La moda ai tempi di Luigi XIV

“…bisognava iniziare ad abituarsi a vederlo, se non si voleva esporsi a restar senza parola quando gli si rivolgeva il discorso…” 

Louis de Rouvroy de Saint-Simon, trasferitosi a Versailles dopo il servizio militare descrisse così Luigi XIV, il Re Sole che  da sempre ha evitato la sobrietà influenzando la moda del suo tempo non solo in Francia ma anche in tutta Europa. 

UNA ROUTINE…SINGOLARE 

Il sovrano di Francia aveva sin dalla nascita una folta chioma bionda che sfortunatamente non riuscì ad ostentare come avrebbe voluto. Egli infatti soffriva di una forma acuta di calvizie che lo costrinse ad indossare enormi masse di riccioli torreggianti. Persino la notte, egli dormiva con una piccola parrucca senza la quale non si mostrava mai. Questa sua abitudine, era accompagnata da una serie di rituali che rispettavano in piena regola l’etiquette da lui stesso istituita. Si faceva togliere la camicia da due camerieri diversi, uno per braccio, mentre il ciambellano gli toglieva la berretta da notte, il barbiere lo radeva; indossava poi la camicia da giorno sempre con le stesse modalità, sceglieva la cravatta e due fazzoletti, si faceva infilare e allacciare le scarpe, munite di tacco per correggere la sua postura, e così pure, senza far nulla da solo, la giubba e la spada. Cambiava la parrucca e ne indossava una monumentale per poi esser pronto ad iniziare la giornata. 

Con il suo abbigliamento unico, non perse mai l’occasione di lanciare mode e tendenze in modo tale da rafforzare la sua immagine ma nonostante il suo ricco vestiario, nei suoi ultimi 20 anni di vita, predilesse abiti sobri di panno e di sargia dai colori neutri come l’ocra, il marrone e l’avana. 

QUALCUNO HA DETTO DIAMANTI? 

Essendo afflitto da una grave mania di protagonismo, Luigi XIV desiderava ardentemente gli sguardi su di sé e quale miglior modo se non quello di indossare vistosi gioielli in diamanti? Fu infatti tra i più grandi collezionisti di diamanti che la storia abbia mai conosciuto. Nella sua collezione erano presenti alcuni tra i diamanti più grandi mai esistiti come il Sancy (35 carati), l’Hope (Meglio noto come “Blu di Francia“44,5 carati) e l’Ortensia (20 carati). 

Disponeva di due parures, una da 1232 bottoni, 300 asole, 19 rosette e l’altra da 168 bottoni, 336 asole e 19 rosette da abbinare alle sue vesti più sontuose e fece persino montare il diamante Sandy su di un cappello ricoperto di piume. 

E per ribadire ancor di più la sua sobrietà nel 1715 presenziò ad un’udienza in abito nero ricamato in oro e diamanti dal valore di 12.500.000 livres.  

” …Il Re era interamente vestito in nero e argento. Il mantello di moerro nero era velato da un merletto d’argento trattenuto da punte di diamante e lasciava vedere un farsetto di broccato d’argento ornato di pizzi neri di raffinata fattura. Gli stessi pizzi a tre balze ricadevano sui ginocchi sotto le brache di velluto scuro. Gli scarpini avevano fibbie di diamanti. La cravatta, che non era a forma di bavero, ma di ampio nodo, era anch’essa ricamata con piccolissimi diamanti. Alle dita portava un gran numero di diamanti e un solo rubino molto grosso… “ 

LA MODA MASCHILE 

“Il cortigiano aveva una volta i suoi capelli, indossava calzoni e farsetto, portava ampi pizzi ed era libertino. Ciò è ora disdicevole: porta la parrucca, un abito stretto, calze disadorne ed è religioso” 

Così scrisse il moralista La Bruyère nel 1675 riferendosi al cambio repentino delle tendenze in ambito di stile. In effetti la parola chiave dell’abbigliamento di questo periodo diventa “stupore”, in particolar modo per gli uomini, i quali avev   ano come esempio da seguire un sovrano che di certo non amava passare inosservato. 

Prima tendenza degna di nota è il giustacuore anche detto giustacòre o justaucorps (giusto, aderente al corpo, adattato come se fosse un composto di cuore), una lunga giacca attillata priva di cuciture indossata al di sopra di una veste abbinata ad una cravatta di mussola. Spopolò per via della sua comodità, merito quasi esclusivo delle tasche utilizzate per stiparvi monete ed orologio. Una variante speciale era consentita solo a 50 degli uomini più fedeli al sovrano: il Justaucorp au brevet. Consisteva in una giacca blu, dotata di ampie maniche, foderata di rosso e profilata da pesanti galloni d’oro e d’argento. Indossata assieme ad un panciotto lungo, pantaloni al ginocchio, una cravatta di batista, scarpe con il tacco rosso (talon rouge detto anche tacco “alla Luigi”) inciso con decorazioni, e la spada che pendeva dalla larga fusciacca. 

