannes, e sua madre, Maria Thins, conducono un’esistenza sfarzosa, a dispetto di una condizione economica non proprio rosea, dato che Vermeer non sa ultimare più di due o tre quadri all’anno. In casa vivono anche numerosi figli e la ventottenne Tanneke, l’altra domestica, incline all’invidia verso Griet ma orgogliosissima d’aver posato anni prima per il dipinto La Lattaia.
A Griet spetta anche l’acquisto di viveri al mercato. Al banco delle carni, conosce Pieter, che ne resta subito ammaliato e, avendola presa a cuore, la informa e la conforta quando il quartiere della sua famiglia viene messo in quarantena per la peste e la sorellina Agnes perde la vita. Griet non sembra ricambiare le attenzioni del ragazzo ma i suoi genitori non tardano a caldeggiare un matrimonio che assicuri alla famiglia carne fresca da servire in tavola. Quando Griet entra per la prima volta nell’atelier, Vermeer sta dipingendo Donna con collana di perle. La bellezza del dipinto, l’eleganza della dama e dei suoi abiti la catturano. Il soggetto raffigurato è la moglie di Van Ruijven, facoltoso committente del pittore. Non era la prima volta che Vermeer la ritraeva: era stata lei la modella di Suonatrice di liuto e lo sarebbe stata poi per Donna che scrive una lettera. I mesi si susseguono e Griet è sempre più coinvolta dall’arte di Vermeer, dalla straordinaria verosimiglianza e naturalezza dei suoi soggetti. Anche il padrone finisce col notare l’interesse di Griet e lo asseconda: la rende partecipe, le spiega il funzionamento della camera oscura che usa per osservare i suoi lavori, accetta persino un mutamento che la ragazza apporta alla scena di Donna con brocca d’acqua. Poco a poco, insomma, Vermeer fa di Griet una sorta di apprendista, incaricandola anche di preparargli i colori. Il tutto all’insaputa di Catharina ma col tacito benestare di Maria Thins, disposta a tollerare qualunque espediente accelerasse il lavoro del genero. Gli istanti condivisi col pittore concedono a Griet qualche sprazzo di serenità nel contesto di una vita grama e faticosa, resa insostenibile dalle antipatie di Tanneke, Catharina e Cornelia, una delle figlie di Vermeer.

A complicare ulteriormente la situazione interviene poi il mecenate Van Ruijven che nota la bellezza della ragazza e non perde occasione di importunarla. In paese si fanno strada voci poco lusinghiere: si dice che Griet poserà insieme a Van Ruijven. Certamente – si mormora – toccherà anche a lei la sorte di quell’altra domestica che era rimasta incinta quando aveva posato per Due gentiluomini e una fanciulla con bicchiere di vino. Il timore di Griet è in parte smorzato dall’intervento di Vermeer e Maria Thins. I due, consapevoli dei debiti che li attanagliano, non possono deludere il loro committente ma trovano un compromesso: Griet poserà da sola mentre Van Ruijven verrà raffigurato con la sorella e la figlia per Concerto a tre, nella cui scena fa capolino un altro quadro di Vermeer, La Mezzana.
Griet non si tira indietro. Vermeer la raffigura non come una domestica né come una signora: seduta di spalle, col viso a tre quarti rivolto verso lo spettatore, un mantello color rame, una camicia bianca e una sorta di turbante composto da alcune stoffe di Catharina, una fascia azzurra e un drappo giallo pendente fino alle spalle. Affinché l’opera sia perfetta manca tuttavia ancora qualcosa: un elemento che catturi la luce e la irradi lungo tutto il dipinto. Vermeer suggerisce gli orecchini di perle della moglie. Griet è riluttante, teme che la donna possa scoprire tutto e cacciarla via. La ragazza non è però capace di rifiutare nulla al suo padrone: si pratica da sola i fori ai lobi delle orecchie e indossa le perle. Il caso vuole che Cornelia comprenda ogni cosa e corra ad informare la madre. Griet perde così il posto, lascia la casa di Vermeer e sposa Pieter. L’angoscia per il distacco dal pittore scema lentamente col tempo, anche e soprattutto dopo la nascita di due figli. Otto anni dopo giunge notizia della morte del pittore, consumato dall’angoscia per i troppi debiti. Sarà Tanneke ad annunciare a Griet una convocazione presso Catharina. La ragione è un lascito testamentario che Vermeer ha disposto in suo favore: gli orecchini di perle usati per il dipinto. Griet li prende ma sceglie di venderli e, liberandosene, si congeda intimamente dal ricordo di lui. Quel suo tempo con Vermeer però, sospeso tra l’illusione del sogno e  l’assordante silenzio del non detto, mai si sarebbe potuto dire davvero concluso: l’aveva, infatti, resa immortale attraverso l’arte.
Lungo la lettura del romanzo, ad avermi colpita è soprattutto il modo in cui l’autrice descrive lo spirito di sacrificio che pervade la protagonista, disposta a tutto pur di favorire il suo padrone, l’artista che venera e ammira. L’abnegazione di Griet mi ha riportato alla mente un racconto di Edgar Allan Poe, Il ritratto ovale, in cui la moglie di un pittore ossessionato dalla sua arte posa per lui per giorni, immobile, in condizioni penose, al freddo, senza cibo né acqua. Pur di compiacerlo la donna deperisce sotto i suoi occhi fino a perdere la vita, senza che lui riesca a notarlo prima d’aver ultimato l’opera.
Riconosco la nobiltà d’animo che si cela dietro alla scelta di anteporre il bene altrui al proprio. Tuttavia, da giovane donna fortemente incline all’indipendenza, non trovo che la
condiscendenza debba mai degenerare nella negazione di se stessi e del proprio benessere. A differenza della sfortunata protagonista di Il ritratto ovale, Griet si emancipa da Vermeer ma lo fa per puro caso, per via dell’intervento di Cornelia che la smaschera e la denuncia alla madre. Ciò le concede la possibilità di una nuova vita come moglie di Pieter e madre di due bambini. Anche questa versione di Griet è però il frutto di una scelta non sua: sono i suoi genitori a caldeggiare il matrimonio col ragazzo del banco delle carni.

Il destino che Griet avrebbe desiderato per sé rimane imperscrutabile e questa è probabilmente la ragione per cui sono giunta alle battute finali del romanzo percependo un certo senso d’angoscia.
Nel complesso, ho trovato il testo gradevole e la storia coinvolgente. La lettura è scorrevole, anche grazie allo stile essenziale e al periodare semplice della Chevalier. L’autrice struttura il romanzo come una sorta di racconto illustrato, non solo citando numerose opere di Vermeer ma anche soffermandosi sulla descrizione di luoghi, volti, abiti e paramenti. Gli eventi sono narrati cronologicamente, dall’ingresso di Griet a casa dell’artista fino alla vendita degli orecchini di perle. L’assenza di flashback e flashforward rende particolarmente agevole seguire il filo del lettore.

Camilla Bonaccorso, III C