Il fallimento dell’Alternanza Scuola Lavoro

Nel 2003 il secondo governo Berlusconi ha introdotto, in seguito all’approvazione della riforma sull’alternanza scuola lavoro, la possibilità facoltativa per gli studenti delle scuole tecniche di intraprendere un percorso professionale, inerente all’indirizzo di studio, presso aziende, associazioni e/o altre enti lavorative. Fin da subito la riforma è stata molto criticata, aprendo un dibattito sulla possibile utilità di tale innovazione.

Nel 2015 viene varata la legge 107 con il nome di “Buona Scuola” dal governo Renzi. Quest’ultima viene proposta come risposta all’alta dispersione scolastica, ed estende l’opportunità di intraprendere il percorso di alternanza scuola lavoro anche ai licei. La Buona Scuola, tuttavia, elimina la possibilità di scelta di aderire o meno al progetto, rendendolo obbligatorio, e aumenta il numero di ore da svolgere: rispettivamente 400 per gli istituti e 200 per i licei. La riforma prometteva di essere un’esperienza educativa finalizzata ad offrire agli studenti occasioni formative di alto e qualificato profilo, prefiggendosi i seguenti obiettivi: arricchire la formazione, sviluppare la capacità di scelta, offrire l’opportunità di crescita personale, promuovere il senso di responsabilità ed accrescere l’autostima dei ragazzi. Tutto questo fino ad oggi è stato rispettato solo in parte. Infatti, nonostante le numerose esperienze positive, sembrano essere molti i casi in cui ditte e società varie, ma più in particolare le grandi aziende, abbiano approfittato della situazione per ottenere manodopera gratuita approfittando degli studenti. Singolare è il caso di una studentessa del liceo delle Scienze Umane Duca D’Aosta di Padova. A lei è stato affidato un bambino problematico senza avere alcuna competenza per svolgere un lavoro che richiede una laurea. La tutor che doveva seguirla si assenta per malattia, affidandole anche un’altra bambina. La ragazza chiede aiuto, ma nessuno l’ascolta. L’epilogo ha del grottesco: i bambini come biglietto di addio le hanno regalato un foglio con disegnata una tomba e scritte le uniche parolacce di loro conoscenza. O anche la vicenda degli studenti del liceo scientifico Newton di Roma, che hanno lavorato in un call center, con l’obiettivo di procacciare liberi professionisti per un nuovo portale web di proprietà al 49% del loro insegnante. La preside dell’istituto, in seguito alla denuncia degli studenti e al caos generato, ha deciso di ritirare la convenzione con l’azienda in questione. Infine sono arrivate segnalazioni di studenti da varie regioni d’Italia, che come progetto di alternanza scuola lavoro sono stati utilizzati come manodopera agricola, per svolgere servizi di volantinaggio o impiegati come lavapiatti presso hotel e ristoranti.

Per concludere, è necessario lavorare ancora molto perché la riforma possa rispettare gli obiettivi prefissati, introducendo controlli nelle scuole, nelle imprese e nelle associazioni coinvolte nel progetto, affinché lo studente in alternanza non si senta mai un lavoratore non retribuito, ma possa apprendere competenze coerenti con il percorso di studi scelto in realtà operative.

Emanuele Felice, Liceo Democrito