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“Microcosmo e uomo”, la mortalità dell’anima secondo Lucrezio

“Il microcosmo uomo” è uno dei brani più importanti del “De rerum natura” di Lucrezio, poiché pone una condizione che rende futile la paura della morte.

L’autore latino spiega la mortalità dell’anima e come temere la morte e l’oltretomba sia follia, poiché la vita è solo qui, sulla Terra. Lucrezio tratta dell’anima e del suo rapporto con il corpo, considerato come un contenitore che, una volta rotto, lascia dissolvere l’anima in ogni dove.

Anche l’anima è composta di materia, con la differenza che, quest’ultima, è meno densa rispetto a quella delle cose che ci circondano, quindi è formata da particelle sottilissime e molto mobili. Il corpo è un contenitore e l’anima è come un liquido o un gas così dicendo spiega che una volta che il contenitore si rompe il liquido o il gas si disperdono in ogni dove; allo stesso modo quando il corpo muore e quindi si “rompe”, l’anima, composta da atomi sottilissimi e molto mobili, si disperde nell’aria e muore. Nel passo Lucrezio si sofferma ancora su questa similitudine del vaso dell’anima, spiegando quanto assurdo sarebbe pensare che l’aria possa tenere l’anima racchiusa. 

Per Lucrezio, anima e corpo sono strettamente collegati: nascono, crescono e invecchiano contemporaneamente. Infatti, come il corpo invecchia e perde le forze, la ragione viene meno. Se corpo e anima nascono, crescono e invecchiano insieme, allora si dissolveranno insieme.

Emanuele Castorina, III I