 

Successivamente il giustacuore verrà abbandonato prediligendo un altro tipo di completo. Pizzi e merletti sono schierati in prima linea, ornando giacche dalla linea Redingote (stretta in vita ed allargata in fondo con spacco posteriore) e gilet rigorosamente lunghi oltre il ginocchio, con le maniche lunghe e rifinite da ampi polsini chiamati “paramani” (derivanti dai lunghi risvolti delle maniche militari ideate per proteggere le mani dal freddo pungente). Da questi soprabiti facevano poi capolino camicie ricolme di sbuffi e dettagli barocchi. Per la parte inferiore del corpo, il capo che faceva da padrone erano le colorate calze, lasciate in bella vista dai pantaloni (culottes) che giungevano fino al ginocchio. L’insieme di giacca, camicia e pantalone costituiva il celebre abit à la français, invidiato da tutta Europa. 

 

Oltre a questo esuberante abbigliamento, andò molto in voga anche il rhingave, una tipologia di pantalone tanto largo da sembrare una gonna. Lungo circa fino al ginocchio, questo capo, presentava talvolta un cavallo molto basso, altre volte invece il suo taglio era assimilabile più ad una vera e propria gonna. Indossato sempre con un paio di calze aderenti ed un bolero a maniche corte, il rhingave era formato da strisce di stoffe dai colori più stravaganti, disposte verticalmente, ed ornato da pizzi e nastri, com’era uso di quel tempo. Fu utilizzato la prima volta da Rheingrafen von Salm, ambasciatore degli Stati Generali di Luigi XIV, da cui prese il nome.

Gli accessori ricoprivano un ruolo fondamentale nell’abbigliamento, a partire dalle cravatte, grossi fiocchi di raso con lunghe code in pizzo o sobrie strisce di cotone che avvolgevano il collo, il cui nome deriva dai mercenari Croati dell’esercito francese. Sempre dall’esercito venne ripresa la moda del nodo “casuale” attorno al collo in seguito alla battaglia di Steinkerque, durante la quale gli ufficiali annodarono la cravatta in modo alquanto approssimato pur di raggiungere in fretta il campo di battaglia.  

Vietati gli stivali in qualsiasi contesto, formale e non, eccezion fatta dall’ambito militare e di caccia. Si preferiva optare per una calzatura più elegante munita di tacco, il sopracitato tacco “alla Luigi”. Aveva la punta tronca ed i materiali utilizzati erano la seta o la stoffa che presentavano vari ricami e decorazioni in gemme. 

Persino l’arma, da sempre simbolo di virilità e potenza, viene ridimensionata acquisendo una mera funzione estetica assottigliandosi e accorciandosi, in modo da essere ben più pratica e comoda da portare durante gli eventi mondani. 

Di certo però non sono questi gli accessori passati alla storia come emblemi della moda della seconda metà del ‘600, bensì le parrucche.  Di varie lunghezze e acconciature, esse si adattavano perfettamente ad ogni occasione: lunghe e boccolose per eventi pubblici e corte per le attività giornaliere. Le più dispendiose erano di capelli veri, le versioni più economiche invece presentavano crini di cavallo o pelo di capra. I colori più utilizzati erano sicuramente il bianco ed il nero ma ne esistevano molte ben più eccentriche di color rosso o biondo. Tali parrucche erano tanto ingombranti da costringere gli uomini ad acquistare solo ed esclusivamente cappelli dalla falda larga che spesso non erano comunque abbastanza capienti da poter essere adagiati con facilità sul capo. Non era infatti raro vedere i gentiluomini tenere i loro copricapi bordati in pelliccia o marabù sotto il braccio.      Questa tendenza fu un vero e proprio lampo di genio del nostro amato Luigi XIV. Egli infatti decise di trasformare un suo difetto in un grandissimo pregio, istituendo l’uso obbligatorio delle parrucche. Un’abile mossa sia dal punto di vista personale che commerciale, visto il business che ne derivò e che portò un ingente aumento di denaro nelle casse del regno. 

Al contrario di quanto si possa pensare questa cura ai dettagli presente nell’abbigliamento voglia far pensare, la cura del corpo e l’igiene personale erano altamente trascurati. Il cattivo odore era dunque una conseguenza alla quale doveva esser posto rimedio. Vennero in soccorso una coppia di fratelli italiani, i fratelli Farina, i quali iniziarono a produrre l’acqua di colonia in Germania e che non tardò a riscuotere un enorme successo. 

