“Il Primo Re”: la storia come non l’avete mai vista

Il 31 gennaio è uscito nelle sale italiane “Il Primo Re”, il nuovo film diretto da Matteo Rovere. Saturo di dettagli, di effetti speciali, di tecniche innovative è considerato dal grande pubblico una svolta per il panorama nazionale… Ma è davvero così?
Il film racconta la storia di Romolo e Remo in una chiave insolita e rivoluzionaria. La narrazione è cruda e realistica e ricorda, a detta degli attori, “Revenant”, il film di Alejandro Iñárritu che è valso il tanto atteso Oscar come migliore attore a Leonardo Di Caprio. La differenza fondamentale è l’emozione che questa produzione riesce a trasmettere: Matteo Rovere, che i cinefili ricorderanno per il film “Veloce come il Vento”, ha avuto il coraggio di prendere un mito conosciuto da tutti, eliminarne gli aspetti più popolari, come il collegamento con l’Eneide, e approfondire le motivazioni dei due fratelli e il loro rapporto. Il parallelismo fra il senso di fratellanza e quello di appartenenza viene utilizzato per raccontare le difficoltà che due esseri umani incontrano nel fare diverse scelte di vita. Il tutto è impreziosito dalle magistrali interpretazioni di Alessio Lapice e Alessandro Borghi (già noto per aver recitato nel ruolo di Stefano Cucchi nel film “Sulla mia Pelle”), che riescono a rievocare le origini di Roma, donando profondità e credibilità ai personaggi.
L’ossessione per i dettagli e l’ambizione nella realizzazione tecnica per rendere il tutto più realistico possibile sono state le due caratteristiche fondamentali del film. Tutte le riprese sono state fatte nel Lazio, sfruttando solo la luce naturale e costringendo gli attori a sopportare condizioni climatiche ostili e uno stile di vita piuttosto severo. Per tutta la durata delle riprese, infatti, hanno dovuto seguire una dieta rigida e non hanno avuto modo di svolgere azioni quotidiane, come farsi la doccia. Un altro aspetto è quello della lingua. Si stratta di una sorta di proto-latino, ricostruito dai ricercatori dell’università La Sapienza di Roma e ben diverso da quello studiato fra i banchi di scuola. Nonostante ciò, durante la visione del film è possibile riconoscere alcune parole, il che risulta gradevole e rende il tutto ancora più interessante.
All’inizio, il film fa fatica a ingranare. Esso è caratterizzato da dialoghi sporadici e avvenimenti che si susseguono con lentezza, che tuttavia, nello snodarsi della trama, lasciano posto ad un continuo crescendo di emozioni, pathos e prestazioni attoriali. L’apice lo si raggiunge nel finale, dove lo spettatore è oramai del tutto coinvolto nelle vicende, tanto da non essere influenzato dalle aspettative legate alla conoscenza della conclusione del film stesso.

Tutti gli sforzi sono stati premiati dall’enorme successo che il lungometraggio ha avuto al botteghino. Più di un milione e mezzo di incassi registrati fino ad ora e la sensazione che cresceranno ancora. Inoltre è curioso vedere come tutte le innovazioni cinematografiche avvenute negli ultimi anni abbiano avuto come luogo di riferimento Roma. Questo film ne è l’esempio più lampante: prevalenza di attori romani, regista romano, territorio romano. La città eterna torna ad essere l’arma attraverso cui l’Italia può risorgere e ritrovare tutto il suo splendore: “tremate, questa è Roma”.

“Non ci aspettavamo di riscontrare tutto questo successo in così poco tempo, soprattutto data la presenza di una lingua lontana dai nostri giorni” afferma uno dei due attori protagonisti durante una video intervista. Ciò che risulta essere insolito e allo stesso tempo sorprendente è la capacita di parlare al pubblico di oggi, attraverso un continuo susseguirsi di azioni, pensieri e parole diverse dalle nostre. La risposta alla domanda scritta in precedenza si trova nel vissuto di Roma, dell’Italia in generale e nella storia del cinema italiano che, come l’araba fenice, rinasce dalle sue ceneri.
Claudia Reina e Miriam Maugeri, IV DL