Covid-19: un anno dopo

Il coronavirus, a partire dal mese di febbraio del grottesco anno domini 2020, è stato protagonista assoluto delle nostre conversazioni, dei nostri titoli di giornale e dei nostri pensieri.

Senza che avessimo il tempo di realizzarlo, in poche settimane, il virus è passato dall’essere solo una notizia astratta, confinata in un angolo del mondo, remoto ai nostri occhi, all’entrare prima nel nostro paese, poi nella nostra regione, nella nostra città e, per finire, nelle nostre scuole. Dopo aver invaso il paese, il covid 19 ha deciso che era il momento di fare pulizia, di farci salutare la vita a cui eravamo abituati, di rinchiuderci in casa e, come un consumato terrorista, si è preso i suoi ostaggi e li ha uccisi davanti ai nostri occhi.

Il covid 19 ha di fatto reso fittizio il diritto alla salute, che ci viene riconosciuto nell’art. 32 della nostra costituzione, che testualmente recita: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Infatti, in un tempo relativamente breve, le strutture ospedaliere di tutta Italia si sono ritrovate a dovere accogliere innumerevoli contagiati, ma senza conoscere la cura di questo virus. Di conseguenza, proprio per tutelare il diritto alla salute, le donne e gli uomini al governo hanno risposto agli attacchi del virus imponendo delle restrizioni, privandoci di alcuni diritti, seppure secondari, per fare sì che tutti potessero usufruire del servizio sanitario, e rallentare il collasso, ormai inevitabile, degli ospedali.

L’esempio più lampante di restrizione è sicuramente la compressione della libertà di associazione, con l’ infame quarantena iniziata il 9 marzo del 2020 e finita agli inizi di maggio dello stesso anno.

Durante l’estate, superato il Lockdown, sembrava, in un primo momento, esserci lasciati alle spalle l’emergenza sanitaria, ma con i giorni che passavano, le regole sempre meno strette e sempre meno rispettate, e l’inverno alle porte, si è subito capito che il problema si stava ripresentando.

I presagi estivi, come oggi sappiamo, si sono rivelati esatti, e il ritorno del virus è stato ancora peggiore di quanto ci aspettavamo, tanto che le restrizioni, imposte pur cercando un bilanciamento con la crisi economica in atto, sono ormai un argomento di discussione giornaliero.

 

A più di anno dall’inizio della pandemia, bisogna purtroppo constatare che sono molti quelli che, pur consapevoli delle conseguenze delle loro azioni, continuano a rifiutare regole semplici, che costituirebbero, se seguite, la chiave per uscire da questa situazione. Sono tantissimi i libertini, gli insofferenti alla mascherina, quelli che non riescono a rinunciare all’aperitivo e alla cena con gli amici, quelli che, quando viene comunicato che per due settimane bisogna restare a casa, come un cane davanti a un osso, non riescono a trattenersi, ed escono, a costo di prendersi una multa, a costo di non spezzare la catena, a costo di ammalarsi, contagiare chissà chi, e mandare in ospedale qualcuno che magari neanche conoscono, come pure un parente o un amico.

Vorrei che queste persone rinunciassero a quella che loro chiamano “libertà“, che per me, in questo momento storico, è solo mancanza di rispetto, e capissero di non essere gli unici a cui manca la normalità.

Vorrei che rinunciassero a quella che loro chiamano “libertà“, che per me adesso è solo ignoranza, per guardarsi intorno e smettere di sentirsi invincibili, imbattibili e onnipotenti.

Vorrei che rinunciassero a quella che loro chiamano “libertà“, che per me adesso è solo maleducazione, perché stanno schiacciando il mondo, sedendocisi sopra mentre sorseggiano il loro spritz.

Vorrei che rinunciassero a quella che loro chiamano “libertà“, che per me è solo menefreghismo, per ridare il respiro ed il futuro all’umanità.

 

di Ginevra Racano