Come Icaro, che tese il volto a
ciò che bruciava la sua libertà;
Io tendo le mani ad un abisso,
mare di spontanee insicurezze.
Stia il mio sguardo, rivolto a
colui ch’ammiro perfetto, donando
al mio animo soltanto angosce?
Oh sentimento, che malore rechi…
Non ha colpe, colui che dal misero
giardino fugge, volgendogli uno
sguardo disprezzante; senza entrare.
Annusane almeno i fiori;
miserevoli esiti d’un giardino,
che osa volgersi al lontano sole.
Mario Varacalli – 2B – Liceo classico – “G. Carducci” – Comiso (Rg)