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A piccoli passi – Passeggiando tra le strade e le contrade Parte quarta

Yuki non è una semplice cagnetta. Yuki annusa e memorizza gli odori, medita propositi di vendetta verso gatti gironzoloni, si spazientisce quando il padroncino si attarda lasciandosi trascinare dal vortice dei pensieri. È una passeggiata a due voci e sei zampe, con i vetri degli occhiali che si offuscano e l’olfatto che si raffina. Il grigiore e la banalità dell’ordinario sono scalzati dalla sorprendente vivacità di una cagnetta impertinente e un padroncino distratto. Il quarto testo delle nostre passeggiate è un omaggio a chi sa trasformare un obbligo quotidiano in una preziosa ricompensa per l’anima.

Domenica. Primo pomeriggio.

Decido di uscire di casa per accompagnare la mia cagnetta nel suo giro di routine e, cosa non da meno, per smaltire il pesantissimo pranzo della domenica. Il cielo, al contrario dei giorni precedenti, è stranamente grigio, un po’ come la strada che devo attraversare per raggiungere il marciapiede che, neanche a dirlo, è grigio anch’esso. Un grigiore quasi ininterrotto se non fosse per quei ciuffi verdi delle aiuole che fanno capolino sul marciapiede e per i numerosi alberi alla mia destra. C’è anche una ringhiera, messa lì per evitare che qualche malcapitato precipiti nel giardino di una coppia di anziani signori. La ringhiera, un tempo tinta di un verde acceso, è ora di un verde più pallido e arrugginito, dall’aspetto spiacevole rispetto al mare, anch’esso alla mia destra, dall’acqua sempre azzurra, di un azzurro intenso.

Continuo a camminare. Il braccio destro è teso dal guinzaglio: chissà cosa eccita la mia cagnetta, quali odori la colpiscono in un angolo di città così insignificante. Gli unici rumori che sento, oltre ai miei passi e allo zampettare agitato di Yuki, sono il cinguettio degli uccellini e il rombo delle immancabili macchine che sfrecciano lungo la strada alla mia sinistra. Sul marciapiede ci sono alcune panchine vista mare, coperte di graffiti e scritte insulse, e alcuni secchi per la spazzatura, fatti montare di recente dal comune. Il marciapiede è quasi deserto, salvo qualche coppia di signore che passeggiano, alcune con la mascherina, altre senza. Proprio la mascherina mi fa continuamente appannare gli occhiali. Li tolgo, basta.

Me ne pento subito, non appena ricordo di essere miope. Ma è troppo tardi: il nitido per quanto grigio e monotono sfondo è stato sostituito da forme sfocate e bizzarre. Decido di continuare a camminare senza occhiali lo stesso, ma non resisto a lungo perché vengo sopraffatto dal timore di inciampare in qualche crepa. Continuo la mia passeggiata, attraversando e svoltando in alcuni punti per memoria muscolare, distratto dai soliti flussi di pensieri, mentre il guinzaglio è sempre più teso. La mia cagnetta oggi sembra fremere.
Il nostro camminare è diventato così sincronico, empatico, cadenzato che lei cammina, io zampetto, lei saluta i vicini, io scodinzolo. Chi fra noi due è l’uomo? Chi l’animale? A tratti mi sembra di avere un olfatto più sviluppato, una vista meno sfocata, canini più affilati. Se la guardo bene mi sembra che anche lei mi somigli.… Forse è l’effetto dell’aver tolto incautamente gli occhiali o la miopia sta avendo un peggioramento improvviso, non so; tuttavia, non pensavo di essere una talpa. Tolgo e metto gli occhiali. Nulla, sono confuso. Camminando distrattamente, mi sento come preso da un incantesimo. A un certo punto mi sembra quasi di sentirla…

Ah, finalmente il mio umano quasi-talpa, si è deciso a farmi uscire. Non ce la facevo più, stavo per farla sul tappeto all’ingresso. Fortuna che poi si è sbrigato, almeno ho risparmiato quei due o tre ululati che tanto fanno innervosire quella del primo piano. Oggi, poi, cammina come un bradipo, dopo tutto quello che ha mangiato! Il mio umano non comprende fino a che punto la passeggiata pomeridiana sia uno dei momenti che attendo con più ansia nella giornata. Anche il solo pensiero di stare per uscire mi riempie di gioia. Passeggiare mi piace per i mille odori che sento nell’aria, tra le piante, nelle aiuole; e poi, visito dei posticini perfetti per liberare il mio stomaco… insomma, è proprio un momento di massimo relax.

Cos’era quello? Mi è sembrato di vedere un gatto! Sì, dev’essere stato un gatto. Dannazione, finisce sempre così, ma prima o poi riuscirò a fargliela pagare, a quei felini che invadono il mio territorio.

Questo intanto cammina ciondoloni, non sa neanche lui dove portarmi… è perso nei suoi pensieri, come sempre. Umano, mi senti?

Yuki, sei tu? Oggi mi sembri strana…

Per Bacco, è già mezz’ora che siamo in giro. Mi sono lasciato distrarre troppo, sono andato ben oltre il percorso consueto.

Mi incammino rapidamente verso casa, fermandomi quando la mia bestiola ne ha necessità. Mi affretto lungo la strada grigia. Poche sono le differenze fra andata e ritorno, se non il passo più stanco del mio cane, il cielo che va sempre più verso l’imbrunire e qualche allucinazione uditiva, proveniente da chissà dove, da chissà chi…

                                                                                                          di Marco Memmo