Politica italiana del dopoguerra

Nel periodo del dopoguerra, l’Italia ha vissuto un periodo, come naturale che sia , di grande confusione sotto ogni aspetto della società, compresa la politica. Fortunatamente però ci sono stati alcuni grandi uomini, facenti parte del partito socialdemocratico, che hanno preso in mano la situazione e hanno dato un importante contributo al nostro Paese. Ecco qui di seguito un breve ritratto di alcuni di loro: 

Giuseppe Saragat

Giuseppe Saragat nacque a Torino da Giovanni Saragat e da Ernestina Stratta Nel 1916 fu richiamato alle armi e prese parte alla Grande Guerra come tenente di artiglieria; combatté sul Carso e ne uscì vincitore. Il 17 luglio 1920 conseguì la laurea in Scienze economiche e commerciali, Nel 1922 aderì al socialismo, non tanto per vocazione ideologica, quanto per solidarietà nei confronti della gente povera, ovvero quel proletariato che andava organizzandosi, oppresso dalla classe politica. Dopo l’approvazione delle leggi razziali , che instaurarono la dittatura fascista in Italia, Saragat scelse la via dell’esilio, valicando il confine elvetico, in compagnia dell’amico Claudio Treves. Saragat rientrò in patria ill 25 luglio 1943 e, il 25 agosto, a Roma, prese parte alla prima direzione che sancì la ricostituzione del Partito Socialista Italiano in Italia (con il nome di PSIUP); fu eletto alla nuova direzione del partito e nominato direttore dell’Avanti! Con l’occupazione tedesca di Roma, Saragat entrò nella Resistenza. Il 28 settembre, con Nenni e Pertini, rinnovò il patto di unità d’azione tra PSI e PCI. Il 18 ottobre, sempre insieme a Pertini, fu arrestato dalle autorità tedesche e venne rinchiuso nel carcere romano di Regina Celi prima nel sesto braccio (politici), poi nel III (condannati a morte).Riuscì a evadere il 24 gennaio 1944 grazie a un gruppo di partigiani che falsificarono un ordine di scarcerazione. Riprese a lavorare clandestinamente alla direzione dell'”Avanti!”, nascondendosi in casa di Giovanni Salvatori, che poi sarà trucidato alle Fosse Ardeatine. Fu ministro senza portafoglio nel 1944 durante il governo Bonomi II. Successivamente si trasferì a Milano, dove lavorò per il Partito socialista. Nel 1945 Saragat fu, per breve tempo, ambasciatore d’Italia a Parigi. Il 2 giugno 1946 venne eletto deputato all’Assemblea Costituente, di cui fu presidente sino al 1947, anno in cui Alcide De Gasperi ruppe l’accordo con socialisti e comunisti. Contrario al proseguimento dell’alleanza tra i socialisti e il Partito Comunista Italiano, nel gennaio del 1947 diede vita alla cosiddetta “scissione di palazzo Barberini”, dalla quale ebbe origine il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani. Saragat fu più volte vicepresidente del Consiglio nei governi De Gasperi. Inoltre , fu eletto Presidente della Repubblica Italiana, il 28 dicembre 1964, al ventunesimo scrutinio, con 646 voti su 963 componenti l’assemblea (67,1%). Questo è stato il punto più alto raggiunto durante la sua carriera politica . Nel corso del suo mandato, Saragat, apertamente atlantista, ebbe a scontrarsi con la politica pro-araba di Amintore Fanfani. Morì nel 1988 e le sue spoglie si trovano presso il Cimitero del Verano, a Roma. Saragat è considerato il padre della dottrina socialdemocratica italiana.

ALDO MORO

Aldo Moro fu rapito a Roma il 16 marzo 1978 da un commando delle brigate rosse e il suo cadavere fu ritrovato il 9 maggio nel portabagagli di un’auto in via Caetani a Roma. E’ stato uno dei quattro Presidenti del Consiglio della Repubblica Italiana ad aver ricoperto questa carica per un periodo cumulativo maggiore di cinque anni.

Il pensiero di Moro è stato studiato da ricercatori, collaboratori e filosofi che si sono impegnati a decifrare la vasta memoria di scritti, discorsi, opere, articoli e pubblicazioni dello statista. Angelo Schillaci sottolinea il concetto di obiezione della norma penale nella teoria giuridica in cui il soggetto di reato è innanzitutto titolare di un diritto innato, al quale il legislatore deve sottostare; ne derivano temi come la pena di morte, l’ergastolo e la rieducazione dell’ergastolano dei quali Aldo Moro si è impegnato durante la sua attività politica.

