E se le città tornassero alberi?

Una comunità di lupi vicino a una fattoria a conduzione familiare, un dissesto ambientale, un difficile passaggio di consegne intergenerazionale, una scelta cruciale e un finale pieno di speranza: questi gli ingredienti del racconto vincitore del concorso Più libri più liberi 2019.  Il testo, illustrato dai disegni di una delle autrici, è pubblicato insieme agli altri cinque vincitori in un volume intitolato Dai una voce alla terra. Buona lettura!

P.S. Per apprezzare le illustrazioni cliccare sul link a fine pagina

 

E SE LE CITTÀ TORNASSERO ALBERI?

C’era un tempo in cui la terra respirava, in cui le foreste si espandevano, in cui gli animali vivevano non in gabbie, non in recipienti come fossero acqua e non esseri vivi come noi: erano liberi. Capitò un giorno che un padre abitante vicino a quel che rimaneva di una fitta foresta tornasse a casa con un’amara sorpresa: il bestiame che pascolava lì vicino era stato ucciso, cadaveri ornavano l’erba di rosso e figure impellicciate danzavano al limitare della foresta, felici di poter finalmente mangiare. Il ragazzo era in camera sua quando uno starnazzare lo riscosse dai suoi pensieri. Avrebbe giurato che si trattasse di un’oca impazzita se poco dopo il tono solenne e arrabbiato di suo padre non avesse interrotto quegli schiamazzi maledicendo tutto quello che incontrava. Quando lo raggiunse suo padre era furente, “Che cosa è successo?” “I lupi! Hanno attaccato il bestiame sulla collina e ora gli unici esseri viventi rimasti lì sono quelle orripilanti bestiacce!!” la cosa lasciò sconvolto il ragazzo che ancora non credeva alle proprie orecchie “I lupi? Ma se non ci attaccano da tempo…” non riuscì a finire la frase in quanto vide cosa il padre stesse prendendo: i fucili. “Esatto non ci attaccavano da tempo, ma solo per aspettare il momento perfetto!” fece cadere le ultime parole nel vuoto “Ora invece saremo noi a cercarli!” il ragazzo fece per andarsene ben sapendo che quando suo padre fosse tornato nessun lupo avrebbe più minacciato il loro bestiame in quanto dei lupi sarebbero rimaste solo le pellicce. “Aspetta” il ragazzo si girò aspettando che il padre spiegasse “Io ormai non ho più la forza di correre dietro ai lupi quindi andrai tu”. Il ragazzo era colpito. Il padre aveva deciso da tempo di mandare via quei lupi ma sfortunatamente le leggi glielo avevano impedito. Ora anche se il figlio non sembrava propenso a cacciare i lupi lo avrebbe fatto comunque. Così prese il figlio per un braccio e lo condusse alla porta dove gli porse il fucile e con una pacca sulla spalla lo fece uscire di casa. Il ragazzo era così sbalordito che solo quando il peso del fucile gli fece dolere il collo tornò alla realtà. Prima di riuscire a capire cosa fosse successo era già in marcia verso quel che rimaneva della foresta. Si trovava lì da più di un’ora ormai, stava avanzando senza far rumore, ma dei lupi non c’era traccia. Finalmente vide una sagoma impellicciata. Si acquattò, provando a prendere la mira, ma nel farlo ruppe dei rametti. La lupa se ne accorse e cominciò a correre via. Il ragazzo provò ad inseguirla come meglio poteva ma arrivato in una radura perse le tracce dell’animale. Si guardò intorno, provando a scorgere qualcosa nella penombra. La vide: si trovava dall’altro lato rispetto a lui. Prese la mira restando in piedi, era pronto, mise il dito sul grilletto e… sentì una voce parlargli sommessamente. Provò a girarsi per capire da dove provenisse ma non trovò nulla. Così tornò a fissare la lupa che a sua volta lo stava guardando senza però scappare. “È immondo che tu, o uomo, sia venuto fin qui. A fare cosa poi? Ucciderci? E pensare che voi vi calcolate come signori, dei di questo mondo. Eppure la guerra fra voi non manca.” Il tono sembrava molto accusatorio e arrabbiato. Il ragazzo provò a protestare, ma la voce (che ormai pensava appartenesse alla lupa) continuò a parlare “E adesso, quando noi ci stiamo abituando a voi, ci levate terre e prede per poi ucciderci se proviamo anche solo a spingerci nei vostri territori, mentre voi venite continuamente a rubarci anche la cacciagione che ci rimane.” Ora il tono fu quasi un sussurro “Se proprio devi uccidermi fai in fretta.” La lupa non stava guardando il ragazzo in attesa della sua decisione. Il ragazzo però non riusciva a decidere: se avesse ucciso quella lupa suo padre sarebbe stato fiero di lui, se invece avesse deciso di lasciarla vivere… era quasi sicuro che quella fosse la cosa giusta, in fondo quella lupa davanti a lui era così magra… era complesso non crederle. Alla fine scelse e il fucile cadde con un suono sordo. Poi però gli venne in mente un’idea che trovò alquanto soddisfacente. “Lupa?” annaspò per trovare le parole giuste “Spero di parlare a nome anche di altri, ma… come possiamo aiutarti?” La lupa, che fino a quel momento non lo aveva guardato, girò di scatto la testa quando pronunciò l’ultima frase “Se proprio volete aiutarci allora ridateci parte dei nostri territori e lasciateli in pace.” Poi la lupa iniziò a camminare verso gli alberi, si girò all’ultimo secondo “Grazie per non avermi tolto la vita.” Poi corse via nella boscaglia. Quando il ragazzo tornò a casa non ci fu una festa né una tirata d’orecchio, solo una scusa inventata lì per lì. Fu solo anni dopo che il ragazzo adempì alla sua promessa. Parte dei boschi furono reintegrati e la caccia vietata. Tutto questo giovò molto alla lupa che, ormai, non riusciva più a cacciare. Era un giorno assolato e la lupa andò fuori dalla tana; tutti i lupi del branco si stavano stendendo al sole. La lupa però sentiva di dover andare in un luogo, anche se non sapeva bene dove. Mentre camminava pensava come fosse tutto cambiato. Raggiunse un luogo che le sembrava perfetto: una roccia nel bel mezzo di una radura e separava la foresta dalla città. Si sdraiò “Certo proprio un bel cambiamento.” pensava mentre sprofondava nel sonno “Un bel cambiamento.” Si addormentò. Poi raggiunse i cieli.

Damia Spadia, Flavia Morrieri, Federico De Marco

Illustrazioni E se le città tornassero alberi