• Home
  • Blog
  • Articoli
  • ALLA RICERCA DI UNA VITA MIGLIORE MA IN ITALIA IL SOGNO FINISCE

ALLA RICERCA DI UNA VITA MIGLIORE MA IN ITALIA IL SOGNO FINISCE

Migliaia di donne nigeriane arrivano ogni anno in Italia convinte di cambiare la loro vita e trovare un’occupazione lontano da guerre e carestie.

Non solo donne adulte, persino ragazze di giovane età: si tratta prevalentemente di ragazze tra i 15 e i 17 anni, con una quota crescente di bambine tra i 13 e i 14 anni.

Il viaggio, per queste ragazze è un incubo fatto di abusi e violenze, a volte sono indotte alla prostituzione già in Niger o in Libia, dove vengono rinchiuse in luoghi di segregazione costrette a prostituirsi già nelle “connection house” in Libia per iniziare a pagare il debito contratto con i trafficanti al momento della partenza.

Molte di loro raccontano di aver abitato in casa di zii o di altri parenti, dove subivano violenze e abusi sin da piccole da parte di conoscenti, vivendo in uno stato di inferiorità rispetto ai componenti della famiglia.

Secondo testimonianze direttamente raccolte da Save the Children sono proprio i conoscenti o i vicini di casa, ma anche compagne di scuola o sorellastre maggiori, già arrivate in Europa, ad adescare e coinvolgere queste giovanissime ragazze in quella che è una vera e propria tratta di esseri umani. Una volta reclutate, le ragazze fanno un giuramento tramite i riti dello juju o del voodoo, con cui si impegnano a ripagare allo sfruttatore il proprio debito, che si aggira tra i 20.000 e i 50.000 euro.

Un legame vincolante da cui la vittima difficilmente riesce a liberarsi e che da subito prima e durante il viaggio si traduce in abusi e violenze da parte dei trafficanti.

Alcune contraggono il virus dell’HIV o presentano lesioni e infezioni all’apparato genitale. Altre arrivano in Italia in stato di gravidanza, rendendo la loro condizione ancora più vulnerabile.

Al momento dello sbarco sul territorio italiano e dell’incontro con il personale di accoglienza, le ragazze nigeriane sono già sotto il controllo diretto e visivo dei trafficanti.

In molti casi affermano di non sapere come siano arrivate in

Italia o il nome dei paesi attraversati, o addirittura dichiarano di non aver pagato nulla per il viaggio. Sono poche le minori che si dichiarano vittime di tratta e in quei casi vengono collocate in luoghi protetti o in comunità femminili.

Per evitare violenze ed estorsioni, anche ai danni dei propri familiari in Nigeria, le ragazze lavorano in condizioni di schiavitù, per periodi che variano generalmente dai 3 ai 7 anni: costrette a prostituirsi in qualsiasi condizione fisica, in strade periferiche delle città e a prezzi bassissimi che partono dai 10 euro.

Il “turnover” delle ragazze sul territorio nazionale è molto frequente ed attuato principalmente verso le più giovani, che vengono spostate da una città all’altra per evitare il controllo della polizia o l’instaurarsi di legami troppo stretti con i clienti o con operatori sociali.

Nonostante la tratta di donne nigeriane sia un fenomeno presente e sempre più diffuso, esistono delle associazioni a tutela delle donne e delle ragazze; una di questa è Free Woman ONLUS. L’associazione si propone di: informare e sensibilizzare la comunità sul fenomeno della tratta delle donne e in generale sulle forme di violenza da loro subite, anche con lo scopo di dare un volto al problema, renderlo visibile e reale e soprattutto sul disagio sociale legato al percorso migratorio.

GIADA LICARI, GIADA MONTALTO, MARTINA CIALONA, SOFIA AZZARA

LICEO CLASSICO GIOVANNI XXIII- COSENTINO – MARSALA