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Il Giorno della Memoria attraverso lo sguardo di Primo Levi

Di Alessia Susan

“Meditate che questo è stato”

Lo scrive Primo Levi nel suo libro Se questo è un uomo, con il semplice obbiettivo di testimoniare, di mettere a disposizione l’esperienza del Lager agli altri esseri umani perché “sapessero”, e che non potesse ripetersi mai più una cosa simile. La Shoah. Un tema purtroppo ancora attuale. E’ importante imprimere il valore di questa semplice citazione nella mente, in modo da poterlo poi custodire nel tempo e riuscire a comunicarlo. Lo scrittore torinese attraverso le sue opere interpreta precisamente il bisogno di non dimenticare: “La mia impressione è che non avrei scritto se non fossi stato sollecitato da una pressione a monte che era la pressione delle cose viste e sofferte ad Auschwitz. Ne sono uscito con un gran bisogno di scrivere, ma non letteralmente; la scrittura l’ho intesa come una risposta a un bisogno di raccontare cose, di testimoniare”.

Egli descrive il lager come “non un cattivo campo”, dove “vi morivano solo 20 persone al giorno e v’erano periodiche selezioni, tuttavia le condizioni delle donne avviate al lavoro in altri campi erano ben peggiori delle mie.” Nonostante i momenti di scoraggiamento, Primo Levi aveva bisogno di comunicare il desiderio della vita. Spingere le persone a pensare che di fronte al rischio della rovina occorre reagire e non abbandonarsi alle braccia del pessimismo rappresenta un’altra delle sue esigenze da
soddisfare. Levi ha voluto utilizzare la scrittura per aiutare l’umanità, ma presentandosi come uno scrittore proveniente da un mondo completamente estraneo alla letteratura, la chimica. Egli dice: “Io sono un anfibio, un centauro […]. Io sono diviso in due metà. Una è quella della fabbrica, sono un tecnico, un chimico. Un’altra, invece, è totalmente distaccata dalla prima, ed è quella nella quale scrivo.” Era un chimico appassionato, un tecnico in una fabbrica di vernici. A questa disciplina dedica sostanzialmente tutta la sua professione e anche quella che gli salvò la vita. Per mettere in luce il disprezzo delle Leggi razziali, lo scrittore si serve
appunto della chimica e, in particolare, della purezza dello zinco, un elemento che oppone una forte resistenza agli acidi. Riflettendo sul fatto che la vita deve essere fatta di impurezza, Levi riporta alla memoria il fatto che in natura la purezza è morte, cenere, mentre analogamente ciò che è impuro, come lo sterco, contribuisce alla vita: “Perché la vita viva ci vogliono le impurezze, […] ci vuole il dissenso, il diverso, il grano di sale e senape: il fascismo non li vuole, li vieta, e per questo tu non sei fascista; vuole tutti uguali e tu non sei uguale”.

Primo Levi è l’uomo che è riuscito, attraverso la letteratura e la scienza, a rivendicare la sua impurezza, la sua diversità. E’
riuscito a richiamare l’intervento della ragione sulla follia, a spingere gli esseri umani a non disperarsi. E’ riuscito a portare
una meditata testimonianza dell’orrore, per aiutare l’umanità. Il ricordo serve per comprendere meglio come è la società ora, non
solo per tornare indietro e cercare di intendere il passato. “Ricordare è un’espressione di umanità-ha detto il papa- “ricordare è segno di civiltà, ricordare è condizione per un futuro migliore di pace e di fraternità, ricordare è anche stare attenti perché queste cose possono succedere un’altra volta”.