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Migranti, dall’Italia alla Spagna: il cambio di rotta delle navi

MADRID – Secondo le ultime stime dell’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) il numero di immigrati giunti via mare sulle coste spagnole avrebbe superato quello di persone sbarcate in Italia.

 

Il totale degli sbarchi registrati in Europa è 50.872, il 55% in meno dell’anno scorso, ma visti nel dettaglio questi dati possono mostrare un cambiamento più evidente all’interno dei singoli paesi.

Il lasso di tempo preso in considerazione va dal 1° gennaio al 15 luglio di quest’anno, durante il quale sono avvenuti considerevoli mutamenti a livello governativo in entrambe le nazioni: dall’esito positivo delle elezioni nazionali per Movimento 5 Stelle e Lega alla sfiducia del premier spagnolo Mariano Rajoy del Partito Popolare a cui è succeduto il segretario del Partito Socialista Pedro Sànchez.
La nomina dei ministri del nuovo governo qui in Italia è avvenuta quasi contemporaneamente alla successione del primo ministro in Spagna, tra l’1 e il 2 giugno. Mentre il “Governo del cambiamento” è stato definito da alcuni personaggi pubblici come quello più a destra nella storia della nostra repubblica e ha tra i suoi cavalli di battaglia il blocco dell’immigrazione clandestina, nello stato iberico la nuova coalizione di minoranza a guida socialista già si propone per una politica di accoglienza più elastica.

 

 

Posizioni complementari

Prendendo in esame il numero di arrivi di migranti proprio del mese di giugno ci si rende conto di uno sbalzo considerevole: nel Mediterraneo Centrale (compreso tra Sicilia e Libia) sono diminuiti dell’87% (3.000 arrivi), nella zona Occidentale (tra Marocco e Spagna) sono aumentati addirittura del 166% (6.400 arrivi).

 

In parte questo fenomeno dev’essere dovuto alle posizioni diverse ma complementari dei due governi: mentre il ministro degli interni Salvini ha “minacciato” di interdire l’ingresso alle imbarcazioni delle associazioni umanitarie nei porti italiani in accordo con il ministro delle infrastrutture Toninelli, il premier Sànchez si è mostrato invece disponibile ad accogliere queste ultime, incolpando il governo italiano di ragionare in maniera egoistica; l’esempio lampante di ciò viene dal caso dell’Acquarius, della Sos Mediterranée, o proprio dall’ultimo della nave dell’ong Open Arms, che ha deciso di giungere a Palma di Maiorca avendo escluso fin da subito Catania come luogo di attracco, forse per paura del sequestro del mezzo da parte delle autorità.

 

 

Ma non solo…

Ovviamente queste variazioni non sono dovute solo agli spostamenti di queste associazioni umanitarie. Questo calo per l’Italia in realtà si sta registrando da molto tempo, in parte dovuto agli accordi già presi tra l’ex-ministro Minniti e il governo di Tripoli, in parte all’aumento di controlli nei paesi di origine (come riportato un anno fa da Federico Soda, direttore dell’Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo per l’Oim).

Allo stesso modo in Spagna già nel 2017 gli arrivi erano aumentati del 101% (28.349 migranti rispetto ai 14mila circa del 2016), una stima che giunge quando Rajoy era ancora intento ad affrontare le proteste indipendentiste in Catalogna.

 

Variano anche i paesi di provenienza: se in Italia le prime 5 nazionalità dei migranti sono (in ordine crescente) Costa d’Avorio, Sudan, Nigeria, Eritrea e Tunisia, in Spagna sono Senegal, Guinea, Mali, Marocco e Algeria.

 

Le cause e gli effetti

Secondo gli esperti è facile individuare le maggiori cause nella ricerca che i richiedenti asilo (ma anche i trafficanti di esseri umani) stanno svolgendo per trovare vie alternative alle sempre più impraticabili rotte del Mediterraneo orientale e ai divieti dei vari stati europei.

 

La Spagna sembra per ora essere l’unica nazione disposta a farsi carico dell’onere di ospitare chi viene salvato in mare senza alcuna condizione, ma già in Andalusia i centri di primo soccorso e di accoglienza sono al collasso, impreparati a gestire un così grande numero di persone giunto in così poco tempo. Già sono arrivate le prime lettere di denuncia da parte dei sindacati di polizia e guardia civile, che lamentano una mancanza di mezzi e coordinamento per affrontare la situazione.

 

L’Italia nonostante tutto rimane il paese chiave nella crisi dei rifugiati, e le navi della marina continuano a salvarne centinaia. Anche per questo il premier Giuseppe Conte ha messo in discussione i termini della missione Sophia chiedendo la revisione del piano operativo e specialmente le regole attuali sugli sbarchi (con la preoccupazione di tutti e 27 gli stati membri). Solo il presidente della Commissione Juncker si è dimostrato disposto a dar seguito alla richiesta italiana, pur precisando che “l’UE non ha competenze per determinare il luogo/porto sicuro da usare per gli sbarchi in seguito a un’operazione di ricerca e salvataggio in mare”.

Rocco  Mario Cristiano