Durante il lockdown, ha spopolato tra gli adolescenti la serie Netflix “Chiamatemi Anna”, ispirata ai libri della scrittrice Lucy Montgomery.
La serie descrive le avventure e le nuove esperienze della giovane orfana Anna che, dopo aver avuto un’infanzia difficile e piena di ostacoli, viene mandata per equivoco a vivere ad Avonlea nella fattoria di Green Gables insieme agli anziani fratelli Marilla e Matthew Cuthbert. Dopo l’iniziale perplessità dei due fratelli che volevano adottare un ragazzo maschio che li aiutasse con il lavoro, provano a conoscere meglio la ragazzina e Anna cambia radicalmente le loro vite. Non avevo mai sentito parlare di questa serie, non avevo mai visto il cartone “Anna dai capelli rossi” , ne ho letto i libri, e all’inizio credevo si trattasse della solita mediocre serie Netflix . Iniziai a guardarla solo perché andava di moda, ma con il tempo mi è piaciuta a tal punto da rivederla più volte, tanto da imparare le battute a memoria.
Mi ha colpito molto per la sceneggiatura che, personalmente, ho trovato molto adeguata al contesto storico, per la storia, che racconta il percorso di maturazione di Anna che quando arriva a Green Gables è ancora una bambina e alla fine della storia è ormai una donna, ma soprattutto perché affronta tematiche estremamente attuali, come l’amicizia. Infatti, nel corso della storia, si crea un fortissimo legame tra Anna e Diana, come l’identità sessuale, attraverso il personaggio di Cole che scopre la sua identità sessuale con l’aiuto di Josephine Barry, zia di Diana, che ha vissuto una bellissima storia d’amore con la sua migliore amica. Un altro tema ben affrontato nella serie é quello del razzismo, trattato tramite il personaggio di Bash, un ragazzo di colore che Gilbert incontra durante i mesi trascorsi a lavorare su una nave a Trinidad e che, una volta diventati amici, porta con sè ad Avonlea. Viene affrontato anche il tema della ricerca dell’amore attraverso il rapporto tra Anna e Gilbert, un compagno di classe con cui la protagonista entra prima in competizione, ma con cui poi matura una relazione amorosa importante.
La viralitá è la diffusione in modo esponenziale di un qualcosa sul web. Dalla diffusione dei social network questo fenomeno è diventato sempre più comune ed ha un potere enorme sulle persone che ormai non hanno più un proprio pensiero ma fanno qualcosa, indossano qualcosa oppure dicono qualcosa solamente perché va di moda. Io credo che seguire le mode sia una cosa normale, in particolare tra i ragazzini. Si inizia a seguire le mode per via dell’insicurezza che si crea per il bisogno di piacere agli altri e di avere la loro approvazione. Di solito, le persone che non si vestono in un certo modo, non fanno certe cose, insomma non seguono la moda del momento, tendono ad essere emarginate dalle altre, poiché gli altri si sentono minacciati dalla loro sicurezza interiore che gli permette di non seguire le mode. Sono la prima a seguire le tendenze, ad esempio comprando scarpe che indossano tutti o sentendo una determinata canzone, ma credo anche che seguirle, in certi casi, possa essere veramente deleterio, perché siamo altamente condizionati da questi fenomeni, anche se implicitamente, e addirittura molti arrivano a fare anche del male a loro stessi per essere accettati dalla società. Per esempio, se è una persona è in sovrappeso e quindi non rappresenta i canoni di bellezza della società, viene bullizzata, nella maggior parte dei casi questo porta danni psicologici molto profondi che si trasformano di conseguenza in disturbi alimentari, come l’anoressia. Ritengo che sia possibile mantenere la propria autonomia di scelta di fronte a questi fenomeni, basta un po’ di intelligenza e di apertura mentale, e soprattutto spero che la gente impari a farlo in modo da creare una società migliore e con meno pregiudizi.
Daria Rondino, III A