Ieri, oggi, domani: fisiologia del conflitto generazionale

“I giovani non possono sapere quello che i vecchi pensano e provano. Ma i vecchi sono colpevoli, se dimenticano che cosa significa essere giovani.” (J.K. Rowling)

Generazione Z: ne fanno parte i nati tra il 1995 e il 2010, quelli che non hanno conosciuto un mondo senza internet, senza smartphone, quelli che hanno assistito alla diffusione sempre maggiore del nuovo mestiere figlio della loro epoca, l’influencer.

Ragazzi e ragazze anche di giovanissima età che lavorano con i social network, guadagnando attraverso la condivisione di contenuti di vario tipo.

Questo è stato il frutto di una grande evoluzione che ha avuto luogo nel corso degli anni e che ha portato anche i giovani di un tempo a nutrire un senso di sfiducia nei confronti di questa tanto criticata generazione Z, etichettando gli adolescenti di oggi come superficiali ed esageratamente devoti all’apparenza.

Ma “i grandi” cosa si aspettano da noi? E soprattutto… cosa ci aspettiamo da noi stessi?

Siamo andati a raccogliere informazioni su questo tema, intervistando persone appartenenti a diverse fasce d’età in modo da realizzare un confronto tra generazioni, tramite l’analisi di passato, presente e futuro.

Ciò che ne è uscito è particolarmente interessante: c’è chi nutre grande fiducia nelle capacità e nell’intelligenza dei giovani, ritenendoli capaci di realizzare cose grandi per rimediare alla precarietà del futuro che hanno ereditato dai propri padri e c’è chi teme che non saranno in grado di lasciare il mondo in condizioni migliori rispetto a quelle in cui lo hanno trovato.

In generale c’è grande insicurezza, come ci raccontano Antonio e Maria, genitori e nonni: “Siamo preoccupati per il vostro futuro, ma abbiamo fiducia”.

Ci ritengono ragazzi svegli ed intelligenti, capaci di parlare con cognizione anche di temi importanti e aperti al confronto con chi è più grande di noi:

“ci siamo resi conto che ora c’è molto più dialogo tra giovani e anziani rispetto al passato, prima i ragazzi tendevano ad allontanare gli adulti”.

Anche loro, come tante altre persone, si sono trovati catapultati in un mondo completamente diverso da quello in cui sono nati e cresciuti, dovendosi adattare alle novità portate dal progresso della tecnologia. A tal proposito abbiamo sollevato la questione “influencer” chiedendo ai nostri intervistati cosa ne pensano: non tutti riescono a considerarlo un vero mestiere; Teresa ci dice “trovo assurdo che una persona si alzi la mattina, racconti cosa farà durante la giornata e tutti quanti la seguano. Bisogna avere personalità e carattere nella vita”.

Chiara invece, 18 anni, ritiene che questa professione sia “pienamente figlia del suo tempo”; un tempo in cui si “interpretano le persone in base all’immagine piuttosto che alla parola”, cosa che porta coloro in grado di apparire ad avere la capacità e la possibilità di influenzare gli altri.

Parliamo poi di futuro, termine che fa sempre un po’ paura, sia ai giovani che agli anziani.

Tutti gli intervistati concordano sul fatto che i giovani siano consapevoli della precarietà del proprio futuro e a tal proposito chiediamo ai nostri ospiti se credono che si potrà mai assistere ad un nuovo ’68 o a qualcosa di simile: c’è speranza, ma scarse aspettative.

Ciò che emerge è un senso di “delusione”, dovuto al fatto che molti ragazzi tendono ad esporsi su argomenti importanti, come ad esempio quelli riguardanti la politica, ma non si impegnano per realizzare qualcosa di concreto che possa cambiare la condizione di incertezza con cui convivono.

In conclusione diciamo che, senza dubbio abbiamo in mano un mondo ed un futuro instabili, ma abbiamo mezzi potenti per poter cambiare le cose. Riusciremo a farlo? Lo scopriremo solo vivendo.

Di Beatrice Grandinetti