RIFLESSIONI SU “SE QUESTO E’ UN UOMO” DI PRIMO LEVI

“Se questo è un uomo” è una poesia scritta da Primo Levi negli anni della Seconda Guerra Mondiale mentre si trovava all’interno di un campo di concentramento nazista.

Egli stesso fu colpito dalla crudeltà e dalla brutalità tedesca, e attraverso questi versi il poeta esprime tutto il suo disprezzo per ciò che stava accadendo in quel momento, uno dei più bui della storia. Con la sua poesia Levi accusa non solo i protagonisti del massacro ma anche gli spettatori, cioè tutti coloro che erano a conoscenza di ciò che avveniva nei lager e non osavano alzare un dito.

Primo Levi usa parole così semplici e dirette da arrivare al cuore di chiunque, ma soprattutto mette in luce la brutalità dei campi di concentramento paragonandole alla bella vita di tante persone omertose che non hanno mai provato ad andare contro quel regime. Le sue parole sono così intrise di rabbia e tristezza straziante che sfido chiunque a rileggere i versi a distanza di anni dall’accaduto e non immedesimarsi in quella classe di persone che sapevano, ma non parlavano, continuando a vivere nei loro agi.

Almeno per quanto mi riguarda mi sento come se anch’io avessi vissuto quel periodo e non fossi stata in grado di impedire tutto questo. Le sue parole suscitano così tanta angoscia da trasmettere al lettore un sentimento di pentimento, quasi per assurdo, per i massacri nei confronti di quelle povere persone. Questo mio stato d’animo si collega direttamente con il  significato dei versi, ma soprattutto conferma l’intento di Primo Levi. Niente meno che far suscitare nel lettore tanto stupore e tanto sdegno per ciò che i nazisti hanno architettato e commesso al fine di non commettere per nessuna ragione al mondo un errore/orrore di questo genere.

I versi mi hanno colpita notevolmente soprattutto per il loro essere eterni e contemporanei. Lui paragona la “vita” degli ebrei nei campi a quella di chi sapeva e non agiva, utilizzando parole così crude che tutt’oggi riflettono situazioni che viviamo ogni giorno. Per esempio, noi. Un po’ come i nazisti, torniamo a casa e troviamo il piatto di pasta pronto, mentre in alte parti del mondo c’è chi lotta anche per un sorso d’acqua.

Questo deve far riflettere molto tutti noi che viviamo nel lusso, perché il lusso non è il denaro, ma essere certi di avere un giorno di vita anche l’indomani. È così che il giorno della memoria prende forma; non ha senso ricordare il massacro degli ebrei da un punto di vista prettamente storico, ma va ricordato nella sua essenza, prendere esempio dal passato e portarlo ai giorni nostri, a ciò che viviamo tutti i giorni, aprendo gli occhi e non girandoci dall’altro lato di fronte a tante brutalità che continuano purtroppo ad accadere.

Giulia Urso VAL