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L’Italia può fare molto di più per contrastare il global warming

Climate Change Global Warming - Free image on PixabayNel dicembre del 2015 sono stati ideati i patti di Parigi e sono stai firmati il 22 aprile 2016 in occasione della Giornata Mondiale della Terra alle Nazioni unite di New York da 195 paesi. In questa circostanza proprio il paese che ultimamente, con Donald Trump, sta pensando di abbandonare l’accordo, era sembrato il paese trainante verso una via d’uscita in risposta ai cambiamenti climatici: gli Stati Uniti. L’accordo di Parigi si era posto alcuni obiettivi principali: 1.cercare di contenere l’aumento del riscaldamento globale entro 1,5 gradi, 2.cercare di ridurre le emissioni di gas serra, 3.impegno da parte dei paesi più stabili ad aiutare dal punto di vista finanziario i paesi più poveri con un contributo di 100 miliardi di dollari da istituire entro il 2020. Ci sono venti paesi tra i 195 firmatari che fanno parte del cosiddetto G20 e sono le zone del mondo maggiormente industrializzate e con un’economia florida. I paesi che rientrano in questa categoria sono il Canada, gli Stati Uniti, il Messico, il Brasile, l’Argentina, il Regno Unito, la Francia, l’Italia, la Germania, la Turchia, l’Arabia Saudita, il Sudafrica, la Russia, la Cina, l’India, il Giappone, l’Indonesia, la Corea del Sud e l’Australia.
Apparentemente nessuno dei paesi del G20 si sta impegnando abbastanza per rispettare gli accordi previsti dai patti di Parigi e lo dimostra un calcolo annuale di Brown To Green di Climate Transparency. E’ stata individuata infatti una grande e preoccupante difficoltà da parte di questi venti paesi nel contenere l’aumento del riscaldamento globale.
L’Italia in particolare si è dimostrata uno dei paesi che si sta comportando nel peggiore dei modi e che non sta adempiendo a quello richiesto dall’accordo. Sembra essere particolarmente inquinante nei trasporti e nell’edilizia. In più anche per quanto riguarda la quantità di superficie verde il nostro paese dal 2001 al 2018 ha perso 299 chilometri quadrati di boschi. Uno dei tasti dolenti dell’Italia è rappresentato dall’eccessiva somma(che si aggira attorno ai 10.5 miliardi di euro nel 2017) spesa in sussidi per i combustibili fossili. Se guardiamo invece a come si muove l’Italia nei confronti delle energie rinnovabili notiamo molto impegno ma si fermano solo al 40% del mix energetico italiano.
Il nostro paese dovrebbe quindi impegnarsi notevolmente a ridurre le spese sui combustibili fossili (che arrivano al 79% del mix energetico) entro il 2025 e le emissioni entro il 2050.
Quando viene trasmesso un articolo che riguarda l’ambiente tendiamo sempre a ricordare le scadenze, il cosiddetto “tempo che ci rimane” e ogni volta queste statistiche sembrano cambiare. Penso però che soffermarsi tanto su quanto tempo ancora ci rimane per fare qualcosa sia solo un modo per ritardare il momento in cui dobbiamo agire. Se fossero 20 anni invece di 10 cambierebbe davvero qualcosa? Secondo me no, il problema della crisi climatica esiste e il tempo non deve essere un indicatore che ci esonera dall’agire tempestivamente e all’istante. In quanto il cambiamento climatico esiste e condiziona notevolmente la nostra esistenza quotidiana siamo in obbligo verso la nostra terra, verso la natura di compiere anche noi un cambiamento, un passaggio radicale che punti all’ecosostenibilità e alla riduzione del riscaldamento globale.
Emma Boschi / Liceo Classico Galileo di Firenze