L’uomo e la neve: una relazione di odio-amore

Tutti i bambini adorano la neve. Non si può dire lo stesso degli adulti, per la maggior parte dei quali questo evento meteorologico costituisce invece un fastidioso ostacolo alle attività di tutti i giorni. Non sorprende quindi che i cristalli di ghiaccio in miniatura che costituiscono la neve siano stati lungamente trascurati dagli scienziati. Fu invece Wilson Bentley, un ragazzo americano quindicenne, che iniziò l’osservazione sistematica dei cristalli di neve con un piccolo microscopio che gli fu regalato per il suo compleanno. Nel 1885 a vent’anni Bentley acquistò una macchina fotografica e scattò la prima fotografia di un cristallo di neve.

Nel 1936, ispirato dalle immagini diafane di Bentley, Nakaya Ukichiro, un fisico nucleare giapponese, divenne il primo ricercatore a creare cristalli di neve in laboratorio. La sua ricerca dimostrò che i cristalli di neve si formano durante la caduta nell’atmosfera e che quelli di geometria più intricata si formano in condizioni di più alta umidità.

Le tempeste di neve possono avere effetti devastanti, come il grande “uragano bianco” del 1888 durante il quale centinaia di persone morirono di ipotermia negli Stati Uniti nord-orientali. Le grandi tempeste invernali sono stati fattori di paralisi ricorrente per le grandi città come New York e Filadelfia, dove sono state introdotte per la prima volta misure alle quali ora siamo tutti abituati come gli spazzaneve e le sostanze per evitare la formazione del ghiaccio su strade e marciapiedi. Lo sviluppo delle metropolitane fu spronato anche dalla necessità di evitare gli effetti del maltempo invernale.

Ma perché la gran parte delle persone o ama o odia la neve? Molti la desiderano a causa della sensazione di isolamento che genera. Un paesaggio nevoso, con il silenzio e la sensazione di tranquillità ad esso associato, può anche aiutarci a dirigere l’attenzione verso noi stessi e favorire la concentrazione.

Ottavia Cavazza – III H