“Stranger Things”. Recensione di Alberto Condorelli

Stranger Things è una serie televisiva statunitense ideata da Matt e Ross Duffer (Duffer brothers) e prodotta da Camp Hero Productions e 21 Laps Entertainment per la piattaforma di streaming Netflix.
Attualmente, sono state pubblicate tre stagioni e a breve uscirà la quarta, annunciata il 30
settembre 2019. Ambientata negli anni ottanta nella città di Hawkins, nell’Indiana, e in parte nel mondo del “Sottosopra”, la serie è incentrata sulla misteriosa sparizione di un bambino di nome Will e sulla comparsa di Undici, una bambina dai capelli rasati dotata di strani poteri soprannaturali, fuggita da un laboratorio segreto, l’Hawkins National Laboratory. La ragazzina scappando per i boschi della città si imbatte nei tre migliori amici di Will: Michael “Mike”, Wheeler, Dustin Henderson e Lucas Sinclair e dalla stagione 2 in poi si unisce anche Max, una ragazzina appena trasferitasi dalla California insieme al fratellastro Billy.
Quasi tutti gli eventi che accadono nel corso della vicenda sono strettamente connessi al Sottosopra, un’oscura “dimensione parallela” al nostro mondo, popolata da creature mostruose.
Ormai attendo l’uscita della quarta stagione con tanta ansia, perché per me “Stranger Things” è diventata più di una serie tv, l’ho vista e rivista più volte perché provo sensazioni davvero uniche e particolari, impossibili da descrivere dettagliatamente.
Quando seguo gli episodi mi immergo totalmente nella visione ed è proprio come se fossi lì con i vari ragazzi a seguire le vicende dal vivo, mi sento a casa, lontano da qualunque problema e pensiero.
Questo è dovuto non solo all’immensa bravura di attori come David Harbour (Hopper), Millie Bobby Brown (Undici), Winona Ryder (Joyce Byers), Gaten Matarazzo (Dustin) etc., ma anche alla geniale gestione della serie da parte degli ideatori (Duffer Brothers) e di coloro che stanno dietro la creazione di questo Capolavoro.
E’ tutto curato nei minimi dettagli, “nulla è lasciato al caso”, come affermato da Shawn Levy
(produttore esecutivo) durante l’intervista rilasciata su “Beyond Stranger Things”, e ogni scelta, dalla più banale, è studiata attentamente e ha sempre un perché.
Dalle scelte delle spettacolari musiche di sottofondo (Africa dei Toto, Every breath you take dei Police e tanti altri brani celebri), le cui intensità variano a seconda della scena e del contesto, alle inquadrature, più o meno lontane, laterali o frontali, accompagnate da luci soffuse o abbaglianti, scelte con massima attenzione per poter trasmettere allo spettatore nel miglior modo possibile, ciò che il personaggio prova in quell’esatto momento.
Di stagione in stagione cambiano i personaggi ‘’cardine’’ della serie, col passare del tempo mutano i rapporti tra essi e ciò la rende ancora più intrigante e particolare.
Il rapporto di amore e odio tra Hopper e Undici nella seconda stagione, punto di forza assoluto dell’intera stagione, l’amicizia (inaspettata) tra Steve Harrington e Dustin che iniziando dalla metà della seconda stagione, diventa nella terza uno dei punti cardini della stagione, poiché con le loro ricerche (aiutati da Robin, gelataia insieme a Steve), decodificano un messaggio russo e riescono a scoprire la loro base segreta, il rapporto di amore e incertezze tra Nancy e Jonathan, che nonostante i punti e gli obbiettivi in comune, non vogliono rendersi conto che sono fatti l’uno per l’altro.

Poi ci sono i vari fidanzamenti, tra Undici e Mike, tra Max e Lucas e tra Dustin e Suzie (ragazza conosciuta da Dustin in un campo estivo, e che compare solo in una puntata per aiutarlo in collegamento radio).
Il continuo alternarsi di scene di vita quotidiana a eventi paranormali rende la serie unica e inimitabile. Se continuassi a parlarne, probabilmente non finirei più, data l’immensa quantità di sensazioni che mi trasmette. Consiglio la visione con tutto il mio cuore, immergetevi e lasciatevi trascinare da questa splendida serie, non ve ne pentirete.

Alberto Condorelli, III C