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Quale pianeta lasceremo ai nostri figli? A quali figli lasceremo il nostro pianeta? Il pensiero globale di Edgar Morin

Secondo il vocabolario Treccani, la parola umanità non è altro che “la condizione umana; soprattutto con riferimento alle caratteristiche, alle qualità, ai vantaggi: la fragilità, la debolezza, i difetti, l’imperfezione”.

 L’umanità è un sentimento. Sottende alla solidarietà reciproca, comprensione e rispetto verso l’altro.
Come tutti i sentimenti, può essere sviluppato attraverso l’educazione e la cultura. Soprattutto oggi, come non mai, è forte la necessità di comprendere se gli uomini, sappiano davvero “essere umani”.

La società in cui viviamo, basata sulla competizione e sulla prestazione ci rende vulnerabili e poco inclini ad accettare le miscele, le differenze, l’anticonvenzialità e le particolarità; tutto ciò che risulta “diverso dalla norma” viene considerato indirettamente poco umano. 

Preparare un mondo vivibile è possibile. Lavorando con tutte le  generazioni e infondendo il senso di cittadinanza terrestre e  che ci vede tutti come cittadini dello stesso pianeta. Una categoria  che ci renda  appartenenti allo stato umano. L’umanità si può imparare, si può vivere nella quotidianità, si può insegnare attraverso l’affettività, l’empatia, il confronto e la resilienza.

Edgar Morin, sociologo e filosofo, nel suo ultimo saggio “Insegnare a vivere” ci consegna due domande sulle sorti dell’umanità: Quale pianeta lasceremo ai nostri figli? A quali figli lasceremo il nostro pianeta? Ci richiama, insomma, alla nostra responsabilità, grande, grandissima, nei confronti delle future generazioni. Oggi, secondo Morin, il grande male non è tanto l’incomunicabilità, quanto l’incomprensione, non solamente tra cittadini di una stessa società, ma anche nei confronti dello straniero, del diverso da noi.

Joyce mapulanga, ‘G. Galilei’ di Catania