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Moda ecosostenibile. Intervista alla designer Ksenija Savicevic

Intervista alla designer Ksenija Savicevic, ideatrice e creatrice del marchio Etik Wear, che si impegna a salvaguardare il nostro pianeta nell’ambito della moda etica-sostenibile, producendo capi quasi totalmente in cotone organico. L’obiettivo è quello di contrapporsi alle comuni industrie della moda, per arrivare a creare capi al 100% di cotone biologico e dare spazio alla creatività senza rimanere ancorati alle tendenze.  

Intervistatore: Quali sono state le difficoltà maggiori nella realizzazione di questo progetto?   
Dr.ssa Savicevic: Ce ne sono state tante, ma c’è anche stata una grandissima voglia di portarlo a termine, per cui ogni difficoltà è stata fronteggiata. Direi che per il momento la difficoltà più grande, tralasciando la burocrazia, è il marketing.
È molto difficile come piccolo brand competere con i grandi, soprattutto se si cerca di utilizzare canali più umani e creare una vera connessione con le persone, senza andare sul classico marketing che viene usato dai grandi gruppi.

Intervistatore: Quali studi potrebbero intraprendere i ragazzi che vorrebbero in futuro realizzare un progetto di questo genere?
Dr.ssa Savicevic: Sicuramente ci sono tanti istituti di moda e Belle Arti. Io sono laureata in Belle Arti a Bologna e mi sono occupata di design, poi ho iniziato ad applicare questa cosa sulla moda. Ci sono tanti master che sono anche più specifici sull’etica, sulla sostenibilità e su questo tipo di produzione. Ci sono vari istituti come le Belle Arti a Milano o a Firenze e ci sono anche corsi privati coi quali però bisogna stare un po’ attenti per capire cosa offrono realmente. Non sempre quelli più cari sono quelli migliori. Bisogna studiare bene cosa offrono le diverse scuole.

Intervistatore: Come è possibile collaborare in modo efficace e mandare avanti il progetto nonostante la distanza geografica?
Dr.ssa Savicevic: Fortunatamente, essendo il mio socio modellista e addetto alla produzione, mentre io mi occupo più della parte digitale e del design, riusciamo a dividerci il lavoro senza problemi. Difatti non è neanche un problema la distanza. Io mi immagino i modelli e i capi del brand, lui adatta i miei disegni ai modelli veri e segue tutta la produzione. Ovviamente a volte ci vediamo per vedere come procede il brand, e io in queste occasioni vedo dal vivo i capi che ho immaginato ed è molto interessante e soddisfacente.

Intervistatore: Cosa è necessario fare per considerarsi ecosostenibili dal punto di vista dell’abbigliamento?
Dr.ssa Savicevic: Due cose fondamentali: controllare i materiali, ovvero la provenienza, come e dove sono fabbricati, preferendo lino, cotone organico e cotone a materiali provenienti da plastiche come il polyester. La seconda cosa riguarda la produzione, anche in questo caso bisogna interrogarsi sul come e quali sono le condizioni dei dipendenti, se non sono sfruttati e se i produttori siano attenti alle loro condizioni di lavoro.

Intervistatore: È possibile vestirsi alla moda acquistando capi realizzati in maniera ecosostenibile?
D
r.ssa Savicevic: Da un lato sì, si possono seguire i trend del momento rimanendo ecosostenibili, ma secondo me la moda etica ed ecosostenibile cerca di seguire altre idee rispetto alla moda tradizionale e va in contrapposizione con il mondo delle tendenze. La moda etica cerca di ridare spazio alla creatività individuale senza seguire per forza le tendenze. Nella moda indipendente c’e più scelta perché la moda mainstream propone trend uguali tra loro.

Intervistatore: Qual è riscontro economico che si ha nella realizzazione di capi ecosostenibili?   
Dr.ssa Savicevic: Questo è un argomento molto importante. Il profitto in questo modello di moda viene dopo tutto, anche se ovviamente non possiamo lavorare gratis, anzi è importante che ognuno sia ben pagato. Il profitto viene dopo, perché la qualità, la creatività e il modo di lavorare vengono prima di tutto.  È difficile creare un brand ecosostenibile ma non impossibile, l’importante è non entrare in questo mondo mondo per guadagnarci, ma per amore e per passione.

Intervistatore: Cosa possono fare le persone comuni per cercare di risolvere la situazione oltre a comprare capi sostenibili?
Dr.ssa Savicevic: Una delle cose che si possono fare è studiare bene l’argomento ed essere ben consapevoli di come funziona tutta la catena di produzione. Poi diffondere questa consapevolezza, senza fare pressioni, e condividere le esperienze. Bisogna essere consapevoli quando si acquista. Una cosa per me molto importante, oltre a guardare le etichette, è comprare meno, semplicemente stare attenti a non entrare in un loop di abbigliamento usa e getta, essere consapevoli che non abbiamo bisogno di tantissimo. Dobbiamo cercare di rispettare il flusso dei capi usandoli finché non son pronti per essere dati via. Su molti siti, come quello di Fashion Revolution o Dress the Change, ci sono anche delle iniziative in cui i consumatori possono chiedere ai brand la trasparenza. Direi che la consapevolezza è la parte più importante: da lì poi si può far tutto.

