Surf estremo, in bilico sui treni

Viene chiamato “train surfing”, consiste nel cavalcare e correre in piedi sui tetti delle carrozze di un treno in corsa. Ad oggi viene praticato ovunque ma nasce nelle baraccopoli africane come metodo di consegna di droga.

Per molti ragazzi sta diventando una passione, a praticarlo sono i giovani di tutti il mondo, dalle metropoli di Londra alle periferie Italiane. 

Questo passatempo in realtà non è nuovo: Nasce alla fine degli anni ’50 a Soweto (in Africa), praticato soprattutto negli ultimi dieci anni nei quartieri più poveri e disagiati della città, complice la frustrazione che attanaglia la prima generazione sudafricana post-apartheid, colpita profondamente dalla disoccupazione. Difatti i ragazzi in questione sono spesso imbottiti di droga da consegnare. 

Ovviamente il nome che si son dati (train surfer) non è stato stato scelto causalmente. 

Deriva dal surf, il primo degli sport su tavola. La ricerca di velocità, di equilibrio sono caratteristiche di questo sport. Ognuno di questi aspetti ci mostra quali sono le grandi paure che i loro fan cercano di contrastare. Il dinamismo e la velocità si oppongono alla paura di star fermi, il poter scivolare sopra una superficie dimostra il timore di affondare nella materia (sia essa l’acqua,  l’asfalto o la neve). 

Infine l’equilibrio, il mettere in pericolo la propria vita, ci racconta che la grande paura di questi ragazzi è proprio quella di non essere affatto equilibrati.

Il train surf è è tra queste passioni la più estrema, i ragazzi di oggi dimostrano il proprio coraggio entrando in gallerie coscienti del fatto che forse non ne usciranno vivi.

Le vittime , nonostante i controlli effettuati dalla polizia, sono sempre un aumento. I train surfer sicuramente non cedono, anzi continuano a diffondere video delle loro imprese. 

Queste però non sempre riescono, a mostrare la parte più dolorosa sono i reportage dei fotografi sudafricani. 

Si impara a fare train surfing anche sui vagoni fermi, di notte: così si sono fulminati due ragazzi, in una deserta stazione del nord Italia.
Anche due giovani torinesi sono stati denunciati per interruzione di pubblico servizio e multati di 550 euro per essersi aggrappati alla parte posteriore di un treno in corsa. I due si sono incontrati alla stazione di Avigliana e sono saliti sui vagoni di un regionale partito da Susa e diretto a Torino Porta Nuova. Sono scesi sui binari e a piedi hanno raggiunto la stazione di Rosta. Da lì hanno preso un treno per Torino.

 Francesco Bucchieri si esprime sull’argomento: «C’è chi s’è spaccato la testa contro un palo, un cavo dell’energia elettrica, l’ingresso di un tunnel mentre giocava ad evitarlo all’ultimo istante, e chi è finito schiacciato tra la motrice e la piattaforma della stazione». 

Fanno davvero tutto questo per un po’ di adrenalina? O è solo una questione di immagine?

Forse dovremmo solo metter fine all’idea malsana che questi ragazzi hanno riguardo questo sport. Rischiare la propria vita non è “figo”, il coraggio si dimostra in altri modi.

Alessia Porcelli, 2 Q Liceo G.B. Vico  Napoli.