PROVOCAZIONE AI GIOVANI

Vi è mai capitato di osservarvi allo specchio? Immagino proprio di sì. E nel guardarvi, nel catturare quell’immagine istantanea del vostro corpo, della debole luce che contorna i vostri tratti, vi siete chiesti chi vi sentivate di essere? Siete maggiormente inclini a far del bene, alla gentilezza, alla timidezza o siete estroversi? Ma soprattutto vi siete posti la domanda; “Chi sono io agli occhi altrui?”.

Nella società di oggi più che mai la reputazione è fondamentale: devi curare il corpo, il viso, il lessico e persino il profilo Instagram! La cura della propria immagine oggi spinge a ribaltare tutti quei canoni di perfezione che fino al secolo scorso venivano applicati. Abbiamo fatto posto alla cura dei nostri abiti più che a quella delle nostre menti. Abbiamo rimosso totalmente la cura per le persone a noi care perché la reputazione ci rende “troppo occupati”.

Quante volte vi siete chiesti se un vestito potesse calzarvi male, se porgere aiuto ad un ragazzo vittima di bullismo vi potesse ridurre alla sua stessa condizione, o quante volte ci avete pensato due volte prima di proferire parola.

Tutti questi esempi e molti altri sono contestualizzabili nel quotidiano dove la società pone delle regole (mode da seguire, persone a cui parlare o meno). Possiamo anche trattare non solo della società che impone ma del singolo che tende prepotentemente a dare un’immagine di sé che possa piacere. Qui si misura il coraggio di ognuno nel decidere di affermare “Mi sento così e sono fiero di dimostrarlo”.

Charlie Chaplin, celebre attore e regista, affermò: “Preoccupati più della tua coscienza che della tua reputazione … quello che gli altri pensano di te è un problema loro”. E non è forse questa la bellezza della diversità? Priva di regole, allo stato puro: potersi reinventare ogni giorno, decidere passo dopo passo di migliorarsi, conformi ai nostri ideali. Svegliarsi ogni giorno con una propria immagine che piace principalmente a sé stessi; perché di questo si tratta: se oggi decidessi di cambiare, quella differenza farebbe sentire meglio il mio subconscio e lo vedrebbe come un vestito che si adatta perfettamente alla forma della mia anima, non vedendo più l’estraneo come un nemico, sempre pronto al giudizio.

La reputazione spesso, all’interno della nostra società, muta in pregiudizio: basti ragionare sul pensiero collettivo dell’immigrazione, riconosciuta come un male, ma questa, se gestita bene, non è forse fonte di arricchimento culturale di una nazione? O ancora, la politica italiana, ove il pregiudizio spinge a non riconoscere le differenze tra deputati corrotti e non. Come affermò Roberto Benigni: <<Così loro si nascondono e dicono “ah si può continuare le nostre monellerie”>>. Pensiamo ancora alla Chiesa (mi ritengo di parte in questo caso): atei e agnostici non hanno mai professato di non credere a causa della corruzione ecclesiastica? Ma la Chiesa, intesa quale collettività di fedeli, non è distinta dall’istituzione che la compone? Pensiamo anche solo ai piccoli parroci di paese, a coloro che lottarono in Sicilia contro i mali che la minacciano da sempre. Pensiamo ai nostri sacerdoti: Don Palmiro Prisutto e la sua lotta contro l’inquinamento, Padre Angelo e il suo attivismo per l’inclusione sociale.

Pensiamo a tutte le volte che ci siamo sbagliati e rendiamoci conto che il pregiudizio è connaturato alla condizione umana: Pirandello, scrittore siciliano, scrisse “Uno, nessuno e centomila”; i comportamenti umani sono tanti quante le maschere che utilizziamo quotidianamente nell’approccio con l’altro. La mia è una provocazione: non siate nessun altro, decidete di essere voi stessi, di combattere per qualcosa in cui credete ardentemente, di liberarvi da quelli ostiche maschere per non essere più centomila.

Così, tante volte, osservandomi allo specchio, avrei voluto cambiare dei particolari del mio fisico: magari le mie orecchie, irrobustire il mio corpo gracile, essere più formosa, sentirmi donna. Ma ciò che cambia veramente nel porci, nella vita di tutti i giorni, è il cuore: questo, proprietà assoluta di ognuno di noi, è difficile da influenzare. Perciò siate persone di cuore e vedrete che forse se tutti imparassero l’arte dell’essere fragili, il mondo sarebbe un posto meno crudele.

Martina Ranno VBL