Intervista ad Omero

B. F.: Buongiorno Maestro, sono Benedetta Falivene, una giovane aspirante scrittrice che ha avuto la possibilità  di studiare ed analizzare le sue opere. Avrei intenzione di farle qualche domanda, ma prima di cominciare le chiedo di presentarsi, poiché molti dati sulla sua biografia sono ancora incerti.

O.: Mi rammarico che ci sia ancora qualcuno che non conosca il mio nome; tuttavia mi vedo costretto a presentarmi. Il mio nome è Omero e sono uno dei poeti più celebri ed illustri della letteratura greca.

B. F.: Come ho già detto, gli storici, non possiedono dati certi riguardo la sua biografia: per esempio riguardo il luogo in cui è nato, oppure addirittura il suo stesso nome. Saprebbe darmi qualche informazione più precisa?

O.: Deve sapere che, dopo essere diventato famoso, molte città cercarono di contendersi la paternità delle mie origini: Argo, Salamina, perfino Smirne e Chio. Tuttavia mi rende orgoglioso e mi rallegra che gli abitanti di interi paesi, siano così interessati alla mia vita ed alle mie opere. Per quanto riguarda il mio nome, so che circolano molte voci riguardo al fatto che ho usato “un nome d’arte”, e perfino sul fatto che fossi cieco. La cecità, ai miei tempi, era considerata caratteristica peculiare degli indovini, simbolo di saggezza. Quindi, come per la questione dei natali, sono grato e lieto che il mio pubblico riveda in me non un cieco, ma un autore capace di vedere oltre; penso che a nessun autore sia stato dato questo privilegio. Ritengo quindi che sia uno di quei rari casi in cui essere ciechi sia un vanto; chissà se nella vostra cultura è lo stesso…

B. F.: Vorrei farle qualche domanda riguardo le sue opere: esse sono talmente diverse per tematiche, eppure sono collegate fra loro strettamente. Cosa rappresentano per lei, quale valore attribuisce loro?

O.: L’Iliade è erroneamente considerato come un semplice poema di guerra, un poema di iracondia. È una vicenda che rispecchia ciò che contraddistingue la società greca del tempo. Non è semplicemente un poema di battaglie, è una storia di amore, di destino, di religiosità, di eroismo. Ritengo che sia una vera e propria enciclopedia dell’età micenea, dei valori sociali dell’epoca, che offrono un ritratto quasi perfetto, direi, del vivere al tempo degli eroi. L’Odissea invece è l’opera a cui forse tengo di più sentimentalmente e moralmente, poiché è un poema completamente diverso sotto vari sospetti. È una storia di un viaggio particolare, poiché non si tratta solo di un viaggio all’insegna della sete di conoscenza, ma soprattutto di un viaggio interiore, alla scoperta di se stessi. Il mio caro Odisseo affronterà una travagliata esperienza che lo cambierà radicalmente.

B. F.: Pensa che sia possibile in un’epoca moderna immedesimarsi nei personaggi della tradizione omerica?

O.: Personalmente ritengo e soprattutto spero, che oggigiorno il mondo non necessiti di altro sangue sui campi di battaglia. I valori del coraggio tipici degli eroi, non sono più i valori della società moderna, ma ritengo che quelli che si evincono dalla lettura dell’Odissea, siano adattabili all’uomo di ogni età: l’astuzia, la nostalgia della propria patria, l’intelligenza, la poliedricità caratteriale, l’amore e la fedeltà sono valori che ogni uomo dovrebbe possedere. L’Odissea è un poema di pura umanità, ed è per questo che ne consiglio la lettura.

B. F.: Ricollegandoci all’Iliade, quale importanza e considerazione hanno le figure femminili in questo poema?

O.: Noto che nell’epoca moderna, la donna è sicuramente più emancipata. Sfortunatamente tale privilegio non era concesso alle donne di allora. Dovendo rendere le mie opere non semplicemente delle storie mitiche, ma soprattutto dei manifesti del vivere quotidiano greco, mi sono dovuto adattare alla concezione radicata negli animi degli uomini del tempo, secondo i quali la donna era dedita alla famiglia e alla casa. La società maschile del tempio aveva una scarsa considerazione delle donne come membri della stessa, e questo è riscontrabile nel trattamento riservato alle sacerdotesse, soggette continuamente a violenze da parte degli eroi, così come ho descritto nell’Iliade. Tuttavia, se da un lato, nel poema, ho rappresentato la donna in una posiziona subordinata all’uomo, dall’altro ho cercato di evidenziare la mentalità ristretta degli uomini del tempo, mentalità sicuramente da condannare e combattere.

