Seconda Guerra Mondiale – Intervista a un nonno 

Seconda Guerra Mondiale - Intervista a un nonno 

 Seconda Guerra Mondiale – Intervista a un nonno 

Ho deciso di intervistare mio nonno per quanto riguarda il periodo vissuto nella seconda guerra mondiale perché è un tema che, secondo me, ancora necessita di essere affrontato. Bisogna, assolutamente far conoscere a tutti quello che successe per non farlo riaccadere.

Quando iniziò la guerra quanti anni aveva? Dove abitava?

Quando iniziò la guerra ero molto piccolo, ancora non andavo a scuola. Abitavo con la mia famiglia a Fiesso d’Artico in provincia di Venezia. Avevamo una casa di legno con vicino una grande fattoria. Conobbi la guerra perché i tedeschi iniziarono a bombardare le grandi città, come Treviso. In quegli anni non andavo a scuola ma cercavo, nel mio piccolo, di aiutare i miei genitori nella nostra fattoria.

Come si viveva in quel periodo?

Nonostante fossi molto piccolo, ricordo che quei tempi furono parecchio duri perché non c’era molto lavoro. Io avevo un fratello e quattro sorelle, eravamo otto in famiglia e per fortuna nostro padre lavorava. Papà lavorava in uno stabilimento di vetro e carbone chiamato “vetro-cocco”, era un addetto ai forni e ne era il capo squadra. Poco dopo l’inizio della guerra papà si licenziò perché era molto rischioso con i bombardamenti. In quel periodo non poteva rimanere senza lavoro sennò noi avremmo sofferto la fame, quindi divenne socio di un signore che ammazzava i vitelli per portare da mangiare ai Partigiani che si rifugiavano in montagna a Bassano del Grappa. In quel periodo non potevamo permetterci una macchina, però avevamo tutti la nostra bicicletta.

Come si comportavano i tedeschi e Mussolini?

I tedeschi erano molto violenti. Pensa che ogni giorno venivano a rifugiarsi a casa nostra perché era vicina alla strada provinciale. Venivano durante il giorno per riposarsi ed aspettare la sera per uscire. Quando la mattina presto entravano dentro casa nostra ci cacciavano e noi avevamo paura ad opporci. Dovendo andare via da casa nostra, passavamo le giornate in casa di amici di famiglia…per fortuna avevamo loro! Però devo dire che i tedeschi non hanno mai toccato i nostri soldi e le nostre cose. Quando si venne a sapere che i tedeschi si rifugiavano a casa nostra, durante la notte gli americani ci mandavano degli aerei a controllare. Questi aerei lanciavano una specie di razzo che faceva luce ed illuminava tutto il terreno per controllare se ci fossero i tedeschi. Avevamo dato un soprannome a quest’aereo, lo chiamavamo “Pippo” e quando sentivamo il suo rumore voleva dire che si stava avvicinando e allora spengevamo tutte le luci. Con Mussolini eravamo divisi in gruppi in base alla nostra età, noi più piccoli ci chiamavamo “Figli della lupa”, i più grandi erano i “Balilla”. Ogni gruppo aveva una propria divisa e tutti dovevamo marciare.

Quali furono i momenti peggiori nei quali ebbe più terrore?

I momenti brutti furono molti, vivevamo costantemente con la paura. Il primo momento fu quando mio padre andò a casa del suo socio ma lì non trovo lui ma i tedeschi, che avevano scoperto del mattatoio abusivo. Papà appena li vide andò dai Partigiani per avvisarli che quel giorno non avrebbero portato da mangiare vista la situazione. Un altro momento molto brutto fu quando papà fu arrestato a Padova. Stette in carcere per tre mesi, il motivo fu che lo avevano trovato con cinque paia di scarpe di militari, ma lui prese queste scarpe per strada. Fu arrestato perché in quei giorni era stato derubato un vagone di scarpe militari e appena lo videro con queste lo accusarono. Ricordo che mamma andava spesso a trovarlo, ma visto che era proibito, per vederlo doveva portare ogni volta un sacco di farina al guardiano. Tutte le notti erano un terrore perché mitragliavano continuamente sui nostri balconi. Ricordo in particolare una sera, fu terribile: mia mamma, per la paura e per evitare di urlare mozzicava il cuscino, quella sera per quanto lo strinse forte tra i denti le uscì molto sangue. Un giorno, mentre ero in bagno per lavarmi, passò un aereo vicino alla finestra e con un colpo uccise un signore su un carro…rimasi terrificato, tanto che per un mese non parlai con nessuno. L’ultimo momento così pauroso che ricordo fu quando ci fu la ritirata tedesca e i tedeschi vennero a casa nostra perché volevano le nostre biciclette, minacciarono mio papà e fu piuttosto brutto.

Ripensando oggi a quei momenti che emozioni prova?

 Penso che siamo stati molto fortunati perché non ci è mai mancato da mangiare grazie a papà che lavorava, ma soprattutto grazie alla nostra fattoria dato che avevamo anatre, asini, galline, mucche… riuscendo in questo modo a procurarci da mangiare; avevo nella mia camera un sacchetto di pane in caso di emergenza. Siamo stati d’aiuto a molti vicini perché spesso li abbiamo aiutati dandogli un po’ del nostro cibo. Ringrazierò per sempre mamma e papà perché non ci fecero mai mancare nulla. Siamo stati molto fortunati perché rimanemmo vivi nonostante i tedeschi vennero a rifugiarsi a casa nostra. Inoltre, vennero a rifugiarsi anche il sindaco di Venezia, che se non ricordo male si chiamava Giano V, e il grande politico Nenni.                                                                                                                                                                               Ogni volta che sento il rumore di un aereo che passa ripenso a Pippo e in me torna un po’ di paura. Spesso, quando ripenso a quei momenti mi viene ancora da piangere, mi batte forte il cuore e mi vengono i brividi.

 

Ringrazio mio nonno per aver risposto a queste domande e per aver condiviso quei momenti. Sono contenta che mio nonno sia riuscito ad aprirsi con me perché ricordare momenti vissuti durante la guerra fa sempre male, però è giusto condividerli affinché si conoscano, si diffondano per non farli ricapitare più.

Berardini