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Recensione della rivisitazione di Vincenzo Zingaro della commedia Latina di Plauto “Aulularia”

L’Aulularia è una delle opere più importanti e conosciute di Plauto, commediografo latino vissuto dal 251 a.C. fino al 184 a.C., tuttora apprezzata e recitata attraverso rielaborazioni. Quella di Vincenzo Zingaro è stata messa in scena nel 2018 al Teatro Arcobaleno di Roma dalla Compagnia Castalia, ovvero un organismo di produzione teatrale che ha sede a Roma. Essa si distingue per aver intrapreso uno studio approfondito sulla commedia classica antica; l’intento è quello di valorizzare l’eredità del teatro classico nella cultura odierna. 

Il protagonista della commedia è Tienichiuso, un vecchio avaro, diffidente di tutto e tutti. Egli trova una pentola d’oro e vive nel costante terrore che gli venga sottratta. A causa di questo pensiero non si fida né della sua vecchia serva Uva, né del suo ricco vicino di casa Regalone, il quale, su consiglio della sorella Elegantona, chiede al vecchio la mano di sua figlia Fedria. All’inizio Tienichiuso pensa che sia un metodo per impadronirsi dell’oro, ma alla fine acconsente purché non debba pagare niente per il matrimonio e sposi la figlia senza dote. Nel frattempo, nessuno (a parte la serva Uva) sa che Fedria è stata messa incinta da Lupacchiotto, figlio di Elegantona, quindi nipote di Regalone, e si ritiene pronto per sposarla. Intanto Tienichiuso continua ossessivamente a cambiare il nascondiglio della pentola d’oro, fino a quando Trottola, servo di Regalone, scopre dove l’ha nascosta e gliela ruba. Quando Lupacchiotto si reca dal vecchio per riferirgli ciò che ha fatto e le sue intenzioni, dopo tanti fraintendimenti, riesce a farsi dare la benedizione per il matrimonio. Dopo la cerimonia tutti sembrano essere più felici, soprattutto Tienichiuso, che si sente sollevato dal non dover più preoccuparsi della pentola; viceversa Trottola, che era scappato, adesso è diventato scortese e scorbutico, proprio come lo era il vecchio.

Il prologo dell’opera è introdotto da un televisore parlante, che può essere considerato il Lare domestico dei giorni d’oggi (I Lari erano le divinità romane della famiglia e vegliavano sulla fortuna della casa e della proprietà).

La commedia è ambientata in una dimensione quasi atemporale; ci sono riferimenti all’antichità, ma i personaggi indossano vestiti moderni, dotati di accessori che li caratterizzano (per esempio la serva Uva indossa abiti e velo scuri e si appoggia con un bastone per accentuare i suoi anni e i suoi acciacchi). Un altro elemento che li distingue è l’accento con cui recitano gli attori per immedesimarsi nei personaggi, differente per ognuno di loro (per esempio l’accento di Elegantona è quello inglese, mentre quello di Regalone è siciliano).

Vincenzo Zingaro, con quest’opera, è riuscito a riadattare una commedia classica di celebre comicità riuscendo a intrattenere e a divertire il pubblico nonostante l’antichità di questa. Lo spazio scenico è costituito da un fondale bianco sul quale vengono proiettate immagini e colori. Statue, colonne e scalinate sono di ambientazione ellenica, mentre l’abitazione di Tienichiuso è di un’epoca indefinita, ma sicuramente più moderna. I cambi di scena sono caratterizzati da giochi di luci colorate e da musica di sottofondo.

Essendo una delle prime volte che vedo la messa in scena di una rivisitazione di una commedia classica, non so se avrei preferito assistere ad una versione più vicina a quella originale. Tuttavia, il messaggio dell’opera, secondo me, è stato pienamente trasmesso dal regista. La differenziazione tra le classi sociali, la paura dei poveri e dei deboli nei confronti dei ricchi o dei potenti, sono temi ancora attualissimi. Averli affrontati attraverso una commedia classica, ma con scenografia e mezzi di espressioni moderni, è quindi un merito da parte del regista. Ne consiglio la visione soprattutto come strumento di conoscenza di Plauto. 

Bianca Ferrini 4C cl