Il Circo Massimo

Tra i luoghi destinati ad offrire divertimento ai tempi dell’antica Roma, il Circo Massimo è sicuramente uno dei più imponenti. Si tratta infatti del più grande edificio per spettacoli mai costruito, di 600 metri di lunghezza e 140 metri di larghezza, con una capienza che poteva arrivare fino a 250.000 persone, ma forse anche di più! Collocato tra Palatino e Aventino, due tra i più importanti e mitici dei sette colli di Roma, il Circo non può quindi non essere legato direttamente alle origini della città. Leggenda vuole infatti che proprio qui sia avvenuto il Ratto delle Sabine: Romolo, fondatore di Roma, rapì le fanciulle durante un grande spettacolo organizzato appositamente per attirare gli abitanti della regione e dedicato a Conso, dio al quale era affidata la protezione dei raccolti, qui venerato con un altare sotterraneo.
IL CIRCO MASSIMO OGGI
Ad oggi ciò che ci resta è una zona verde utilizzata soprattutto come un parco, dove vengono organizzati anche molti spettacoli e concerti. Le indagini archeologiche recentemente concluse hanno permesso di arricchire il quadro delle conoscenze sul monumento e i lavori di sistemazioni dell’area ne consentono una lettura completa.
Gli interventi hanno restituito una nuova leggibilità al monumento, ridefinendo la zona dell’emiciclo attraverso operazioni di restauro delle strutture, contenimento del terreno, realizzazione di idonea recinzione di forma semicircolare, seguendo il perimetro della costruzione romana, e creazione di nuovi percorsi di visita con relativi impianti di illuminazione.
A COSA SERVIVA?
Il nome di questo importante edificio si deve alla parola latina circus, “cerchio”: al suo interno infatti venivano organizzate le corse con i cavalli e il percorso di gara aveva effettivamente la forma di un anello. I carri, detti bighe o quadrighe in base al numero di cavalli che li trainavano (due o quattro, guidati dagli aurighi) venivano lanciati in corsa, alla massima velocità, intorno alla spina, la fila di monumenti posta al centro dell’arena. Questa era formata da fontane, pilastrini, un tempio dedicato al dio Sole, colonne onorarie, statue, obelischi (tra cui celebre quello posto da Augusto e oggi visibile in piazza del Popolo) e le mete, due monumenti a forma di cono, poste all’inizio e alla fine della spina ad indicare il punto di partenza e di arrivo. I dodici carceres, la struttura di partenza che si trovava sul lato corto rettilineo del Circo verso il Tevere, erano disposti obliquamente per consentire l’allineamento alla partenza dei carri in gara ed erano dotati di un sofisticato meccanismo che ne permetteva l’apertura simultanea: al di sopra dei box, vi era la loggia dalla quale il magistrato gettava la mappa per dare inizio alle gare. Lo spettacolo doveva essere straordinario e sappiamo infatti che proprio le corse con i cavalli furono sempre molto amate, sia dal popolo sia dagli imperatori: la folla impazziva sulle gradinate facendo il tifo per le diverse squadre che si affrontavano nell’arena e gli imperatori, dal proprio palco direttamente comunicante con la residenza sul Palatino, certamente non dovevano essere da meno!
Come negli altri edifici per lo spettacolo, le gradinate erano divise in tre meniani, i ripiani anulari che dividevano le varie parti della cavea, mettendo in comunicazione gli sbocchi delle scale di accesso con le gradinate su cui il pubblico si disponeva, sedendosi in base alla classe di appartenenza: più si era importanti e ricchi, più si era vicini alla pista, mentre il popolino si disponeva nelle gradinate superiori. Lo spalto dell’imperatore, detto pulvinar, si trovava dalla parte del Palatino (dove fu fondata Roma). Anche le gare nel Circo erano giochi offerti dall’amministrazione o dagli stessi imperatori e pertanto erano per tutti gratuiti, il che ovviamente rendeva ancora più divertente assistere agli spettacoli! Chi si occupava della direzione tecnica ed amministrativa di tutta l’organizzazione erano i domini factionum, i quali inoltre trattavano con i magistrati e gli imperatori, allestivano gli spettacoli, contrattavano il numero dei cavalli, le loro quotazioni e gli oneri degli aurighi, i moderni fantini. Il Circo Massimo non era di fatto l’unico circo presente in città, dalle iscrizioni sappiamo che ve ne erano altri come per esempio il Circo di Nerone nella zona del Vaticano e il Circo Flaminio scomparso per fare posto al Teatro di Marcello. Il Circo Massimo fu l’unico però ad essere stato sempre ristrutturato e ricostruito, anche quando colpito da gravi incendi e di fatto le ultime gare ad essere qui organizzate furono quelle di Totila nel 549. Successivamente l’area divenne zona agricola, mentre nell’emiciclo si stabilì la diaconia di S. Lucia in Settizodio, con il grande complesso di assistenza ai pellegrini, del quale sopravvivono alcuni manufatti e la torretta. Un uso singolare fu riservato alle pendici dell’Aventino, dove a partire dal 1500, fu sistemato un cimitero per gli ebrei, mentre la liberazione dell’area, così come la vediamo ancora oggi, fu realizzata solo a partire dagli anni 30 del secolo scorso.
LA TORRETTA
Il nome di “Torre della Moletta” deriva dal fatto che l’edificio medievale oggi presente all’interno del Circo Massimo si trovava un tempo addossato a un mulino utilizzante l’acqua del cosiddetto Fosso di San Giovanni, un corso d’acqua che già i romani avevano definito coi nomi di Aqua Iulia (perché passante per il Palatino ove sorgevano i palazzi imperiali) o più caratteristicamente di Aqua Circuli proprio in riferimento al circo.
L’acqua giunse nella posizione della torre (ovvero presso la “spina” del circo) nel 46 a.C. quando, come apprendiamo da Svetonio, Giulio Cesare dopo aver organizzato nel circo una finta battaglia ed una caccia, fece scavare il tratto di fosso per l’incolumità degli spettatori. Dopo il crollo dell’Impero Romano e per tutta l’epoca medievale, l’area del circo venne utilizzata a vigna ed orti. In questo periodo venne costruito un mulino per la lavorazione dei prodotti agricoli con una torre difensiva atta a proteggere un’area di grande importanza per l’approvvigionamento delle derrate. Nel 1145 la torre divenne proprietà della famiglia Frangipane che le diede la forma attuale con la caratteristica pianta quadrangolare e una parte alta caratterizzata da archetti ciechi. I Frangipane ne fecero al tempo stesso il centro di un vero e proprio complesso fortificato. Sappiamo che nel 1213 la torre era abitata da Iacopa dei Normanni (detta anche Iacopa dei Settesoli), vedova di Graziano Frangipane, la quale si era ritirata qui dopo la morte del marito e dopo il suo ingresso nel Terz’ordine francescano. Proprio in quell’anno venne a Roma Francesco d’Assisi per il suo ultimo soggiorno nella città eterna. Il santo secondo la leggenda fu ospitato da Iacopa nella sua abitazione, e per questo motivo la donna ricevette in dono un agnellino. Le costruzioni attorno alla torre, tra cui il mulino e altre case medievali, vennero abbattute definitivamente nel 1943 quando lo stato italiano pensò di riportare alla luce il circo, progetto però poi abbandonato a causa degli eventi bellici.