L’ORRORE DELLA CORRIDA

di Giulio Motalli, 3BCL

Lo spettacolo offerto dal combattimento tra toro e uomo o dalla lotta tra tori intratteneva il pubblico già ai tempi degli antichi Greci e Cretesi, nel XV secolo a.C., quando assumeva la denominazione di tauromachia. Aveva luogo in occasione di un rito di passaggio all’età adulta o di un festeggiamento. 

Nell’accezione moderna, invece, lo stesso termine ci fa pensare immediatamente alla colorata arena, la plaza de toros, palcoscenico dell’elegantissimo torero, o matador, il quale intrattiene gli spettatori esibendosi in spettacolari veroniche fino ad arrivare all’uccisione del toro.

Questa pratica, denominata corrida, si divide in tre passaggi, i quali prendono il nome dallo strumento utilizzato dal matador: il capote de brega, cioè il mantello tipicamente rosso utilizzato per indurre il toro alla carica, poi le banderillas, asticciole di legno decorate con carta colorata e che terminano con punta in metallo, volte a indebolire il toro, e infine la muleta, un mantello più piccolo a una mano, per fargli esaurire le forza e dargli il colpo di grazia con l’estoque, la spada.

É evidente come la corrida sia tanto crudele nei confronti del toro quanto pericolosa per il torero, per il quale il minimo errore può rivelarsi fatale. È capitato nel 2016, quando un torero fu incornato a morte. 

Per il povero bovino costituisce, invece, una vera e propria tortura, e per fortuna in Spagna, patria della tauromachia moderna, non sono mancate le proteste e oggi l’84% dei giovani si dichiara contrario alla corrida e le manifestazioni sono diminuite di oltre in 65% in 15 anni. Oltre che varie organizzazioni animaliste, anche l’arte ha contribuito alla denuncia della crudeltà di questo spettacolo. Ne è un esempio José Molina che nelle sue quattro opere a matita su carta rappresenta l’arena e il sangue con i colori giallo e rosso, gli stessi della bandiera spagnola. Il significato è che la Spagna si macchia del sangue della sua stessa tradizione. 

Il combattimento, dunque, è solo una pratica barbara e crudele che non rende giustizia né alla vita del toro né all’intelligenza dell’uomo.