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Grazie ragazzi: la pellicola di Albanese per una riflessione sul senso dell’attesa oggi

Lo scorso 16 febbraio le classi 3 A, 3 C, 4 C, 4D e 4E, hanno avuto l’occasione di partecipare al “Progetto Cinema” che ha previsto la visione del film Grazie ragazzi (di Riccardo Milani) e l’incontro con Don Francesco Labarile, cappellano del carcere di Campobasso. Il progetto del Dipartimento di lettere è stato organizzato dalle professoresse Mariella di Brigida e Alessandra Del Borrello ed è valso come momento formativo in ottica orientante.

Il film, che ha ottenuto 2 candidature e vinto un premio ai Nastri d’Argento, presenta un chiaro intento sociale raccontato con estrema ma efficace semplicità. 

Antonio Cerami, interpretato da Antonio Albanese, è un attore di teatro che non calca il palcoscenico da ormai anni. A causa della mancanza di offerte di lavoro è costretto ad accettare un insolito incarico proposto dall’amico Michele: tenere lezioni di teatro in un carcere vicino Roma con lo scopo di rappresentare alcune favole. 

Sarà proprio l’impegno e la fiducia nei detenuti coinvolti a convincere Antonio a intraprendere un progetto più grande: mettere in scena, presso il teatro di Michele, l’opera Aspettando Godot di Samuel Beckett. L’opera, meglio di ogni favola antica o moderna, pare adattarsi alla condizione dei detenuti, in perenne attesa di qualcosa, di un prodigio, un essere superiore che li redima da una condizione di emarginazione, di condanna e li abiliti ad un riscatto. Il riscatto ci sarà o meno, a seconda di come si voglia leggere il finale del film, quando finalmente si presenta loro l’occasione di andare in scena in uno teatri più importanti di Roma, il teatro Argentina. 

L’intento sociale è quindi quello di esaltare la recitazione come mezzo di salvezza per chiunque, carcerati ed emarginati, e di sottolineare il suo grande potere catartico. 

Lo stesso Albanese ha dichiarato: «Al di là del carcere, avvicinarsi alla cultura è fondamentale per chiunque, anche se oggi sembra che la cosa non interessi a nessuno. Questo è un film sull’importanza di parole che sfidano il tempo e ti riempiono di senso». 

Al termine della pellicola, consigliata caldamente a un pubblico di tutte le età, le parole del cappellano del carcere di Campobasso hanno intrattenuto gli studenti che, incuriositi, hanno posto le domande più disparate: dal ruolo della fede in carcere alla possibilità di trovare una situazione di pace nell’esperienza della prigione.  

Don Francesco, che come Antonio è un mentore per tanti ragazzi e uomini nella casa circondariale, ha riflettuto sul tema del perdono, dell’istruzione, del riscatto, della difficoltà di reinserimento in società al termine dell’esperienza di reclusione. 

Le scene del film e la presenza di Don Francesco hanno certamente fatto breccia nei cuori dei ragazzi che, tornati in classe, hanno riflettuto su temi come l’attesa o il ruolo dell’istruzione. 

L’esperienza, oltre che intensa, può definirsi anche utile al fine di consentire considerazioni riguardo alle future scelte di studio o di lavoro da parte degli studenti.  

                                                                                     Bianca Innocenti