La filosofia politica di Aldo Moro è stata studiata da Danilo Campanella che, dopo un’attenta ricerca sulla sua storia personale, ha individuato in Moro un vero e proprio filosofo della politica. Nei suoi studi Danilo Campanella ha illustrato come la filosofia di Aldo Moro partisse dal diritto romano. per poi allargarsi all’ambito della filosofia politica approdando a una forma di teologia pratica del vivere civile. Campanella differenzia quella di Moro come teologia “della” politica in cui “della” esprime il ruolo della religione nel vivere civile come ispirazione, e non come imposizione: per lo statista pugliese il cristiano deve essere uomo politico non da cristiano, bensì deve essere uomo politico in quanto tale. Moro non si è impegnato in una commistione di filosofie precedenti, né ha criticato teorie politiche, ma ha cercato di dare risposte nuove ai problemi della politica all’interno della filosofia. Inoltre,Aldo Moro «era un cattolico osservante e praticante e la sua fede in Dio si rispecchiava nella sua vita politica». Era considerato un mediatore tenace e particolarmente abile nella gestione e nel coordinamento politico delle numerose correnti che agivano e si suddividevano il potere all’interno della Democrazia Cristiana.

In un periodo in cui l’Italia da rurale era diventata in pochi decenni una delle grandi potenze industriali mondiali, Moro dichiarava che di crescita si può anche morire, esprimendo un suo giudizio sui rischi di una società in rapida crescita.

Inoltre in quel periodo erano insiti nelle persone due diversi pensieri sulle masse popolari italiane: esse tendevano a esprimere in forma emotiva e mitologica il loro bisogno di una partecipazione diretta alla gestione del potere, oppure esse erano per ragioni storiche propense a inclinare verso una destra autoritaria. Per questo motivo, Aldo Moro si era ritrovato nella situazione di dover “armonizzare” realtà apparentemente inconciliabili tra loro.

Umberto Tupini

Nacque a Roma il 27 Maggio 1889. Tupini divenne Ministro di Grazia e Giustizia nel Governo Bonomi II nel 1944 e nel Governo Bonomi III tra il 1944 e il 1945. Umberto Tupini assunse un ruolo di primo piano durante l’Assemblea Costituente. Quest’ultima insediatasi il 25 giugno del 1946 scelse di costituire una apposita Commissione per la Costituzione allo scopo di predisporre il progetto del nuovo testo costituzionale. Secondo la Giunta per il regolamento, i componenti della commissione avrebbero dovuto essere eletti, ma l’Assemblea si orientò diversamente, approvando un emendamento, proposto il 15 luglio proprio da Umberto Tupini, che affidava al presidente dell’Assemblea il compito di scegliere i 75 componenti della commissione. Fra questi, il presidente Saragat incluse anche Umberto Tupini, il quale dunque entrò a far parte del collegio ristretto chiamato a preparare il progetto della nuova costituzione e il 20 luglio ne divenne, vicepresidente insieme a Ghidini e Terracini. In aggiunta venne eletto Presidente della prima sottocommissione e membro della Giunta delle elezioni e del Comitato di redazione. All’interno della Democrazia Cristiana fece parte del governo di De Gasperi e per la prima volta, nel 1948, venne eletto Senatore. Dal 2 Luglio 1956 sino al 10 Gennaio 1958 fu Sindaco di Roma, presiedendo una giunta centrista composta da liberali, socialdemocratici e democristiani. Sotto la sua amministrazione nel 1953 proseguirono i lavori per la stesura di un nuovo piano regolatore della città che si conclusero nel 1962. Ma nel 1957 Tupini rassegnò le sue dimissioni dalla carica per candidarsi al Senato per le elezioni del 1958. Dopo l’esperienza di amministratore comunale divenne nuovamente Ministro, del turismo, dello sport e dello spettacolo. Sotto quest’ultimo mandato ebbe anche il compito di organizzare le Olimpiadi di Roma, che si sarebbero dovute svolgere nell’Agosto del1960. Fu inoltre presidente dell’ANFIM, associazione nazionale famiglie italiane martiri caduti per la libertà della patria.Furono tanti gli importanti membri che presero parte all’Assemblea Costituente, ma ho scelto di fare una ricerca sulla vita politica di Umberto Tupini perché fu uno dei maggiori membri dell’assemblea, infatti fu il Vicepresidente e anche perché il suo nome mi era già noto grazie ad una strada di Roma nel quartiere EUR che è stata intitolata a lui proprio vicino alle nostre case.

Alessandro Pinto, Gabriele Polese, Matteo Gonnela
Vincenzo Masciopinto, Josiane Houedouto