B. F.: Tuttavia nell’Odissea la figura femminile si riscatta…

O.: Assolutamente. Le donne dell’Odissea sono figure forti e sicuramente più indipendenti; sono tentatrici, intelligenti, astute, fedeli, innamorate, sono donne di spessore. Non voglio assolutamente sminuire la mia dolce Andromaca, o l’incompresa cognata Cassandra, dotate di forti doti morali. Prendiamo ad esempio, però, la figura di Penelope, l’astuta e fedele moglie di Odisseo, che nonostante lo scorrere degli anni, aspetta pazientemente il marito, procurandosi il rispetto di uomini meschini e prepotenti come i Proci. Ella non è semplicemente la consorte addolorata di Odisseo, ma è la sua compagna, la sua spalla, e nonostante non sia la protagonista della vicenda, ha un ruolo fondamentale nel poema, incarnando la prima forma di emancipazione femminile. Tutte le figure femminili di questo poema mi sono care, persino la Maga Circe, ma sicuramente a Penelope è riservato un posto speciale nel mio cuore.

B. F.: Vorrei adesso, se me lo consente, approfondire la questione del rapporto familiare. In entrambi i poemi ci si concentra, ovviamente in maniera diversa, sulla vita matrimoniale. Cosa sa dirmi riguardo questo argomento?

O.: La famiglia è uno dei valori alla base di entrambi i miei poemi, ma ho trattato tale tematica in chiave diversa a seconda dell’opera. Inoltre ho deciso di portare esempi di vita coniugale felice in ambedue le opere. Nell’Iliade l’esempio più lampante di matrimonio riuscito è quello tra l’eroico Troiano Ettore ed Andromaca. La coppia è unita da un rapporto di rispetto e grande amore reciproco; Andromaca vede in Ettore non solo un consorte, ma anche un fratello, un padre, non avendo più la sua famiglia di origine; da qui la sua disperazione nel momento in cui Ettore è in procinto di sfidare Achille. Ed è qui che ho esaltato non solo la tenerezza, ma soprattutto il sentimento che li unisce. Nell’Odissea invece, il matrimonio esemplare è quello tra Odisseo e Penelope, basato sulla fedeltà e sopratutto sull’intesa che lega i due coniugi e che fa si che essi si ritrovino dopo vent’anni, nonostante le tantissime avversità.

B. F.: Riguardo ancora la sfera familiare, in che modo ha affrontato il rapporto genitori-figli?

O.: Anche quello è sicuramente un rapporto delicato, soprattutto in poemi che hanno come protagonisti eroi che combattono lunghe e sanguinose guerre. Nelle miei opere ho cercato il più possibile di far emergere la reale condizione dei figli nell’antica Grecia, quasi sempre orfani oppure con padri impegnati in interminabili battaglie . È il caso di Telemaco, figlio di Odisseo, che compierà un lunghissimo viaggio alla ricerca del padre perduto. È un rapporto poco affiatato a causa della partenza di Odisseo poco dopo la nascita del figlio; nonostante ciò Telemaco vede nel padre lontano un esempio a cui ispirarsi, una figura a cui un giorno poter chiedere consigli e indicazioni; rivendica quindi la figura del genitore come educatore mancato. Diverso, ma ugualmente singolare è il rapporto tra Ettore e Priamo. Il re di Troia, nonostante rappresenti una figura autoritaria essendo sovrano di un popolo, ha una profonda ammirazione nei confronti del figlio Ettore, al quale non solo affida il futuro regno, ma anche la sorte della sua famiglia e di tutto il popolo durante la guerra contro gli Achei.

B. F.: Vorrei toccare un tasto dolente della storia della sua biografia: l’annosa “questione omerica”. Nei tempi moderni, gli storici hanno formulato varie ipotesi riguardanti la veridicità dell’attribuzione dei poemi a Lei, sommo Maestro. Si pensa infatti che, a causa delle incongruenze linguistiche e contenutistiche delle opere, i poemi potrebbero essere stati frutto di un assemblaggio di parti. Ciò porterebbe alla conclusione per cui l’Odissea, non sia frutto del suo ingegno, ma di qualche altro poeta. Come risponde a tali accuse?

O.: Ritengo ridicola la convinzione degli storici moderni di essere stati ingannati. Tuttavia riconosco la presenza di varie incongruenze che possono provocare confusione. Mi difendo sottolineando che, nell’antica Grecia, i poemi venivano trasmessi oralmente grazie al meticoloso lavoro degli aedi, che spesso inserivano anche dei particolari non presenti nel testo originale. Inoltre anche la traduzione che è stata fatta delle mie opere potrebbe essere sbagliata, poiché nel frattempo la lingua greca si è evoluta. In conclusione mi ritengo l’unico autore dei poemi mitici e spero che possa credermi.

B. F.: Maestro, sappia che non ho mai avuto alcun dubbio. La ringrazio per avermi concesso il suo tempo.

O.: Grazie a lei per avermi dato ancora la possibilità di raccontare della mia vita e del mio lavoro.

 

Benedetta Falivene III C