La Villa di Poggio a Caiano

La Villa di Poggio a Caiano è un’abitazione rurale medicea rinascimentale: commissionata a Giuliano da Sangallo da Lorenzo il Magnifico nel 1470, fu costruita nel centro di una tenuta di caccia, sopra un colle lungo la strada tra Firenze e Prato. Nel 1492, alla morte di Lorenzo, i lavori della villa furono interrotti, per poi essere ripresi nel 1513 da Papa Leone X, figlio di Lorenzo. Dal 1530, con Cosimo I, l’abitazione è stata utilizzata come residenza estiva dai Granduchi di Toscana. Nel 1860, con Firenze capitale del Regno appena fondato, la villa diventò residenza estiva dei Reali d’Italia, che eseguirono numerosi interventi di modifica all’arredamento della residenza.
I giardini della villa sono divisi in due parti appartenenti a due epoche diverse: il giardino all’italiana e quello all’inglese. Il primo, risalente al 1500, è armonioso e preciso, e rende l’idea di Lorenzo di addomesticare la terra con la geometria e la scienza e non con la forza bruta: in pratica rappresenta il modo di governare dei Medici su Firenze, con la ragione che prevale sul caos. Può essere considerato un “giardino concettuale”, in cui ogni pianta corrisponde ad un pensiero filosofico. Dentro il giardino all’italiana troviamo anche la Limonaia, un’immensa struttura contenente oltre duecento piante di limoni, realizzata sul modello di quella di Boboli. Molto in contrasto con il primo, il giardino all’inglese sembra non avere schemi, come se fosse lasciato crescere incolto. In realtà non è affatto così, in quanto probabilmente viene curato molto più di quello all’italiana. La posizione di ogni pianta è studiata attentamente, e l’entrare nel giardino deve dare l’idea a chi lo attraversa di star scoprendo sempre qualcosa di nuovo, in modo da stupirsi: questa volta è il pathos a prevalere sulla ragione.
Il fregio, elemento decorativo di forma orizzontale, è collocato al di sotto del timpano della facciata principale della villa. Il fregio della villa di Poggio a Caiano è realizzato in terracotta invetriata, una particolare lavorazione nella quale la Firenze dell’epoca medievale eccelleva e che conferisce luminosità e brillantezza, con un predominio dei colori bianco e azzurro. Molto probabilmente è da escludersi, però, che si tratti di una realizzazione dei Della Robbia, poiché il classicismo presente nell’opera non è tipico della nota bottega fiorentina. Il fregio risale all’epoca dell’Umanesimo fiorentino ed è datato intorno al 1490, tuttavia la critica tende anche a spostare la sua datazione verso il 1515. Il fregio ha funzione iconografica e sviluppa temi di natura filosofica ripartiti in cinque scene principali: lo scorrere del Tempo e i suoi cicli, l’infanzia del dio Giove, Marte uscente dal tempio di Giano, raffigurazioni allegoriche delle Stagioni e dei Mesi e scene di tipo agreste.
Nella prima scena si ammira il percorso delle anime che, generate all’interno della caverna della Natura, sono giunte al momento di prendere una decisione riguardo alla propria sorte: da una parte è rafigurata la vita iniqua (rappresentata da un vecchio con sette serpenti) e la vita giusta (simboleggiata da un giovane nudo che porta i segni della razionalità e del dominio sull’intero cosmo, ovvero compasso e armilla). La narrazione prosegue con altre scene di ulteriori tipologie per poi concludersi con il giudizio delle anime in cui la dea della giustizia Astrea nega da una parte
l’accesso all’Empireo dell’anima iniqua, mentre dall’altra lo permette all’anima giusta.
Liceo Classico Galileo di Firenze