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La cultura per ripartire dopo la pandemia: intervista a Serena Bertolucci, Direttore di Palazzo Ducale di Genova

di Vittoria Cappeddu, 1B

Nell’ultimo anno, a causa del lockdown dovuto alla pandemia, abbiamo assistito alla chiusura delle attività non essenziali. Sentiamo continuamente notizie che riguardano la diffusione del virus, i nuovi decreti e le difficoltà attraversate dalle attività economiche.

I musei, come altre attività culturali, in ottemperanza alle disposizioni ministeriali volte al contenimento del Covid19, in quest’ultimo anno sono stati chiusi per parecchi mesi.

Per approfondire come si è organizzato il mondo di arte e cultura e quali nuovi progetti sono stati ideati, ho intervistato Serena Bertolucci, Direttore di   Palazzo Ducale di Genova.

Originaria di Camogli, è alla guida di Palazzo Ducale dal 1° gennaio 2019, dopo essere stata Direttrice di Palazzo Reale e del Polo Museale della Liguria. Convinta che il Ducale sia un luogo da visitare per Genovesi e turisti e non solo un contenitori di eventi, in questi due anni ha dato un nuovo impulso all’attività del Museo con mostre, conferenze, attività didattiche e visite guidate alle stanze del Palazzo in cui lei stessa ha fatto da Cicerone.

Palazzo Ducale, come tutti i musei in Italia, in quest’ultimo anno è stato chiuso per molto tempo ed è tuttora chiuso a causa della pandemia. Avete però saputo cogliere la sfida e siete riusciti a portare la cultura e l’arte alle persone che non potevano uscire di casa. Sono tante le iniziative gradite al pubblico: visite guidate online, “La Mostra Che Non C’è”, e conferenze. Che bilancio può trarre da queste esperienze?

Il riscontro ottenuto è molto bello: solo nel 2020 abbiamo avuto più di 9 milioni di visualizzazioni, un numero enorme rispetto a quello a cui eravamo abituati. Il lavoro fatto è stato faticoso ma abbiamo cercato di abbracciare un pubblico il più misto possibile per rivolgerci a tutti. Queste esperienze ci hanno insegnato molte cose: bisogna osare e saper parlare la lingua di tutti per essere capiti. La fatica è stata tanta ma abbiamo ottenuto tanti risultati per lavorare meglio quando riapriremo.

Nei periodi di apertura di Palazzo Ducale un’iniziativa che ha riscosso molto successo, anche da parte dei mass media, è stata la mostra dedicata alle Ninfee di Monet, che è stata sicuramente una proposta innovativa. Com’è nata l’idea? Pensa che si possano realizzare mostre di questo genere in futuro, visto il successo ottenuto?Genova, nuovi orari della mostra Cinque minuti con Monet a Palazzo Ducale | Liguria Business Journal

L’idea della mostra è nata proprio per il momento che stavamo vivendo. Abbiamo cercato di rendere il distanziamento un valore; infatti solitamente non si può vedere un capolavoro d’arte in solitudine. Quindi è nata l’idea di dedicare cinque minuti a ogni singola persona per recuperare il contatto con la bellezza. I visitatori potevano scegliere di osservare l’opera in silenzio o con la musica. Abbiamo creato un libricino di accompagnamento contenente una ricetta di Cracco ispirata al quadro. Il bello di questa mostra è che il 15% del pubblico è sotto i 15 anni, un numero enorme considerata la chiusura delle scuole. Queste forme di ingresso alla cultura sono sicuramente da valutare.

Per i progetti “La Mostra Che Non C’è” ed “Edipo Io Contagio” avete collaborato  con Il Teatro Nazionale di Genova, il Teatro Carlo Felice e l’Acquario. Avete in mente altre collaborazioni di questo tipo?

Abbiamo in mente moltissime collaborazioni del genere a cui stiamo lavorando, anche a livello nazionale. Stiamo tentando di mettere tante persone all’interno di un progetto perché la logica futura del lavorare nella cultura sarà quella di farlo insieme, per condividere progetti e risorse. Annunceremo presto molte collaborazioni importanti. Recentemente abbiamo annunciato che l’anno prossimo collaboreremo con gli Archivi Disney della Florida: avremo in prestito i primi disegni dei lungometraggi Disney degli anni ’20 e ’30 per parlare dei miti e di come si riflettono anche nelle fiabe fino ad arrivare a cartoni animati come Frozen.

Secondo lei si poteva fare di più per i luoghi di cultura, come musei, cinema e teatri durante la pandemia? Mi riferisco per esempio al decreto di gennaio 2021 che prevedeva l’apertura dei musei in zona gialla ma solo dal lunedì al venerdì.

A mio parere la cultura è stata dimenticata: i luoghi delle cultura sono raramente citati nei decreti. Per molte realtà, più piccole della nostra, è stato economicamente insostenibile.  Essere costretti alla chiusura ha fatto male, anche perché noi crediamo che la cultura sia un servizio essenziale. Nonostante le difficoltà, con molta diligenza ci siamo adattati, prolungando gli orari fino alle 21. I ristori sono stati pochi: questo periodo di difficoltà lascerà sicuramente molte tracce nell’ambiente culturale.

Quante persone lavorano a Palazzo Ducale? Nei periodi di chiusura, hanno potuto tutti continuare a lavorare, magari in smartworking?

A Palazzo Ducale lavorano circa 40 persone: abbiamo continuato a lavorare in smart working, ma abbiamo dovuto fare ricorso anche a cassa integrazione perché sono mancati molti fondi al Palazzo. Negli ultimi 12 mesi abbiamo cambiato il nostro programma annuale per ben sei volte ed è costato tantissimo lavoro. Con grande senso del dovere ci siamo adattati tutti e speriamo di riprendere presto.

Pensa che il modo di fare arte e cultura cambierà anche una volta terminata la pandemia?

Spero di sì: il nostro Paese è più indietro rispetto al modo di fare cultura di altri Paesi, in quanto tendiamo a essere più tradizionalisti. In quest’anno vi è stata una grande progressione sull’uso dei linguaggi, del digitale e sull’invenzione di nuovi format per fare cultura. Questa è un’occasione per cambiare; dobbiamo renderci conto che la cultura dovrà mutare per fare un buon servizio al nostro Paese.

Per finire, le chiedo invece qualcosa che la riguarda più personalmente. C’è una mostra in particolare che sogna di poter realizzare?

Sogno di poter realizzare moltissime mostre. Mi piacerebbe realizzare una mostra nella quale si declinano tanti aspetti di un medesimo tema: per esempio, questo autunno terremo una mostra su Escher che uniremo a una mostra su Piranesi, artisti famosi per i loro disegni di scale.

A me sarebbe piaciuto declinarlo con Harry Potter, per avvicinare l’arte alla vita delle persone di tutti i giorni. Vorrei far capire che la cultura non è un fenomeno astratto ma che fa parte della nostra quotidianità anche se a volte non ce ne accorgiamo.

Inoltre mi piacerebbe riportare il Caravaggio di Genova, che si trova a Roma; vorrei poter raccontare ai genovesi che Caravaggio è stato un artista con una storia incredibile.  Credo infatti  che le mostre debbano sempre restituire qualcosa al luogo in cui si svolgono, perché per organizzarle spendiamo molti soldi e molto lavoro.