Mafia, abbattere il muro di omertà

Il fenomeno della mafia ha le sue radici proprio in Sicilia, quando nell’Ottocento dilagò nella società contadina, favorita dall’omertà e dalla carenza dei pubblici poteri. Col passare del tempo è riuscita a infiltrarsi nei vari settori socio-economici e a corrompere i forti poteri dello Stato.

Per la prima volta, il fenomeno della mafia, nel settore degli appalti pubblici, fa ottenere alle ditte che accettano protezione, le informazioni necessarie per concorrere e vincere le gare relative agli appalti delle opere pubbliche. Successivamente è divenuta, ancor di più, una vera e propria associazione criminale organizzata, che è riuscita ad infiltrarsi in tutti i settori riguardanti la società, l’economia e la politica secondo un proprio codice di onore e omertà. Chi si sottrae a questi viene messo a tacere con la violenza.  Molte sono state le rivelazioni attraverso narrazioni letterarie, cinematografiche che hanno denunciato e hanno fatto conoscere organizzazioni criminali mafiose, rapporti di potere, soprusi e ingiustizie all’interno della società.  I film dedicati alla memoria dei due grandi “magistrati dell’antimafia” Falcone e Borsellino sono la testimonianza di come la mafia si impose ai poteri dello stato e come la stessa ammazzò chiunque cercava di abbattere il muro dell’omertà. Per combattere le associazioni mafiose non bastava e non basta l’onestà del singolo soggetto, del forte e coraggioso senso di giustizia come quella di Falcone e Borsellino, ma era ed è necessario il sostegno e la presenza continua dello Stato affinché la cultura della legalità abbia il sopravvento su quella della illegalità per evitare che dove lo Stato sia assente, la mafia con il suo potere diventi essa stessa Stato. Occorre ed è necessario educare alla cultura della legalità affinché possano prevalere comportamenti onesti e legali della collettività contro comportamenti illegali ed omertosi. Dopo la perdita di tanti uomini dello Stato, lo Stato ha iniziato a combattere con più serietà le varie associazioni criminali che nel paese si erano costituite, iniziando a colpire gli apici di tali organizzazioni, con arresti dei principali esponenti, che sebbene immediatamente sostituiti, certo era che non rappresentavano la figura carismatica del vecchio capo clan. Altro effetto che ha prodotto la decapitazione di molte associazioni criminali è stato quello del pentitismo, dove importanti esponenti criminali, noti o meno, collaborando con la magistratura e quindi con lo Stato, ha portato alla conoscenza degli intrighi loschi ed affaristi che negli anni si erano creati fra le associazioni stesse con le postazioni di potere, postazioni queste in ogni singolo settore della vita quotidiana, determinando come  prevedibile effetto lo sgretolamento di tanti meccanismi delinquenziali. Restano ad oggi, se ben ridotti di misura, micro/macro entità che hanno spostato gli interessi da quelli che erano in origine: traffico di droga, armi, estorsioni, ecc. ecc., dedicandosi allo smaltimento illegale di rifiuti pericolosi ed alla gestione di molti appalti pubblici nelle pubbliche amministrazioni. Strada ancora ce n’è da fare, perché la manodopera delle mafie è ancora tanta, non avendo molte persone di queste schiere, un lavoro che possa colmare le proprie esigenze esistenziali, salvo, ovviamente, chi l’illiceità ce l’ha nel DNA. Ogni Stato ha l’onere di proteggere e tutelare il proprio popolo con ogni mezzo ed a qualunque costo,”costi quel che costi”!Troppo, ma troppo sangue, di valorosi uomini è stato versato in questi ultimi decenni, per non rendere sprecato anche questo, lo Stato deve continuare incessantemente e senza tregua con azioni mirate e dure per debellare in modo definitivo ogni forma di associazionismo delinquenziale, tenendo indenne il proprio popolo, mentre quest’ultimo col capo alto, e non più chino, non dovrà mai scendere a compromesso per nessuna cosa al mondo con tali associazioni, ma dovrà opporsi e denunciare ogni, eventuale, illecita azione e/o proposta! Solo così si potrebbe iniziare a vivere “liberi”.

Mariele Favale, ‘E. Fermi’, Policoro (Matera)