La donna: dalle forme di violenze, alla forza 

                                                                                  La donna:

                                                           dalle forme di violenze, alla forza 

Nonostante il passare degli anni, i vari accorgimenti, manifestazioni, giornate, ancora oggi avvengono diversi femminicidi in un giorno, dunque non si riesce a superare tale problema. E’ diventato “normalità” , se così possiamo definirlo; basti pensare che il 77% delle donne sono uccise dai familiari stessi. Nei casi più comuni, dai mariti ,compagni o ex. Il motivo? Attacchi di gelosia in primis, segue poi quello del “perché lei non voleva più stare con me” e allora da qui l’assassino agisce uccidendola.

 E’ la cosa giusta da fare? Perché arrivare a un atto tanto estremo?! Perché una donna non è libera di scegliere ? Evidentemente, se la sua scelta è quella di lasciare il proprio compagno, vuol dire che non è felice, non sta bene con lui, non si sente protetta, soprattutto non sta  più bene con ste stessa. 

La mentalità delle donne è influenzata in modo particolare dai commenti negativi della società( “non puoi mettere quel tipo di gonna”, “ se l’è cercata”). La vittima viene dunque criticata, messa in condizione di “colpevole” per via del suo abbigliamento. L’aggressione è quindi non solo fisica ,ma anche psicologica. Si avverte altresì la presenza di una sorta di “patriarcato” : la donna viene ancora considerata di livello inferiore rispetto all’uomo. La domanda sorge spontanea  : ” Perché esiste ancora tale disparità tra uomo e donna? Per via della forza fisica?” Inoltre, quando viene esposto l’accaduto , invece di riportare nome e cognome della vittima, si utilizza “ex moglie, ex fidanzata”, ciò non fa altro che sminuire la sua figura .  A tutti questi perché non c’è una vera e propria risposta concreta, semplicemente perché sono concetti realizzati su una base di un mancato sapere, se non una mancata formazione intellettuale.

Tale disparità si manifesta fin da piccoli ,a partire dall’abbigliamento ai giochi: vi è questo costrutto, il colore rosa attribuito alle femmine, mentre l’azzurro ai maschi; così come i giocattoli, se si entra in un negozio di tale genere, si può notare la netta differenza tra “giochi femminili “ e “giochi maschili”. Per le femmine troviamo lavatrici, cucine, ferri da stiro, bambole ; mentre per i maschi macchinine, fucili, soldatini.  Fa dunque “strano “ vedere giocare un bambino con la cucina, solo perché tale gioco è attribuito generalmente alla figura femminile. Ma, se riflettiamo i migliori chef sono in maggioranza degli uomini, quindi non vedo il senso di tale anormalità. 

Possiamo poi notare come negli anni, l’abbigliamento femminile è andato man mano a rivoluzionarsi. I bustini, le forme ampie, i sottogonna e poi man mano una trasformazione che coincide anche con l’emancipazione femminile. La dama lascia spazio alla donna che lavora, cambiano i materiali, i colori e il design.

Nel Settecento ci sono le gonne a ruota sul pavimento, nell’Ottocento copricapo esagerati, gli anni Venti del Novecento trasudano eleganza, in quelli Cinquanta i modelli si arrotondano e via via fino agli anni Settanta in cui il pantalone è a zampa. Una delle madri di tale cambiamento è senz’altro Coco Chanel, uno delle stiliste più note nel campo della moda.  

Questa sorta di violenze si sviluppano anche in altri campi, come quello della politica: magari non si ci fa caso perché appunto sembra una normalità, ma se si ci pensa possiamo notare come in tale campo ci sia l’assenza di figure femminili. Anche qui ci ricolleghiamo al concetto “dell’uomo superiore alla donna” , perché si ha l’idea che ci siamo lavori “femminili” e lavori “maschili” ? Da qui si sviluppa di conseguenza la violenza economica, perché la donna, nella maggioranza dei casi,percepisce uno stipendio minore rispetto all’uomo. Si ha lottato tanto in passato per avere l’uguaglianza, la parità dei sessi nella società, per poi arrivare nel ventunesimo secolo ancora con tali prototipi  di pensieri. Bisogna però ricordare che le donne non sono e non si sono mai fermate; come non citare Nilde Iotti, “simbolo di emancipazione femminile” così definita dal nostro presidente della Repubblica Mattarella in occasione dei cento anni dalla sua nascita, ha aggiunto poi :” Il suo percorso civile e politico reca impressi i caratteri di quella straordinaria crescita democratica, che ha consentito al nostro popolo di liberarsi dal fascismo, di dotarsi di una Costituzione rispettosa degli originari e inviolabili diritti della persona, di progredire nel benessere economico e nella solidarietà sociale”. Sostenne la necessità di emancipare la donna all’interno della famiglia e della condizione sociale. La donna, secondo Iotti, doveva essere pensata non più come moglie e madre, ma come cittadina, con pari dignità sociale e si batté, durante i lavori nella Costituente, per affermare il principio di parità tra i coniugi e il riconoscimento dei diritti dei figli nati fuori dal matrimonio e delle famiglie di fatto.
La sua fu una battaglia a tutto campo per l’emancipazione femminile, al punto che intervenendo nella sotto-comissione più volte si disse contraria all’introduzione, nella Costituzione, di un articolo che sostenesse il principio dell’indissolubilità del matrimonio. In sostanza, fu il primo passo verso la concessione del divorzio che fu poi introdotto dopo il referendum del 1974. Per 10 anni, dal 1969 al 1974, ricoprì il ruolo di deputato al Parlamento europeo, ma la svolta nella sua carriera politica e nella storia italiana porta la data del 1979. In quell’anno Iotti fu eletta, prima fra le donne, Presidente della Camera dei Deputati e ricoprì l’incarico per tre legislature, fino al 1992.

Infine, come non citare l’attualissimo “COVID-19” ,che non ha  solo straziato la società sul piano fisico ,economico, psicologico, ma ha incrementato ancor di più la violenza domestica per via dello stare rinchiusi in casa, il non poter uscire, solo per determinate esigenze; però, la mente femminile non si è fermata neanche qui : si pensò infatti un nome in codice per chiedere aiuto in caso di violenza , la famosa “ mascherina 1522”, si andava in farmacia e si richiedeva quest’ultima, attraverso la quale poi si provvedeva ad andare in contro la donna in difficoltà.

Carmen Lanzillotti 4 A