LA MODA FEMMINILE 

A differenza degli uomini, le donne ebbero una moda di gran lunga meno sfarzosa di quella maschile per via di una monarca, Maria Teresa, non attenta alle mode come il suo consorte. Fu così che a ricoprire il ruolo di “icone di stile” subentrarono le amanti ufficiali di Luigi XIV che influenzarono l’abbigliamento di tutte le dame. 

La femminilità venne dunque esaltata, accentuando le curve del corpo mediante l’utilizzo di corsetti la cui parte anteriore era realizzata in osso di balena. Questi rendevano la vita strettissima rispettando il canone di bellezza secondo cui la donna poteva ritenersi soddisfatta solo se poteva cingersi la vita con le sue due mani.  

L’acconciatura più utilizzata fu la Fontange, tendenza “lanciata” dalla Duchessa Angèlique de Fontange, una delle favorite del Re Sole, che durante una battuta di caccia si era spettinata impigliandosi in un ramo. Pur di non farsi vedere in disdicevoli condizioni dal sovrano decise di sistemare la propria capigliatura con la sua giarrettiera in pizzo. Questa ingegnosità fu talmente apprezzata che tutte le dame iniziarono una silente competizione per l’acconciatura più stravagante e scenografica della corte. Questa voga si consolidò tanto che alcune nobildonne iniziarono ad usare persino pizzi irrigiditi nell’acqua e zucchero, fil di ferro e altri ornamenti che facevano svettare la chioma per ben 50-60 cm di altezza. 

Con la comparsa di Madame de Maintenon, amante e successivamente sposa segreta del Re Sole, la sua influenza cattolica e moralizzatrice si estese anche sull’abbigliamento. Le scollature si ridussero fino a scolli quadrati decorati con pizzo e venne introdotto l’uso dello stomacher staccabile, una pettorina ricamata decorata con nastri incrociati detti “echelles”. L’innovazione maggiore però fu il Manteau (Mantova), un abito il cui corpetto e la “sottogonna” erano tagliati dallo stesso pezzo di stoffa costituendo un corpo unico. Era presente uno strascico che veniva fissato in modo da ottenere un elegante drappeggio che evidenziasse il contrasto tra le fodere. Lo strascico aveva determinate misure in base alla donna che lo indossava: la Regina ne aveva uno di 11 piedi di lunghezza, 9 piedi per quelli delle principesse e le figlie della casa reale, 7 piedi per le cugine, 5 piedi per le principesse non di sangue e 3 piedi per le duchesse. Per sostenere l’ingombrante gonna venivano indossati i bouffantes, dei “sederotti” imbottiti. Le maniche terminavano con pizzi detti engageantes che cingevano il braccio fin poco sotto il gomito e per evitare che anche un solo centimetro di pelle fosse visibile venivano indossati dei lunghi guanti di seta. I tessuti scelti erano pesanti broccati o velluti operati dai colori sgargianti. Solo in inverno erano consentiti l’uso di pizzo nero e di colori cupi anche se non erano comunque preferibili se non per le donne più anziane. Cappotti e giacche pesanti non erano molto utilizzate neppure nei periodi più freddi dato il caldo tessuto del Manteau. Si soleva utilizzare esclusivamente mantelle a gomito, scialli e colli in pelliccia. 

Le scarpe passarono da una forma quadrata ed austera ad una più morbida e slanciata grazie anche al tacco alto e curvo. Le decorazioni maggiormente diffuse consistevano in fili metalli che si avvolgevano attorno alla calzatura. 

Tra gli accessori più graditi risaltano le perle bianche, le tabacchiere e i gioielli applicati sui corpetti. Inoltre prese piede la moda delle boutonnière, un piccolo bouquet di fiori freschi racchiuso in una “bottiglia di petto” di circa quattro polli di lunghezza. Venivano inserite nel petto o nei capelli grazie alle loro discrete dimensioni. 

Si diffuse l’utilizzo di nei finti o del mouches, anche detto “tâche de beauté” una tipologia di trucco che rende la pelle più chiara mediante l’utilizzo di una base fatta di piombo bianco, albume d’uovo e una varietà di altre sostanze. Questo era ricoperto di polvere bianca (tipicamente patata o polvere di riso), e rossa. All’inizio si credeva che tutti questi accorgimenti nel trucco fossero dovuti alla voglia di celare tutte l imperfezioni dovute al vaiolo ma successivamente divenne un vero e proprio linguaggio dove un cerotto vicino alla bocca indicava civetteria, uno sulla guancia destra indicava il matrimonio, uno sulla guancia sinistra il fidanzamento mentre uno all’angolo dell’occhio indicava un’amante. 

 

di Stefania Capuano