Dibattito linguistico tra il 500 e il 700

Il dibattito linguistico è un fenomeno caratterizzato da argomenti e motivazioni molto vaste da prendere in considerazione, poiché influiscono diversi altri fattori oltre a quello effettivo della lingua. 

Innanzitutto cosa è un dibattito linguistico? 

Il dibattito è una discussione su un determinato argomento che in questo caso è la “lingua”affrontata sotto molti aspetti. La lingua non è solamente un insieme di codici utilizzati al fine di capirsi e comunicare meglio, bensì è legata anche ad una sfera culturale e storica che circonda ogni luogo, rendendolo ciascuno diverso dall’altro. Per questo motivo nel linguaggio, parlato o scritto che sia, troviamo rivelazioni riguardo i costumi, le abitudini e gli stili di vita di determinate comunità. 

Molto intensa è da considerare la disputa linguistica nel territorio italiano, poiché perfino oggi la lingua italiana è caratterizzata da innumerevoli sfumature, mille irregolarità e spettacolari imperfezioni che conferiscono una musicalità unica e distintiva. Solitamente il problema linguistico si presenta quando vi sono problemi anche legati ad altro. Per esempio la disintegrazione delle classi economiche e politiche che porta il ceto intellettuale a rafforzarsi cercando di diventare più unitario. Per questa ragione alcuni motivi del dibattito linguistico sono anche legati alla storia d’Italia che ha portato un grande sviluppo linguistico dovuto ad un’assenza di uno Stato politico unito. Infatti tra dotti e letterati questo era uno dei principali argomenti discussi tra il 500 e il 700. 

Questi due secoli sono caratterizzati da numerosissimi avvenimenti, correnti letterarie ed artistiche, dispute politiche e scoperte rivoluzionarie che hanno portato ad un incremento della necessità di affrontare una volta per tutte la questione linguistica.  

Agli inizi del 500 ci troviamo in un periodo di passaggio tra Umanesimo e Manierismo. Già nel secolo precedente con Petrarca assistiamo ad una ripresa delle humanae litterae e degli studi classici. 

Proseguendo poi, già alla meta del sedicesimo secolo si immette un periodo di passaggio tra Rinascimento e Barocco, ricco di correnti artistiche diverse tra loro che hanno cambiato il modo di vedere il mondo esterno. Dal punto di vista letterario, come vedremo, sarà questo un periodo produttivo per l’Italia e si intensifica la discussione correlata alla lingua.  

Attraversando il 600, nonostante in Italia si sia cercata di opprimere, la rivoluzione scientifica ha contribuito all’approfondimento dei temi linguistici ormai considerati punti essenziali ed esistenziali da mettere in chiaro. La letteratura che nasce durante il diciassettesimo secolo si esprime attraverso metafore e allegorie. Lo stesso Galileo Galilei dice che la matematica è un linguaggio universale, e per esprimere questo concetto, nuovo fino ad allora, è costretto ad usare termini semplici ed espressioni metaforiche. 

Ponendoci avanti al 700 invece troviamo una situazione di progresso fondato sulla razionalità dell’Illuminismo.  

Quando si parla di lingua, ci sarebbe una distinzione da fare tra quella parlata e quella scritta, tra il volgare e il latino. Nei secoli precedenti i pensieri riguardo queste due denominazioni linguistiche sono stati molteplici. Periodi nei quali la dignità conferita al volgare era maggiore rispetto al latino e viceversa. Così è stato anche lungo il corso dei secoli successivi.  

Infatti con l’arrivo dell’Umanesimo il volgare è stato abolito e quindi usato solo nella comunicazione verbale, mentre una volta affacciati al Rinascimento quest’ultimo è ripreso e maneggiato fino a farlo diventare illustre e letterario (per esempio quello usato da Ariosto).   

Si sente la necessità di organizzare il volgare secondo dogmi della cultura classica, ammirata e considerata fonte di ispirazione. 

Infatti soprattutto nella prima fase del 500 la tendenza è quella di emulare la tradizione antica. Sebbene vengano imitati i modelli classici, questo viene fatto con originalità, ma arrivati alla seconda metà del secolo, la produzione perde creatività e vengono imitate le opere antiche con delle regole dogmatiche e precise. Petrarca ad esempio è il più imitato. Possiamo dire quindi che il secolo del Cinquecento è suddiviso in due momenti differenti: il Rinascimento e il Manierismo. 

Trai grandidel Rinascimento troviamo:  

-Ludovico Ariosto con l’Orlando Furioso che trasformò la materia cavalleresca. 

-Niccolò Machiavelli con il Principe, che diede avvio alla trattatistica della politica moderna, e con i Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio.  

-Francesco Guicciardini con I Ricordi e La Storia D’Italia.  

Il secondo periodo, quello del Manierismo, è radicalmente differente dal primo, il miglior interprete di questo periodo è Torquato Tasso con La Gerusalemme Liberata ricca di artifici che seguono i modelli ben precisi di un rigoroso schema dettato dalla Chiesa.  

