Intervista alla referente delle Olimpiadi della lettura

In occasione delle Olimpiadi della lettura di quest’anno, abbiamo avuto la possibilità di fare qualche domanda alla professoressa Alessandra Del Borrello in merito a quest’importante iniziativa dedicata ai ragazzi. 

Dov’è nata l’idea di questa iniziativa? 

L’idea è nata a San Salvo grazie ad una mia collega che propose un progetto molto interessante che prevedeva una gara su alcuni libri letti, una gara che veniva a coniugare l’aspetto della conoscenza, dell’analisi dei libri e anche l’aspetto motorio. Quando sono stata trasferita in questa scuola ho ripreso questa idea e poi l’ho riproposta nel Dipartimento di Lettere. L’abbiamo ovviamente rivisitata in modo estremamente originale, abbiamo cambiato diversi elementi e l’abbiamo resa così come l’avete vista oggi. 

Secondo lei questa attività quali opportunità offre ai ragazzi?  

Molteplici opportunità. La sfida del Dipartimento di lettere è quella di trasformare metaforicamente il libro da “un mattone”, nell’immaginario dello studente, così come diceva Pennac nel suo famoso saggio “Come un romanzo”, ad una nuvola, a qualcosa di molto più leggero in grado di far volare con la fantasia. Il libro deve diventare un oggetto di piacere, non deve incatenare e deve essere assolutamente distanziato da quella che è la didattica d’aula tradizionale; l’aspetto ludico serve proprio a questo, a dare un approccio motivazionale alla lettura. Un’altra opportunità è la coesione che si crea nel gruppo: non ci sono solo i migliori a gareggiare, ma tutta la squadra, dunque gli studenti sanno che ciascuno ha una propria responsabilità che ricade sul gruppo classe e questo li rende più maturi ed insegna a fidarsi gli uni degli altri. È un progetto molto faticoso per noi docenti, ma continuiamo a portarlo avanti perché porta i suoi frutti. I libri devono essere letti, analizzati dal punto di vista critico, contenutistico, riflessivo, emozionale; sono uno scrigno da cui emergono quelle che sono le emozioni dei personaggi, quindi si creano delle forme di empatia, di distanza o di presa di distacco dei ragazzi. Insomma loro veramente vivono all’interno delle storie, lavorano faticosamente e poi, alla fine, il gioco conclusivo diventa estremamente motivante. 

Lei ritiene molto importante la lettura per i giovani. Quali sono i benefici che può apportare? 

La lettura è estremamente importante, è funzionale a diverse competenze che non sono solo scolastiche, ma sono poi per la vita. La capacità, per esempio, di memorizzare: la memoria del dettaglio a volte è necessaria, quindi gli studenti non devono soltanto ricordare la storia nel suo complesso, ma anche gli elementi più marginali; le domande sono poste in modo da ottenere risposte oggettive, anche su alcuni dettagli dell’intreccio. Poi un altro aspetto fondamentale è il fatto che la lettura li aiuta a vivere, li sostiene, perché loro riescono in qualche modo a capire quali sono le loro emozioni, riescono a decodificarle insieme ai personaggi e quindi vivono gli intrecci della loro storia. Dal punto di vista linguistico, la lettura è fondamentale perché loro riescono progressivamente, senza accorgersene, a introiettare tutti gli elementi narrativi, specie il lessico, che è solitamente più alto e ricco di quello che loro utilizzano nel quotidiano. Collegata alla lettura c’è anche una ricerca delle parole che sono desuete, meno utilizzate dagli adolescenti; poi c’è anche la struttura sintattica funzionale ad ordinare i loro pensieri: strutture e pensieri si acquisiscono senza che loro se ne accorgano. Quindi all’improvviso, dopo essere diventati dei lettori, riescono ad acquisire un eloquio molto più fluido, chiaro, pensieri più complessi e non sanno neanche loro come questo obiettivo sia stato raggiunto.  

Lei ha detto che come insegnante è un progetto faticoso da portare avanti ma che comunque porta i suoi frutti. Quali sono le soddisfazioni che, in particolar modo, da insegnante si vedono con questo progetto? 

Tutti gli anni siamo fiaccati alla fine del progetto, perché c’è un grande lavoro proprio per creare questa atmosfera giocosa della gara, estrazioni, fogliettini… Sono loro, sono i loro occhi, il loro desiderio di vincere, ma soprattutto di fare bene, di dimostrare che hanno lavorato e che sanno raccogliere i frutti del lavoro svolto a spronare noi docenti nel lavoro oneroso che il progetto comporta; il fatto di vederli così coesi (soprattutto una prima) quando, in generale, all’inizio dell’anno, sembrano tante monadi, tutti separati, tutti nel loro bozzolo è per noi docenti molto gratificante. Poi li vedi sbocciare, li osservi mentre si aiutano, si danno la pacca sulla spalla se qualcuno ha sbagliato, imparano a fidarsi gli uni degli altri, si abbracciano, gioiscono insieme, magari si rimbrottano anche qualcosa che non è andato come doveva, insomma sono diventati gruppo e quello è, diciamo, un obiettivo di grande importanza per la scuola. 

Su cosa si basa la scelta dei libri, in particolar modo quest’anno? 

Rispetto alle edizioni precedenti questa edizione è stata impostata in modo diverso. Il principio è stato quello di semplificare un po’ il percorso di lettura, perché i ragazzi venivano dagli anni Covid, anni di interruzione della frequenza scolastica, e abbiamo visto che avevano difficoltà di decodifica dei testi, quindi abbiamo abbassato il livello e scelto dei romanzi che fossero molto vicini alle loro problematiche adolescenziali, giovanili. Abbiamo scelto “Eppure cadiamo felici” di Galiano, di cui si è tanto parlato e che è piaciuto molto ma che ha un linguaggio molto semplice, alla loro portata; poi il libro dell’anno, “L’Arminuta” di Donatella Di Pietrantonio, di cui abbiamo anche avuto la protagonista nel nostro territorio, nel nostro comune, è stato quindi importante che loro leggessero la storia su cui si è fatta tanta pubblicità e ovviamente è anche un romanzo importante poiché vincitore del premio Campiello; e, infine, l’ultimo (ogni professore che partecipa al progetto propone un libro), “Le balene mangiano da sole”, un libro di Pellecchia che io non conoscevo, che è interessante perché mette al centro la figura del rider con tutte le problematiche sociali legate a questo lavoro, ma affrontate con grande leggerezza. Tre versioni in cui i protagonisti sono sempre adolescenti, giovani. Questo progetto è stato inoltre patrocinato dalla cartolibreria Universal con un buono regalo di duecento euro per la classe vincitrice da spendere o in libri o altro materiale scolastico.  Alla fine però posso garantire che i ragazzi vogliono vincere sì per il premio, ma soprattutto per la gloria. 

 I libri “dilatano” le nostre vite: ci aprono all’altro; ci aiutano a pensare e a educare le nostre emozioni, ci portano ovunque, non ci lasciano mai soli. 

 

Stefania Capuano