SONO GLI AUGUSTANI CHE FANNO AUGUSTA

Quanto lucido e amaro disincanto nelle parole del giovane Raimondo Di Franco, alunno della IV QL del Liceo Scientifico delle Scienze Applicate Quadriennale, del II Istituto di Istruzione Superiore “A. Ruiz” di Augusta. Un invito alle generazioni adulte a mettere da parte presunzione e carica polemica e ad essere più propositive e trainanti verso i giovani.

 

Nel 1232 Federico II di Svevia approdò nel nostro territorio  e, innamoratosene, decise di edificare un castello e di gettare le basi per quella che poi sarebbe diventata una prestigiosa città.  Augusta nel corso dei secoli acquistò sempre più valore, divenne territorio ambito da spagnoli e francesi e chiunque passava “lasciava” qualcosa di suo nel territorio. Divenne sede di imponenti chiese, monumenti, piazze e strade caratteristiche. Durante il Novecento Augusta divenne un’importante zona portuaria, nella quale  la Marina militare investì, costruendo l’Hangar per i dirigibili, un idroscalo e rafforzando il porto già esistente. Ma l’economia di Augusta crebbe in una maniera esponenziale con lo sviluppo dell’attività petrolchimica che, tramite la nascente industria, diede migliaia di posti lavoro, facendola diventare una forte potenza economica non solo a livello statale, ma anche europeo.

Erano gli “anni d’oro” di Augusta, quelli di cui ci raccontano i nonni con aria nostalgica, in cui si stava bene,  gli anni in cui si viveva una città culturalmente attiva, colma di stranieri, con cinema, piazze piene, negozi e grossi mercati; una città che insomma offriva a chi la viveva tutto ciò di cui necessitava senza nulla da invidiare alle altre grandi città. Eppure sin da piccolo mi chiedevo come una città, così bella e vissuta in passato,  potesse essere diventata così morta e fatiscente nel presente. Non ci sono colpe precise, sarebbe bello poter puntare il dito contro le vecchie amministrazioni, contro i mafiosi o contro qualsiasi altra lontana e grande macchina statale e non,  ma prima di farlo sarebbe opportuno guardarsi allo specchio e puntare il dito contro la persona che abbiamo davanti. Già, perché la rovina di questa città sta nel fatto che noi augustani abbiamo imparato ad accettare passivamente la sua lenta e inevitabile decadenza. Noi giovani siamo sempre stati abituati a questa visione della città, abbiamo sempre visto i siti archeologici chiusi, il Kursaal abbandonato, la villa pericolante, la città deserta e i negozi vuoti, perché tutto questo dovrebbe farci scandalizzare se abbiamo sempre familiarizzato con questa visione della città?

Abbiamo sempre sentito dire che ad Augusta non funziona niente, che le acque sono inquinate e che per trovare qualcosa di buono e divertente bisogna uscire dal nostro paesino. Siamo sempre stati abituati a delle persone adulte indifferenti di fronte al futuro e alle necessità di questa città, le stesse che adesso vorrebbero che noi giovani la rialzassimo. Ma perché dovremmo farlo? Perché dovremmo investire il nostro tempo, i nostri soldi e il nostro futuro su un qualcosa destinato a morire? Perché dovrei essere legato a un luogo che, fin da quando sono nato, non è riuscito a offrirmi niente? Per andare al cinema sono costretto ad andare a Siracusa, per passare un bel sabato sera, invece, ad andare a Catania e persino per comprare dei vestiti sono costretto a cercare altrove; per non parlare del fatto che il 90% dei maturandi è obbligato ad abbandonare la propria casa pur di proseguire con gli studi.

Perciò perché dovrei investire in una città nella quale non sto bene?

Sicuramente c’è bisogno di smuovere le cose e il modo giusto per farlo credo sia investire in posti che educhino noi ragazzi alla cultura, come teatri, cinema, stadi, palazzetti e luoghi di ritrovo che possano incentivarci nell’impegno attivo per questa città. Solo successivamente puntare  a uno sviluppo del settore turistico ed economico. Augusta potrebbe rinascere dalle proprie ceneri, ma per farlo è necessario incentivare le generazioni future e abbattere, invece, quelle generazioni obsolete, non aperte  al cambiamento  e  “attive” solo nel momento in sui si deve criticare. Fare piani sul futuro è facile, ognuno di noi può immaginarsi il Castello Svevo riaperto, il sito archeologico di Megara  Hyblaea  ripristinato, le spiagge colme di persone, un porto turistico a pieno regime, una villa comunale ristrutturata e l’Hangar aperto al pubblico.

Durante uno degli incontri si parlava di uno sviluppo economico di tipo sostenibile, quindi di un’economia basata sul turismo, sul porticciolo  e in generale sul settore terziario; la cosa un po’ mi ha fatto ridere, perché è stata la dimostrazione del fatto che noi augustani siamo abilissimi nel sabotarci … al primo punto della lista dei cambiamenti da applicare per raggiungere un futuro “roseo” c’era quello di far chiudere le industrie, le stesse che mantengono centinaia di famiglie e che tengono ancora a galla un’economia pronta a toccare il fondo, le stesse che ancora incentivano qualcuno ad investire su questo territorio. Solo che, come sempre, è più facile addossare le colpe a qualcuno o a qualcosa piuttosto che cercare delle possibilità alternative e assumersi le proprie responsabilità.

Augusta è bella, è una miniera d’oro, ci offre panorami stupendi, monumenti e chiese invidiabili e un’industria ben più che efficiente,  eppure siamo capaci di lamentarci, nessuno ha il coraggio di scendere in campo e rischiare, investire e cercare un futuro migliore. È più facile starsene seduti a criticare e puntare il dito contro qualcuno, piuttosto che mettersi in gioco. E allora noi giovani angustiati e poco motivati ce ne andiamo, scappiamo, abbandoniamo una terra apparentemente arida, che sembra far appassire qualsiasi fiore ci nasca sopra. Ma mi chiedo: “E’ la terra poco fertile e le piante che nascono malate o il contadino che la cura ad essere poco bravo?”

Mi dispiace, ma  sarei incoerente e poco credibile se dicessi di credere in un  futuro promettente per Augusta, perché altrimenti non deciderei di abbandonare la mia terra a settembre sentendomi quasi costretto. Ma, oggettivamente, guardandomi intorno non trovo motivo di restare, nulla che mi leghi qui se non i miei affetti familiari e nessuna prospettiva futura nel restare in questa città. Sono amareggiato e deluso dal comportamento degli adulti che restano indifferenti davanti a tanto fallimento e desolazione. Evidentemente a loro va bene questa condizione.

Auguro allora a queste generazioni già adulte, che credono con presunzione di avere tutte le soluzioni già pronte, di poter far del bene e di riuscire a dar spazio alle generazioni che verranno facendole innamorare, come fu per Federico II, di questa terra, perché con la mia purtroppo hanno già fallito.

Raimondo Di Franco IV QL