Come ogni periodo è necessario mostrare il quadro storico e politico che lo incornicia. 

In questo momento della storia, gli stati italiani sono deboli a causa della discesa di Carlo VIII la fine del 400. Le Signorie sono quindi continuamente in lotta fra di loro anche a causa della mancanza di mezzi finanziari per sostenere le milizie. La panoramica quindi, non è di certo quella di uno Stato Unitario. Infatti le situazioni cambiano di Signoria in Signoria. Ad esempio Venezia era governata da una ristretta oligarchia con a capo il Doge, eletto dai nobili. Firenze aveva strutture repubblicane (con a capo Savonarola), ma prevalevano e  c di fatto i Medici
Nello Stato della Chiesa  il Papa era visto  come un Principe amministratore del suo territorio. 

Alla luce di un quadro così frammentario la questione della lingua emerge. 

Il primo a porsi  il problema di un’unità linguistica è di certo Dante Alighieri dove in parte del “Convivio” e nel trattato De vulgari eloquentia ne parla. Egli individua in Italia 14 dialetti (7 a destra e 7 a sinistra degli Appennini) e quindi l’assenza di una lingua unica. Si rivolge anche alla corte, che essendo anch’essa frammentata e divisa non riesce a creare agli intellettuali un ambiente che gli permetta di elaborare una comune lingua. 
Nel 1500 il problema fu ripreso e dibattuto e  si delinearono tre tendenze di fondo: c’era chi  sosteneva che la lingua italiana dovesse essere modellata secondo l’esempio  di grandi trecentisti toscani, in particolare del Petrarca e del Boccaccio. Maggiore sostenitore era Pietro Bembo che ne parlò nelle “Prose della volgar lingua”.
C’era  poi  chi proponeva di usare una lingua creata da tutti i dialetti italiani, riprendendo in parte la teoria dantesca: il maggiore esponente di questa tendenza fu Giangiorgio Trissino, traduttore del “De vulgari eloquentia” di Dante. 

Infine ricordiamo chi sosteneva la supremazia della lingua fiorentina, degna di diventare lingua letteraria nazionale. Maggiore sostenitore fu Niccolò Machiavelli, che su questo scrisse il “Dialogo della lingua“. 

Tra le varie soluzioni, la proposta che ebbe maggior successo fu quella di Bembo che venne accolta dall’Accademia della Crusca, redattrice del “Vocabolario della Crusca” dove tutti i vocaboli considerati legittimi e consoni  erano riportati.

Per quanto riguarda il 700, questo è il periodo dell’Illuminismoconseguenza del metodo scientifico del 600, nato quindi dall’indagine scientifica. Influenzati dalle nuove scoperte scientifiche del secolo precedente, gli intellettuali e i filosofi mettono in primo piano la ragione, alla quale conferiscono altissima dignità. 

L’uomo è posto al centro del mondo, che con la forza della ragione ne diventa padrone. Riesce a dominarlo senza ricorrere all’utilizzo di dogmi o superstizioni ed è per questo motivo che sono criticati tutte quelle correnti, pensieri e ideologie che non sono fondate sulla ragione e che non la prendono come criterio fondamentale. 

Inevitabilmente l’Illuminismo si scontra con la Chiesa e mette in dubbio sia l’autorità religiosa, sia quella politica. Infatti gli Illuministi erano convinti che questi due poteri fossero fondati su basi indimostrabili e non veritiere. Difatti Galileo Galilei nato a Pisa il 15 febbraio del 1564. Per volere del padre,  si iscrive all’Università di Pisa alla facoltà di medicina, ma frequentando l’ambiente universitario si accorse molto presto che la sua vocazione era un’altra. Fu un fisico, matematico e astronomo è ancora oggi ricordato per le numerose sue scoperte tecnico-scientifiche di grande valore che smentivano e distinguevano i credi della chiesa rispetto alla realtà spiegata tramite la scienza. Alcune di queste sono:  

La costruzione del Telescopio, l’uso di questo strumento molto avanzato nell’ambito tecnologico, permette a Galileo di osservare con maggiore precisione scientifica gli astri: la luna, i satelliti e la via lattea, notando che tra l’altro,  vi era la comparsa di nuove stelle. 

L’invenzione del Termoscopio,  strumento capace di determinare la temperatura di un corpo attraverso le variazioni di densità dell’aria; 

L’Elaborazione del principio di inerzia, movimento privo di cause, cui un corpo permane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme fino a quando non interviene una forza esterna. Attraverso il principio di inerzia, il filosofo contribuisce all’edificazione della dinamica, anche con le sue ricerche sulla caduta dei gravi. La velocità di caduta dei gravi è la stessa per tutti i corpi, indipendentemente dalla massa o dal materiale. 

Utilizzo del metodo sperimentale, esperimento provato, per verificare la veridicità della teoria e ipotesi scientifica, attraverso procedure che permettono un controllo numerico. 

