Musica classica: davvero dai sessant’anni in su?

Cuffiette nelle orecchie, volume sparato, iPod in tasca e via nella metropolitana o per le strade della città. Questa è l’immagine tipica dei giovani odierni, dalla quale si ricava che la musica è sicuramente il sottofondo, l’accompagnamento di ogni attimo di vita e di ogni situazione. Tuttavia risulta difficile immaginare che quella musica nelle cuffiette, mentre si corre in un giardino, sia la Sesta sinfonia in fa maggiore di Beethoven, o il Preludio e Fuga in do maggiore di Bach. Ma anche in altre occasioni, o nella scuola, la musica classica è ormai relegata a una quota minoritaria, anzi di nicchia del pubblico in generale e ancor più giovanile, tanto che “classico” è divenuto ormai sinonimo di antiquato.

Bisogna chiedersi dunque se sia giusto che gran parte dei giovani rinunci a conoscere quei grandi autori che ai loro tempi erano considerati ultra moderni e innovatori.

Nella nostra società la musica è anche una questione di commercio o di mercato, per cui viene prodotto e diffuso tutto ciò che incontra il gusto del grande pubblico, che sia di facile approccio e veloce ascolto. La complessità e la durata della musica classica non la agevolano, mentre altri generi musicali, come il pop e il rap, puntano sulla brevità e sull’immediatezza del lessico. Inoltre la musica classica, a parte l’Opera, vede melodie e armonie come protagoniste e non come accompagnamento di una voce umana, facendo sì che questo possa influire sulla comprensione del suo significato. È difficile non commuoversi di fronte a un testo di John Lennon o non coinvolgersi in un pezzo degli U2, ma è anche vero che i Notturni di Chopin fanno ancora sognare.

Per riuscire ad apprezzare e accogliere le sfumature di un brano classico sono veramente necessarie delle competenze più complesse? Chi non le ha è condannato a non poter accedere a questo tipo di musica, considerandola solo noiosa?

Il linguaggio musicale è universale e variegato, ma per appropriarsene c’è bisogno di un’educazione all’ascolto, che deve essere promossa fin dai primi anni di vita. Come si imparano l’alfabeto e le operazioni matematiche, si dovrebbero insegnare in tutte le scuole pubbliche i rudimenti e le basi musicali. Emergerebbero così tanti talenti che invece spesso rimangono nascosti e bisognerebbe dare loro la possibilità di studiare e approfondire questa passione. I conservatori infatti sono pochi e non sempre facilmente accessibili, mentre invece lo studio di uno strumento è altamente formativo e suonare in un’orchestra insegna la condivisione e l’armonia con tutti gli altri, pur nella diversità. Questi sono valori ancora oggi necessari e attuali. Inoltre il repertorio classico rimane un patrimonio culturale universale, che è valido in ogni epoca e non è soggetto alle mode. Questo rende ancora più unica una tipologia musicale che, pur essendo all’apparenza fissata per sempre, si rinnova ogni volta nell’interpretazione di un direttore d’orchestra o di uno strumentista.

È ingiusto dunque che i giovani disprezzino per ignoranza questo tipo di musica senza conoscerla, pensando che non possa trasmettere emozioni come quella contemporanea; è come se, abituati a mangiare sempre lo stesso cibo, non si riuscisse più ad ampliare i propri gusti e ogni novità riuscirebbe troppo difficile al palato. La musica classica non è quindi solo la musica che ascoltano i nostri nonni e non si possono indicare età preferenziali per l’ascolto, come le età consigliate sulle etichette dei giocattoli, anzi gioverebbe molto alla gioventù frenetica di oggi. Ci sono per fortuna molti giovani che la amano e continuano a suonarla ed ascoltarla, La musica non ha età e non invecchia, deve appartenere a tutti ad ogni latitudine.

Michela Loffreda IV D