Diario di un prigioniero – intro

L’assenza di colore colpisce come un’accecante luce negli occhi, abbacinante.
Il bianco e il nero si mescolano in una nuvola di disperazione che travolge, sconvolgendo il tempo e costringendolo a ripiegarsi su sé stesso.
Le sbarre di un carcere si stringono fino a soffocare, opprimenti ed estenuanti, non c’è più scampo: ormai si è schiavi di una prigionia mentale di paure e fallimenti dominata dal totale disprezzo per sé.
L’angoscia aumenta ogni secondo che passa fino a diventare insopportabile.
Sono questi i particolari che colpiscono chi si avvicina a vedere e ascoltare Prisoner 709, il concept album di Caparezza, uno dei suoi più belli.
Ogni brano è una febbrile voce nelle orecchie che fa da promemoria per l’essere a un passo dalla fine – il marcire all’interno di una prigione creata unicamente dalla propria mente.
L’unico modo per evadere è scavare all’interno della propria esistenza per riuscire a fare i conti con sé stessi: si tratta, dunque, di un processo di autoanalisi che porta il cantautore italiano Caparezza a mettersi in discussione e a domandarsi se può definirsi ancora un artista libero o se, ormai, è solamente prigioniero del ruolo; se la sua carriera è stata guidata dal destino o se, in fin dei conti, si tratta solo di un equivoco.

Generato dalla diagnosi di acufene, avuta nel giugno 2015, Prisoner 709 vuole essere il racconto (a chi ha il cuore giusto per ascoltare) della storia disperata di un uomo che, giorno dopo giorno, fa a cazzotti con la vita e lotta per assaporare di nuovo la libertà.
Questo, più che mai, è un diario intimo in cui, per la prima volta, prevale il forte ’“io” dell’autore. Si tratta di un racconto sviluppato in 16 capitoli, ciascuno incentrato sul dissidio tra una decisione e l’altra: il numero ‘709’, di fatti, non è casuale, poiché lo ‘0’ può essere letto anche come una ‘o’ e indicare, dunque, una scelta tra una parola di 7 lettere e una di 9; e magari, perché no, anche la stessa scelta tra “Michele”, l’uomo, e “Caparezza”, il personaggio.
Il cantautore pugliese torna a stupirci quando nessuno credeva ci sarebbe riuscito, dopo il capolavoro di arte e musica che era stato Museica.
E per farlo si avvale di tutto sé stesso, dando vita ad un album denso di significati.
Lasciamoci trasportare, allora, dalle note, ora lievi ora tormentate, che provengono da dietro le sbarre, in un percorso tortuoso attraverso il quale, brano dopo brano, riusciremo (forse) a ritrovare la redenzione, il disco luminoso alla fine del tunnel.

 

Alessandra Masciantonio