Fedra: l’eterno inganno dell’amore e del dolore

di Maia Fornaroli, Benedetta Lorenzon, Elisa Schena, 2 D

«Del resto questo è il teatro di Seneca: empietà, orrore, nefas, per lui la natura e l’umana società esistono solo quando sono sconvolte. Nelle tragedie senecane la purezza, quando c’è, è lì solo per essere insozzata». Queste sono le parole di Manuel Giliberti, regista da sempre legato ai testi e ai temi della classicità greca e latina, che ha portato in scena al teatro Duse di Genova, Fedra, una dei più foschi drammi di Seneca.

                                                       

Protagonista di questa tragedia è proprio Fedra, espressione dell’amore irrazionale che, secondo Seneca, porta alla distruzione. La donna, infatti, si innamora perdutamente di Ippolito, figlio di primo letto di suo marito, Teseo. Viola Graziosi, nelle vesti di Fedra, riesce a esprimere a pieno il tormento interiore della donna. Quest’angoscia trapela attraverso i lunghi ed articolati monologhi che, grazie all’abilità dell’attrice, riescono a far commuovere tutti gli spettatori.

     

Al sentimento indomabile di Fedra, si contrappone la razionalità della nutrice interpretata da Debora Lentini. Questa, dando vita alle emozioni che si celano dietro alle parole, prova a salvare Fedra dalla passione nefasta che la rende schiava, implorandola di rimanere fedele al marito che presto sarebbe tornato dalla sua impresa negli Inferi.

 

Neanche la ragione riesce a fermare il mostro che ormai si è impadronito di Fedra. Quest’ultima dichiara il suo amore a colui che le causa tormento, Ippolito (Riccardo Livermore) che si oppone con risoluzione a questo desiderio incestuoso. Egli è un uomo fortemente misogino, ritiene le donne causa di tutti i mali, come Elena, per la quale è stato versato troppo sangue nella guerra di Troia.

                                             

Le luci inaspettatamente si spengono, il pubblico volta lo sguardo in cerca di risposte: ecco arrivare Teseo (Graziano Piazza) dal fondo della sala che, con gambe tremanti, torna dagli Inferi, suscitando stupore nei personaggi e negli spettatori.

Pur essendo desideroso di tornare a vivere serenamente si trova costretto a soffrire nuovamente, ancor più di quando era nell’Ade, a seguito di alcune rivelazioni da parte di Fedra. La donna si presenta al marito con un pugnale saldo nella mano sinistra, pronta a porre fine ai suoi tormenti. Fedra, mentendo a Teseo, dice che il suo dolore è causato da una violenza che ha subito da parte di Ippolito. Teseo, furioso invoca Poseidone, implorandolo di scagliare un fulmine contro il figlio indegno. Ricevuta la notizia della morte di Ippolito, Teseo si dispera dell’invocazione compiuta istintivamente, scoprendo che, in realtà, era stata Fedra ad aver desiderato l’amore d’Ippolito e ad aver inventato di essere stata vittima di violenza. Il pubblico già senza parole assiste assorto alla scena finale: Fedra, compie il gesto estremo e morente, si getta su colui che più l’ha resa desiderosa di amore e di morte, Ippolito, rappresentato da un telo rosso. Alla luce dei riflettori, Teseo chiede perdono e invoca la morte avvolgendosi il braccio con lo stesso telo rosso.

Gli occhi degli spettatori sono incollati sulla scena, tutti avvertono un vuoto. Quel vuoto che solo l’eterno inganno dell’amore e del dolore può far provare. La platea è rapita dalle emozioni che il teatro è in grado di regalare ai suoi spettatori; l’atmosfera ed il legame apparentemente indissolubile tra il pubblico e la storia, improvvisamente, si interrompono: sipario.