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Non vedo l’ora di recuperare tutti i tramonti che mi sono persa

4 marzo 2020 – inconsapevolezza

Sono sempre stata una persona libera ed indipendente, non amo che qualcun altro prenda decisioni al posto mio. Odio sentirmi in gabbia: è una sensazione che, in ogni contesto o relazione, mi ha sempre portato ad evadere. Il 4 marzo 2020, però, ero davvero felice che qualcuno avesse preso una decisione per me. Erano giorni ormai che speravo in una sospensione delle attività didattiche e questa è arrivata proprio la mattina del compito di matematica. Mi sono sentita leggera e non ho dato molto peso al motivo della chiusura.

Se dovessi descrivere quel giorno ed i seguenti con una parola sceglierei “inconsapevolezza”.

22 marzo 2020 – buio
Prima che potessi rendermi conto di cosa realmente stesse accadendo intorno a me, mi sono trovata a vivere una vita non più mia. Il 18 marzo è stato il primo giorno di sconforto. Sono iniziati a mancare gli abbracci, i profumi. Avvertivo l’assenza di volti diversi da quelli che mi tenevano compagnia ormai da settimane. Mi sembrava quasi di esplodere.

Trattengo il respiro e cerco di rilassarmi, ripeto a me stessa che andrà tutto bene. Arriva la sera, mi metto nel letto e penso che, escludendo quella che volge al termine, manca una giornata a separarmi dalla libertà. Chiudo gli occhi ed è già un altro giorno. Se dovessi descrivere quei momenti con una parola utilizzerei “buio”.

 

18 maggio 2020 – aria

Dopo mesi passati a desiderare con tutte le mie forze questo istante, ecco che rivedo i miei amici. La paura è sempre lì, ci osserva da dietro l’angolo, ma la felicità sovrasta inevitabilmente qualsiasi altra emozione. Quella giornata è una boccata di ossigeno. Se dovessi descriverla con una parola la sintetizzerei con “aria”.

 

2 agosto 2020 – spensieratezza

L’estate restituisce a me ed ai miei coetanei una parvenza di normalità, è una parentesi rosa arrivata  dopo giorni di interminabile oscurità. Sono sinceramente felice, tutto ciò che sono stati i mesi precedenti appare, ora, solo come un brutto ricordo. Se dovessi descrivere l’intero periodo estivo con una parola mi viene in mente “spensieratezza”.

 

25 ottobre 2020 – sacrificio
Dopo un solo mese di didattica in presenza torniamo ad assorbire nozioni attraverso uno schermo: è il primo segnale che la situazione epidemiologica torna a farsi seria. Mi crolla il mondo addosso. Mi aggrappo all’idea che, quando le nostre vite sono cambiate all’improvviso, non sapevamo come sarebbero state le nostre giornate. Una manciata di ore prima eravamo sudati ed appiccicati su una pista da ballo e poi il vuoto, la solitudine. Adesso, invece, sappiamo come sarà ed è un bel vantaggio (anche se è uno di quei vantaggi che avremmo preferito non avere). Sappiamo che ci mancheranno tante cose. Non prendo bene la notizia di un nuovo lockdown ma resto ottimista. Inspiro profondamente e penso: “È l’ultimo sforzo”. Se dovessi descrivere con una parola quelle giornate sceglierei “sacrificio”.

 

6 febbraio 2021 – toccare il fondo

Passano, un po’ in sordina, le vacanze di Natale ed i festeggiamenti per l’arrivo dell’anno nuovo. Torniamo a scuola ma, poco dopo, senza avere neanche il tempo di rendercene conto, siamo di nuovo in dad e la mia classe è in quarantena. La routine diventa un opprimente susseguirsi di giornate identiche tra loro, sento di non riuscire più ad adempiere a tutto quello che mi viene richiesto, la mia mente è satura di pensieri e preoccupazioni ed io mi sento crollare. Accendere il computer ogni mattina per seguire le videolezioni diventa straziante: mi aspetto comprensione e vicinanza da parte dei professori ma rimango profondamente delusa. Forse proprio ora mi accorgo di chi sono veramente le persone che ho davanti. Rimango scioccata di fronte al cinismo e alla mancanza di empatia che trasuda dallo schermo del mio computer. L’unica cosa realmente importante sembra essere quella di attribuire un numero che ci definisca ad i nostri nomi fissati in ordine alfabetico sull’elenco. Perdo la voglia di fare qualsiasi cosa, non riesco a studiare nè a leggere un libro. Dentro di me continuano a crescere rabbia e frustrazione ed io penso di non riuscire a sopportare la situazione ancora a lungo. Se dovessi descrivere la mia quarantena con un’espressione sarebbe sicuramente “toccare il fondo”.

 

Trovandomi, ora, a tirare le somme di quello che posso definire senza ombra di dubbio l’anno più intenso della mia vita, non riesco però a vedere tutto nero. Il 2020 mi ha cambiata, mi ha fatto crescere e mi ha resa la persona che sono adesso. Mi ha vista piangere, fragile e vulnerabile come mai prima, ma mi ha anche applaudito mentre, con forza e determinazione, tornavo a prendere in mano la mia vita.

Nell’ultimo periodo, mi sono trovata a combattere contro le innumerevoli difficoltà legate alla pandemia, contro situazioni più grandi di me ma ora, dopo un anno, posso solo affermare che non vedo l’ora di tornare a vivere. Torneremo ad uscire senza una “comprovata esigenza”, a gioire vedendo il sorriso di un passante per strada, a lamentarci per il troppo caldo ammassati uno sopra l’altro aspettando che inizi un concerto.

Al momento darei qualsiasi cosa in cambio di una scadenza, di un qualcosa che mi permetta di programmare, di illudermi di avere ancora uno straccio di controllo sulla mia vita. Non vedo l’ora di recuperare tutti i tramonti che mi sono persa.

di Cecilia Molino