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Musica e Covid: una difficile convivenza | Intervista a Francesca Pongiluppi

di Gabriele Coli, 1B

In questo periodo molti settori, dalla ristorazione al mondo dell’intrattenimento, si sono fermati, la musica è tra questi.  Abbiamo avuto la possibilità di intervistare Francesca Pongiluppi, cantante del gruppo genovese “Anaïs“, per scoprire come hanno affrontato l’emergenza Covid-19. 

Cosa provi quando canti su un palco? E quali sono gli aspetti che ti mancano di più dell’esibirti in pubblico?

Quando canto posso esprimere parti di me che nella quotidianità non trovano spazio: è un modo di completarmi. Esibirsi in pubblico è completamente diverso da esibirsi a distanza; dall’anno scorso abbiamo usato la tecnologia per sopperire alla mancanza di occasioni per esibirsi live, ma usare una piattaforma ti priva del riscontro immediato del pubblico rispetto alla tua esibizione: sul palco si genera un’energia dinamica tra il pubblico che non è solo ascoltatore passivo, ma mittente di messaggi e feedback di gradimento e piacere che online non sono riproducibili.


Quindi avete avuto la possibilità di esibirvi durante questo periodo?

Abbiamo prodotto qualche video, però ad agosto dell’anno scorso abbiamo potuto esibirci live in un locale all’aperto al Porto antico in due date diverse. 

Cosa hai provato a suonare live dopo diverso tempo?

È stata una liberazione, un po’ come andare in bicicletta dopo molto tempo: non si disimpara mai. In quell’occasione abbiamo cominciato a proporre al pubblico il nostro nuovo album che, causa pandemia, era rimasto bloccato.

L’impossibilità di suonare dal vivo come ha influito sul rapporto con chi vi segue?

Ci ha allontanati ma abbiamo compensato con l’uso dei social. Però come dicevamo prima, non consentono di riprodurre la stessa situazione anche se permettono di tenere aggiornati e solleticare la curiosità e l’attenzione di chi ci segue.

Siete riusciti a registrare nuova musica durante questo periodo?

Sì, a dicembre scorso abbiamo registrato in sala di registrazione un pezzo e contestualmente girato un video. Si tratta di una cover di “No fun“, uno dei primi pezzi punk del gruppo degli Stooges: “Nessun divertimento” . Ci sembrava un modo per esorcizzare lo spirito poco lieto delle imminenti vacanze di Natale, limitate dalle restrizioni per il contenimento del contagio.


Riprendendo il discorso delle esibizioni, secondo te  in futuro, come avviene per lo sport, sarà possibile unire i concerti dal vivo con i concerti virtuali?

Alcune dirette Facebook le abbiamo già fatte, ma la qualità del suono lascia a desiderare. Ci hanno proposto di fare delle riprese da mandare in onda, ma non della durata di un intero concerto, perché inevitabilmente l’attenzione da casa cala rispetto a quella che il pubblico avrebbe durante un live di un’ora.

Dal punto di vista musicale la quarantena ha avuto anche degli effetti positivi?

Sì e no; da un punto di vista creativo, la coercitività non ha sempre funzionato da stimolo. Qualche pezzo nuovo è stato composto ma non così tanti quanti quelli prodotti in precedenza. Non appena ci siamo rivisti per la zona gialla, abbiamo prodotto più facilmente i pezzi, con l’apporto di tutti.