Io Capitano: il film che dà voce a chi non ce l’ha

di Maia Fornaroli, Benedetta Lorenzon, Elisa Schena 3D

Giovedì 5 ottobre 2023 al Circuito Cinema Genova Corallo il Liceo Classico Andrea D’Oria è stato ospite di un’iniziativa interessante e formativa. Molti giovani hanno avuto la possibilità di vedere il film “Io Capitano” e di incontrare al termine della messa in onda il regista Matteo Garrone, disponibile a rispondere alle domande che gli studenti hanno posto.

Il film tratta di un tema molto attuale e di uno dei più grandi problemi che caratterizzano la nostra epoca: l’immigrazione e l’assenza di canali legali e sicuri. L’autore racconta la storia di due sedicenni senegalesi, Seydou (interpretato da Seydou Sarr) e Moussa (interpretato da Moustapha Fall), che vogliono coronare a tutti i costi il loro sogno: studiare musica per diventare, un giorno, cantanti famosi e migliorare le condizioni di vita delle loro famiglie. Il film si concentra sul viaggio che compiono, mettendo in luce le loro speranze, ma soprattutto le atrocità in cui incorrono: le ore passate a camminare nel deserto, la tortura, la prigionia, la schiavitù e la sofferenza per l’annullamento della loro dignità.

Finito il film, piene di stupore e emozioni contrastanti, le persone in sala sono pronte ad ascoltare il punto di vista di chi ha realizzato tutto questo. Matteo Garrone inizia il suo discorso affermando che quella che tutti avevano appena visto è la storia di un’ingiustizia, perché l’unica colpa di questi due ragazzi, e degli immigrati in generale, è stata quella di voler vivere. Seydou e Moussa vivevano in una “povertà dignitosa”, come la definisce il regista, che però non ha impedito loro di aspirare ad avere una vita più stimolante e con maggiori opportunità in Europa. La stessa Europa che, vista attraverso i social, faceva loro promesse di benessere, felicità e inclusione, che nella realtà non avrebbe mantenuto. Per evidenziare il concetto della determinazione dei ragazzi, Garrone ha citato un episodio emblematico: durante le riprese della traversata del Sahara in fuoristrada, gli attori hanno riportato varie contusioni alla schiena a causa di una perdita di controllo del mezzo da parte del conducente. Nonostante ciò, alla domanda “Ve la sentireste di ripetere la scena?” tutti hanno risposto “Sì”, perché il desiderio di testimoniare la loro esperienza in veste di migranti era più forte dei rischi che potevano correre.



Il regista, infatti, spiega che tutti gli attori hanno preso parte nella realtà a un’odissea simile a quella narrata, da qui dichiara che “la forza del film è nell’autenticità della recitazione degli attori”. Molte volte i protagonisti, infatti, condizionati dal dolore risvegliato delle loro vere esperienze, hanno dato vita a scene fuori copione. Il pianto disperato di una madre, durante la traversata del Sahara, mentre veniva arrestata dalla Polizia Libica, così come l’abbraccio straziante di Seydou ad una donna morente, che gli ricordava la morte altrettanto dolorosa di suo padre.


L’autenticità del film, tuttavia, non sta solo negli attori, ma anche nella lingua adottata, il Wolof. Garrone dice che questa scelta coraggiosa e originale è stata dettata da una necessità di coerenza. L’utilizzo di questo idioma ha reso il film ancora più autentico e reale di quanto non lo fosse già. Aggiunge che il film, se doppiato, non avrebbe avuto lo stesso impatto.


In conclusione, Garrone si augura che questo film possa dare maggiore consapevolezza del viaggio che i migranti compiono ogni giorno sia al pubblico europeo sia a quello africano. Ha voluto anche mettere in luce il fatto che Seydou e Moussa non sono solo sopravvissuti, ma soprattutto eroi, i migliori esponenti dell’epica omerica nel mondo moderno. Il regista lascia i ragazzi con questa affermazione: “È il film che ha scelto me, non il contrario.”