Decameron: alla ricerca di una nuova società

Nell’Introduzione alla prima giornata del Decameron, all’interno della cornice narrativa, dopo aver ipotizzato le cause dell’epidemia, Boccaccio inizia a descrivere in maniera dettagliata i primi segni della pestilenza: Nessun medico appare in grado di curare la malattia, da una parte per la novità dei sintomi, e dall’altra per l’ignoranza di molti uomini che si spacciano per dottori e scienziati. Ma, più che il propagarsi del morbo, ciò che colpisce l’osservatore è la dissoluzione di ogni forma di società o di rapporto civile, c’è chi si ritira in una vita sola o chi invece si abbandona ai propri paiceri, ma con il diffondersi del contagio, vengono meno tutti i principi d’affetto o di sangue. La compassione e la pietà verso gli appestati vengono ignorate e dimenticate, i malati sono abbandonati in casa dai loro stessi parenti, i poveri muoiono in strada senza aiuto alcuno, molti abitanti di Firenze fuggono nelle campagne per evitare il contagio, i servi si approfittano dei padroni ammalati per derubarli e si assiste pure a funerali solitari e a sepolture in fosse comuni.

Così, di fronte a questo e al dissesto del sistema socio-economico stravolto dalla peste, non resta che provare a ripristinare i valori dell’equilibrio e della razionalità, secondo una scelta ben riassunta dalle prime parole di Pampinea al resto della brigata. Da questo momento, parte il Decameron vero e proprio, con il suo progetto di ricostruire una nuova società, esemplificata dalla serena convivenza dei dieci giovani nella corte di campagna.

Alessandro Amabile, III C