Intervistatore: È possibile arrivare a produrre capi al 100% di cotone organico?
Dr.ssa Savicevic: Non so se nel mondo qualcuno sia riuscito a fare un capo al 100% sostenibile, forse i grandi brand tipo Patagonia, che è veramente molto sostenibile. Noi non riusciamo a farlo al 100% ecosostenibile, perché ci sono troppo fattori che influiscono, però l’obiettivo è di arrivare al 100% dell’ecosostenibilità. Nel senso che la maglietta da noi creata è in sé al 100% in cotone organico e si può riciclare, e con il cotone organico si usa il 90% in meno di acqua, le condizioni dei lavoratori sono garantite. Quindi diciamo che è un capo ecosostenibile. Tuttavia ci sono i trasporti: non tutti i paesi producono cotone organico, per cui ci sono molti passaggi tra i vari paesi da tenere in conto. Questo è un punto da risolvere. È anche chiaro che in Italia non si coltiva il cotone organico quindi è impossibile creare un capo 100% made in Italy, bisogna adeguarsi e in ogni momento trovare la soluzione migliore, ciò non vuol dire che non si potrà arrivare a questo obiettivo. Secondo me potremmo arrivarci però dovremmo adeguarci alle possibilità.

Intervistatore: Quali sono i paesi in cui viene prodotto il cotone organico?
Dr.ssa Savicevic: I paesi che producono cotone organico sono 4: Turchia, Stati Uniti, India e Cina. Noi lo prendiamo dalla Turchia perché è un cotone di ottima qualità ma ovviamente il trasporto è un problema di cui bisogna tener conto. 

Intervistatore: Perché non viene coltivato in Europa?                             
Dr.ssa Savicevic: Ogni paese è specializzato in qualcosa, in alcuni paesi è più forte l’industria, in altri la coltivazione, e questo fa sì che nessun paese sia completamente autonomo, non disponendo di tutte le risorse. Da questa richiesta di risorse, nasce la collaborazione tra paesi.

Intervistatore: Dove finiscono i capi che non vengono riciclati o riutilizzati?
Dr.ssa Savicevic: il 70% circa viene donato in Italia o all’estero mentre il 20% viene riciclato e il 10% finisce nelle discariche dove viene bruciato. 

Intervistatore: Le nazioni unite hanno stilato una lista di obiettivi per rendere l’industria della moda un settore ecosostenibile entro il 2030, secondo lei è possibile?
Dr.ssa Savicevic: Non saprei, sicuramente è ottimo che ci sia la consapevolezza di cambiare anche a livello politico il modo di produrre. Direi che non dobbiamo pensare se sarà così o no, dobbiamo cercare di arrivare al 2030 con questi obbiettivi fatti, senza porci questo problema. Tutti dobbiamo lavorare: loro a livello politico, le industrie a livello di cambiare metodi e noi, piccoli/medi produttori e consumatori cambiare e lavorare insieme. Forse in quel caso potremmo arrivare ad avere circa il 100%, non so se 10 anni bastino, ma è un’ottima strada.

Intervistatore: Essere ecosostenibili può essere anche un problema economico?
Dr.ssa Savicevic:  Si, assolutamente. Siamo in un momento di transizione e sono convinta che quello che stiamo creando sarà sostenibile economicamente già tra qualche anno. Sicuramente al compratore conviene comprare un capo a 5 euro, anche se gli durerà un’estate sola invece che fare un investimento in un capo eco-sostenibile che avrà invece una durata maggiore, oltre che al prezzo bisogna pensare anche a cambiare approccio perché la produzione di un capo ha anche un prezzo di trasporto, e per 5 euro non è possibile che sia un prodotto fatto eticamente. Con questo non voglio dire che sia sbagliato avere un approccio di fast-fashion, ma a mio parere non è la direzione giusta.

Intervistatore: In un’etichetta, ci sono dei dettagli attraverso i quali si possono ottenere maggiori informazioni su un capo?
Dr.ssa Savicevic: Attraverso l’etichetta si può capire il tessuto con il quale un determinato capo viene fabbricato, è importante scegliere materiali naturali come il cotone o il lino invece che materiali inquinanti come il poliestere e l’acrilico, sia perché non inquinano sia perché sono materiali antiallergici. Per quanto riguarda il cotone organico, ci sono delle certificazioni dette GOTS, importanti per la qualità del prodotto. Un altro fattore a cui bisogna fare attenzione nell’etichetta è il paese di produzione, per capire le condizioni di lavoro, questo non vuol dire che se un capo viene fatto ad esempio in Cina, viene prodotto in condizioni di sfruttamento. 



Francesca Bergamaschi, Elena Gandolfi Valentina Guccini, Chiara Guizzardi, Alessandra Zanotti

classe 4i, Copernico