Nel 1610 Galileo annuncia pubblicamente, con la sua opera intitolata  “Sidereus Nuncius”  le sue scoperte astronomiche. Delle tre lettere ricordiamo la “Lettera al Padre Benedetto Castelli”, opera epistolare dove distingue la religione dalla scienza; la “Lettera a Madama Cristina di Lorena” in cui l’autore vuole dimostrare che la teoria del movimento della Terra non è in contrasto con i canoni delle Sacre Scritture. Nel 1619  pubblica un testo dove descrive il fenomeno delle maree, il “Discorso sopra il flusso e il reflusso del maree. Nel 1623 pubblica “Il Discorso delle Comete” e “Il Saggiatore“, un  trattato scritto in forma di epistola, sulla natura delle comete.
Nel 1632 Galileo Galilei pubblica la sua opera più contestata, tantoché  nel 1633 viene inserita nell’indice dei libri proibiti: Il “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo“, opera scritta sotto forma di dialogo, in cui l’autore dimostrava la validità della rivoluzionaria teoria eliocentrica di Copernico. Nel 1638 pubblica la sua ultima opera, i “Discorsi e dimostrazioni sopra le due nuove scienze” e nel 1642 muore ad Arcetri nella Villa Il Gioiello. 

Questo è un secolo di trasformazioni e progresso. Gli intellettuali non sono più cortigiani e quindi non dipendono dalla corte. Sono coscienti di appartenere ad una classe ben distinta. Si respirano nell’aria ideali cosmopoliti e l’uomo vien visto come individuo avente diritti fondamentali. Si cerca di vedere l’uomo, in modo sostanziale, come un cittadino e non più un suddito. Si assiste ad un oscillare di pensieri che sostengono l’assolutismo monarchico ma affiancati ad altri che sostengono principi democratici come quello della rivoluzione francese e americana. La letteratura del 700 in Italia vuole fare opinione e in questo aspetto avverte la sua nuova missione di essere utile e al servizio del sapere.  

I maggiori esponenti sono:  

Carlo Goldoni con La Locandiera e La bottega del CaffèCesare Beccaria con Dei delitti e delle Pene 

I due fratelli Alessandro e Pietro Verri. 

I temi da loro trattati, affermano una grande rilevanza sociale. Riagganciandoci al sostegno rispetto i diritti umani caratterizzante quest’epoca, il principale argomento trattato era quello della tortura. Con dei ragionamenti logici e ben strutturati cercano di sostenere l’inutilità della pratica della tortura e della pena di morte. 

La tortura era una pratica atroce e riconosciuta come legale e valida per accusare un imputato, in modo tale che dichiari la verità. Se quest’ultimo confessa, viene considerato colpevole, ma lo fa perché non riesce a resistere all’insopportabile dolore di torture disumane. La giustizia è inesistente e anche chi è innocente molto spesso confessa di essere colpevole. 

Ad esempio Beccaria nel suo trattato Dei delitti e delle pene afferma come le torture non solo siano atroci, bensì anche inutili. Attraverso ragionamenti logici validi, parla della funzione della pena come necessaria per rieducare un colpevole. La pena è valida solo se mira ad istruire, e quindi la tortura è inutile e infondata per fare giustizia. Egli afferma come lciviltà umana non possa   sopportare ancora la situazione giudiziariaSecondo Beccaria la pena maggiore è il carcere a vita, che non mira a infliggere un dolore fisico, ma indirizza a rieducare.  

A pari passo nasce la necessità di un rinnovamento linguistico. Gli esponenti di questo periodo si scagliano in particolare contro l’accademia della Crusca e manifestano il loro dissenso verso il rigore, il purismo e il tradizionalismo da quest’ultima approvato. 

Carlo Goldoni fa parte di coloro che vogliono un rinnovamento. Egli sostiene che la letteratura debba essere utile e la lingua non debba essere troppo limitata. 

Goldoni era un commediografo e non scriveva opere solo finalizzate alla pubblicazione. Erano infatti anche indirizzate alla commedia nel teatro. Cambia radicalmente il modo di vedere il mondo teatrale e arricchisce la lingua italiana dei numerosi dialetti parlati lungo lo stivale. Egli attua una riforma graduale. Gli attori si espongono al pubblico senza le maschere, che quindi vengono eliminate. Goldoni offre al teatro una narrativa di fatti concreti e reali. Prende ispirazione dalla realtà e dal mondo esterno, mostrandola al pubblico come complessa e piena di imprevisti e ostacoli, ma anche di gioia e di piacere. Realizzando lavori narrati, a teatro viene introdotto un copione e la sceneggiatura prende piede. Gli attori quindi si trovano a dover recitare secondo un ‘impostazione stravolta rispetto a prima. Non possono più recitare e si devono reinventare. Per questa ragione nasce la necessità di imporre una lingua. Si prende effettivamente consapevolezza di quanto una lingua comune sia inesistente.  

Goldoni elimina le espressioni antiche e troppo colte. Utilizza una lingua più comune, fortemente legata a quella dei dialetti popolari. Ogni personaggio possiede una propria unicità e originalità.  

Utilizza una costruzione del discordo semplice, senza subordinate complesse. Grazie al suo contributo Goldoni ha reinventato la lingua. 

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