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La donna: viaggio in uno spazio e in un tempo privo di libertà

A cura di Meriem Laaddari

Nell’antichità la donna era ritenuta un essere inferiore e il suo unico scopo era servire l’uomo. 

Da piccola si era sottoposte al completo potere del padre, e una volta sposata, del marito.

  • Nella società  araba pre-islamica, la donna era disprezzata e vittima costante dell’oppressione, i suoi diritti erano calpestati e i suoi beni  negati 
  • Era considerata un oggetto e non ereditava. Peggio ancora: la si ereditava alla morte del  marito. Se il marito aveva  avuto  figli da un’altra donna, era il figlio  maggiore che  aveva  diritto alla maggior parte dell’eredità, compresa lei!
  • L’uomo poteva sposare tante donne quante ne voleva, ma la donna non aveva nessuna libertà per scegliere il marito. Il marito aveva poteri quasi illimitati sulla donna.

Ma neppure nelle altre civiltà le donne erano tutelate.

Le donne erano tutelate solo se erano fertili ma non avevano gli stessi diritti degli uomini.

La condizione della donna nella società indiana antica era simile a quello dello schiavo: era subordinata al marito, non disponeva di alcuna volontà propria, anzi si poteva giocarla in una  scommessa e perderla nel gioco d’azzardo.

Non si rimaritava dopo la morte del marito perché non aveva il diritto di sopravvivergli: per lei doveva morire incenerita nello stesso rogo.

Prova della disastrosa situazione in cui si trovava la donna in quell’epoca è questo passo tratta da libro sacro Indù:

“La sorte, il vento, la morte, l’inferno, il veleno, i serpenti  ed il fuoco non sono mali peggiori della donna”

Anche la donna ebrea era priva di diritti. Presso gli Ebrei, la donna era fonte di peccato. Il padre aveva un potere assoluto sulla propria famiglia e particolarmente sulle figlie, che maritava come desiderava: ne faceva dono o le vendeva.

Gli ebrei solevano non avvicinare la donna quando ha il mestruo: non mangiavano né bevevano in sua compagnia. Il marito se ne allontanava finché non fosse purificata. Le loro regole al riguardo erano molto chiare ed esplicite:

 “La donna è impura dal giorno in cui comincia a sentire che i mestrui sono da venire, anche se non ci sono segnali manifesti il marito deve guardarsi dal toccarla nemmeno con il dito mignolo; non è autorizzato a comunicare con lei o a darle qualunque cosa: non può mangiare in sua compagnia né dividere con lei  il letto e se si ammala il marito non è autorizzato a prendersi cura di lei…”

La verità è che anche nel mondo occidentale la situazione era la stessa:

La sorte della donna in Grecia non  era  migliore di quella delle altre società. Aveva così poca dignità che si poteva prestare e prendere in prestito; si prendeva in prestito la moglie feconda da un marito perché partorisse maschi per un altro uomo, per il bene della  nazione. 

Un celebre oratore  greco, Demostene, illustrò lo stato della donna in questi termini: “Noi abbiamo delle prostitute per il nostro piacere, delle amanti per i nostri bisogni fisici quotidiani e delle spose per avere dei figli legittimi”.

E a Roma? La donna nella società romana era interamente sottomessa al marito, che esercitava diritti immensi su tutti i membri della famiglia. Compreso il diritto di metterla a morte in base ad alcune accuse o calunnie. Aveva anche pieni poteri sulle spose dei figli e ne disponeva come voleva: venderle o metterle a morte.

Per questo secondo me l’Islam, quello vero, aiuta la donna: non è quello che si pensa qui.

Tra i diritti dei bambini e delle donne, l’Islam riconosce e garantisce quello di essere allattato, ben trattato, curato, preso a carico in tutti i suoi bisogni in modo da garantirgli una vita dignitosa. 

Allah disse (Corano 2:233):

“Per coloro che vogliono completare l’allattamento, le madri allatteranno per due anni completi. Il padre ha il dovere di nutrirle e vestirle in base alla consuetudine”.

La donna occidentale che lavora, in realtà, è meno tutelata.