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Il Covid nelle strutture di chi è affetto da sindrome Down

Di Federico Innocenzi

 

La situazione nell’ultimo mese è surreale, questa pandemia sta mandando al tappeto ogni potenza mondiale, che si trova obbligata a chiudere ogni tipo di locale o negozio che non sia di bene primario (quali cibo, farmaci ecc..), per poi passare per le scuole e centri sportivi, rendendo così le nostre città prive di ogni rumore, di ogni voce..

Tuttavia gli effetti del COVID-19 si manifestano in primis sulla nostra sanità che si trova sempre più aa ricerca di personale e successivamente colpisce la nostra economia che pian piano si stava risollevando ma  ora purtroppo si trova ad affrontare una sfida difficile.

Cosi ho deciso di intervistare un operatore socio sanitario, che assiste in una struttura di Roma persone affette da sindrome di down.

Subito presentati passo alla prima domanda chiedendo di come viene vissuta in una struttura di questo tipo la risposta è molto breve e concisa :

” è una situazione strana da quelle giornaliere, ora prima di entrare devi misurarti la febbre, aspettare una decina di minuti e poi poter entrare, sempre con guanti e mascherina, ma ci tendo a sottolineare il grande lavoro della struttura che cerca comunque di non far pesare questa situazione ai pazienti ma senza tenerli all’oscuro”.

Successivamente prendendo la palla al balzo chiedo come viene vissuta dai pazienti i quali non possono ricevere visite o comunque avere contatti prolungati da vicino con chi li assiste;  l’intervistato risponde subito in modo sciolto : ” Per i pazienti anzi ragazzi, cosi li chiamiamo affettuosamente, cerchiamo di non far pesare questo momento di difficoltà tranquillizzandoli, facendogli capire i motivi per il quale ci sono diverse situazioni e restrizioni, tuttavia si va incontro a pianti o lamentele poiché già la situazione dei pazienti non aiuta, se ci aggiungiamo anche questo fardello non è per niente facile.. “

Dopo aver conversato ci siamo focalizzati maggiormente sul virus poiché da quanto visto nella struttura c’è molta sicurezza e molti controlli affinché non ci siano contagi o rischi di contrarlo.

Quindi chiedo cosa ne pensa del COVID 19 e quanto possa essere pericoloso questo virus, subito l’intervistato mi risponde con tono molto deciso:” Secondo me è giusta affrontare questo periodo di quarantena rispettando ogni norma decisa dal governo, non capisco come molte persone tutt’ora non riescano a capire di dover rimanere a casa per non mettere la propria salute a rischio ma ancor di più quella dei propri genitori, dei propri nonni… “.  Dopo aver ripreso fiato e con un tono quasi commosso racconta ” purtroppo il padre di un mio amico nel bergamasco è morto poiché aveva già diversi problemi e sommati al virus lo hanno portato alla morte.. Quante persone ancora dovranno morire per far capire di dover smettere nel sottovalutare tutto, nel reistsere un altro po’ per poi tornare più forti di prima, quante altre.. “

Finito il suo discorso quasi rimango bloccato dalle sue parole, dall’amarezza e il dolore che trasmette, tuttavia decido di rimanere su questo tema e chiedo più informazioni proprio perché mi aveva detto che lavora sulle ambulanze del 118.

Gli chiedo di quante chiamate arrivano da persone che hanno paura di essere affette da corona virus e se hanno protezioni o altro quando vanno a soccorerli, é l’ O.S.S mi risponde dandomi diversi informazione sul come si procede e come si preparano in ambulanza, spiegando cosi:

” La prima cosa che facciamo appena arriviamo in ospdale è misurarci la febbre, poi aspettato un quarto d’ora ci vestiamo e prendiamo le mascherine con i guanti, in più ci viene fornita un sorta di muta che serve per proteggerci da un eventuale contagio e ci dirigiamo sulla nostra ambulanza.  ci sono molte chiamate di gente preoccupata ma fortunatamente  qui a Roma la situazione non è così grave come in altri luoghi infatti spesso la maggior parte delle persone che chiama alla fine non risulta essere contagiata.”

Lo esorto infine a dare un’ultima risposta sul confronto riguardo alla sicurezza tra i due posti dove lavora, quindi uno dove vi sono strutture private dove si assistono ragazzi disabili e l’altro dell’ospedale pubblico.

L’intervistato mi dice : “Naturalmente sono diverse le situazioni, in uno non ci sono persone contagiate, anzi si cerca di evitare di far arrivare questo virus in quanto  potrebbe risultare  mortale per quasi il totale delle persone che si trovano in questi centri di assistenza, mentre per quanto riguarda l’ospedale purtroppo è ancora più difficile poiché sono pieni e ci sono persone che sono affette da questo virus e infermieri che cercano di risolvere ed aiutare pazienti e cittadini..”.

Sdrammatizzando chiedo cosa ne pensa dei social che acclamano gli infermieri in prima linea come eroi.

Lui risponde subito :”A proposito, Ci tengo a dire che queste persone sono dei veri eroi e sono fiero di far parte di questa famiglie che sta cercando di aiutare e salvare più vite umane possibili, sosteneteci perché per noi siete la nostra forza che ci fa andare avanti”.

Dopo i saluti chiudo questa conversazione telefonica augurandogli tanta fortuna e ringraziandolo per avermi trasmesso speranza e fiducia nelle istituzioni che stanno combattendo questo virus.