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“Fino all’osso”, accettarsi oltre i dettami della società

Ai giorni d’oggi notiamo che nell’aria ci sia qualcosa di diverso, qualcosa che fa guardare il mondo con uno sguardo diverso , limiti diversi ed altrettanto la vita che spesso si fa condizionare da questi.
Noi ragazzi siamo vittime di questa viralitá in tutti i sensi, siamo persone ancora troppo piccole per pensare a ciò che ci crea questo “fenomeno”, i disagi mentali e a volte quasi nel 50% disagi fisici che il nostro corpo ci impone con una specie di limite che nel tempo diventa invalicabile poiché sfocia in un disturbo.

Da adolescenti non siamo in grado di gestire i nostri “pareri”, le nostre” idee” soprattutto perché ci ritroviamo quasi “governati” dagli schemi e dalle imitazioni poiché seguiamo nella maggior parte dei casi la massa.

Un tema ricorrente sono le serie tv protagoniste delle televisioni di tutte le case con dei ragazzi, certe sono innocue mentre altre pongono degli insegnamenti sbagliati che viste dall’occhio di un ragazzo sono un esempio da seguire ed è per questo che si sfocia nel discorso di quanto detto nella trama.

Un film conosciuto da molti adolescenti che tratta questo tema è  “Fino all’osso” o meglio conosciuto come “To the bone”,  presente su Netflix e visto da un pubblico molto ampio. Tratta di una ragazza che per volere dei suoi genitori entra in una clinica per curare la sua anoressia nervosa. Come in un documentario, la protagonista parla delle sue giornate e di quanto sia segnata da quello che vede nella clinica, facendo entrare lo spettatore nel vivo dei tempi in cui viviamo, quanto possa essere cattiva la realtà, quanto sia crudele il body shaming e quanto ci distrugga fino “all’osso”.

Tutto questo oltre ad essere “VIRALE” nei programmi televisivi lo è anche nei social network dominati stavolta letteralmente da tutti i giovani che ne fanno un uso inappropriato.

Di questi invece sono protagonisti i famosi “influencer virali” che talvolta hanno una maschera per nascondere i loro ideali solo per piacere a milioni di persone che li seguono. I dibattiti che aprono con i loro follower, talvolta,  degenerano in problemi psicosociali, a volte legati ai DCA, in  un disperato tentativo di emulare un’ideale di perfezione, difficile da raggiungere.

Chiara Iurilli, III A