Rivoluzione industriale: com’è cambiato tutto

L’uomo, sin dalla sua comparsa sulla Terra, è sempre stato in stretto legame con l’ambiente che lo circonda. Negli ultimi due secoli, però, questo rapporto con esso, a causa della globalizzazione, è cambiato.

Già nel ‘700, con la prima rivoluzione industriale, il nostro pianeta iniziava a risentire negativamente delle attività umane. Ma nell’ ‘800, la nascita dei  motori a scoppio e la scoperta di una nuova fonte energetica: il petrolio, hanno stravolto  ancora di più l’equilibrio dell’ecosistema. L’industria comincia a produrre in modo simile a quello che conosciamo oggi. Entriamo in una nuova fase dell’evoluzione dell’uomo: la seconda rivoluzione industriale.

Nel 1873, in Europa, la fase di espansione economica si ferma. I governi europei abbandonano così il libero scambio e attuano un sistema a difesa dell’economia interna: il protezionismo. Verso la fine dell’Ottocento, i parametri economici si stabilizzano. Viene riorganizzato il sistema industriale e le innovazioni cambiano le modalità di produzione. Le imprese vengono riorganizzate in grandi concentrazioni industriali chiamati monopoli. Un esempio sono le imprese chimiche e tessili in Gran Bretagna e del carbone e dell’acciaio in Germania.

Viene scoperta una nuova fonte energetica: il petrolio, utilizzato nei motori a scoppio e nei motori diesel. Grazie, poi, al chimico belga Solvay, che mise a punto un processo per  produrre la soda artificialmente, nacque l’industria chimica. Comparvero così sul mercato i fertilizzanti  e i coloranti artificiali. L’industria siderurgica decolla con l’avvento dell’acciaio e la diminuzione dei costi dell’alluminio. Nacque un nuovo metodo di lavoro: il Taylorismo. L’obiettivo era quello di eliminare perdite di tempo ed evitare ogni rallentamento della produzione.

Per realizzare tutto ciò bisognava razionalizzare le fasi di lavoro, dividere bene i ruoli in fabbrica e retribuire gli operai a cottimo. Questo metodo venne attuato, ad esempio, nell’automobilistica, prendendo il nome di Fordismo. A segnare il rinnovamento tecnologico riveste un ruolo importante l’elettricità, derivante da fonti di energia primarie. Lo sfruttamento dell’elettricità a scopi industriali cominciò negli anni settanta del XIX secolo e in venti anni furono risolti i principali problemi ad essa legati. Bisognava infatti produrre l’elettricità, cioè costruire centrali efficienti, che sfruttavano l’energia dell’acqua oppure l’energia termica. Successivamente bisognava trasportare l’elettricità su lunghe distanze e distribuirla in ogni edificio della città. Dagli usi industriali, l’elettricità passò molto presto agli usi civili.

Il simbolo dell’elettricità, fin dall’Ottocento, è la lampadina.

Il primo prototipo fu inventato da Joseph Wilson Swan, che brevettò, appunto, la lampada ad incandescenza con filamento di carbonio, che emetteva luce e calore. Vi erano però diversi difetti che furono poi in parte risolti da Thomas Edison.

Giulio Longo, III I