Il Jurassic Park dei batteri

I fondali oceanici, sebbene a prima vista possano sembrare desolati, sono in realtà abitati da un complesso ecosistema batterico che, secondo alcune stime, potrebbe contenere fino al 45% della biomassa microbica globale. Questo peculiare ecosistema è alimentato da una “pioggia” continua di particelle organiche in decomposizione che lentamente precipitano nella colonna d’acqua per poi sedimentare sul fondale.

Non tutte queste particelle organiche si decompongono. Alcune sopravvivono dopo la sedimentazione e vengono progressivamente sepolte da nuovi strati. Un gruppo internazionale di ricercatori ha recentemente scoperto durante una campagna oceanografica che batteri di 100 milioni di anni fa possono essere riportati in vita. Per la maggior parte dei batteri, il seppellimento è come una immediata sentenza di morte. Alcuni di essi invece entrano in uno stato di quiescenza, una sorta di letargo durante il quale riescono quasi ad azzerare il loro metabolismo.

L’estate scorsa i ricercatori dell’Integrated Ocean Drilling Program -un programma di cooperazione scientifica internazionale attivo da più di dieci anni- sono riusciti a portare in superficie sedimenti di più di 100 milioni di anni fa che si trovavano a circa 6000 metri di profondità al di sotto del fondale marino. Questi sedimenti contenevano batteri ma non era chiaro se fossero vivi o morti. Per stabilirlo, i ricercatori li hanno incubati alimentandoli con composti ricchi in carbonio e azoto, in modo da indurre ad uscire dallo stato di letargo i microbi dormienti. I risultati sono stati eccezionali poiché il 99,1% dei microbi presenti sono tornati in vita.

Ottavia Cavazza – III H