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“Il teatro molto più di un luogo di incontro, molto più di un lavoro”

di Virginia Salustri, 1B

Il teatro è uno dei settori che ha sofferto di più durante questa pandemia; ho approfondito questa problematica con Christian Zecca, film-maker, director, acting coach, performer e presidente della società La Quinta Praticabile, scuola di teatro per bambini e ragazzi a Genova.

Come si è organizzato il teatro per poter continuare a fare le lezioni ai ragazzi, durante il periodo di lockdown?

Durante il Lockdown come sai non ci è stato possibile fare lezione in presenza e abbiamo così optato per un lavoro online. Il lavoro dell’attore nasce dalla relazione: prima la relazione con se stessi – il proprio corpo, le proprie emozioni e la propria mente – poi la relazione con gli altri. Sono i compagni con i loro respiri, i loro sguardi e i loro silenzi che determinano la tua recitazione. Si può dire che recitare sia “reagire” più che agire, perdendo se stessi e il proprio ego in funzione del personaggio.

Tutto questo non si può fare online.

Abbiamo però approfittato dell’online per proporre alcune lezioni teoriche, per ri-scoprire la storia del teatro o le principali tecniche di recitazione. Essendo la nostra una Scuola con tante iniziative al suo interno, tra cui un premio dedicato ai giovani attori, alcuni nostri docenti hanno sfruttato questo momento per insegnare le regole base della drammaturgia, oppure i meccanismi di costruzione di una battuta comica. Infine io ho cercato di lavorare sul personaggio partendo dalla scrittura per arrivare al “corpo scenico”, ovvero analizzare lo schema motorio (posture, gesti), le emozioni (sempre legate al respiro) e i pensieri (che proviamo a dedurre da ciò che il personaggio dice, dunque immaginando il “sottotesto” che innesca le battute) del personaggio che (prima o poi) prenderà vita sulla scena.

Nell’ultimo anno è stato possibile in qualche momento fare spettacoli dal vivo? 

Purtroppo no. Speriamo di poter tornare in scena dal vivo il più presto possibile.

Quali metodi alternativi avete adottato?

Per quanto riguarda il saggio di fine anno, un momento così importante per noi, perché di “restituzione” del nostro lavoro al pubblico,  abbiamo pensato di trasformarlo in un video del saggio, girato da un film maker, che abbiamo regalato alle famiglie dei nostri allievi.

Come intendete organizzarvi non appena sarà possibile allestire spettacoli dal vivo?

Stiamo sperando con tutto il cuore che ci permettano di tornare in scena (seppure con le regole di distanziamento del pubblico ovviamente contingentato, con i dispositivi di sicurezza e tutto ciò che sarà necessario) già a giugno e stiamo facendo di tutto per arrivare all’appuntamento preparati. Non possiamo fare altro che avere fiducia che questo terribile virus venga presto sconfitto.

Cosa ritenete sia andato perduto in termini economici e soprattutto dal punto di vista formativo e di arricchimento culturale?

Preferisco non parlarti delle perdite economiche che ci hanno portato a un passo dalla chiusura della nostra Scuola, che vive da più di trent’anni ed è un patrimonio culturale nazionale e senz’altro un’istituzione nel panorama genovese. Per quanto riguarda ciò che è andato perduto dal punto di vista culturale e formativo, il danno è incalcolabile. Questo non soltanto perché il teatro è un catalizzatore di cultura (la letteratura, la musica, la danza, le arti pittoriche con le scenografie) ma anche di conoscenze pratiche, di un saper-fare (parlo di tecnici, macchinisti, ma anche dell’antico sapere che l’attore sperimenta nel provare a diventare qualcun altro, il personaggio con un diverso stato fisico, emotivo e mentale). Il danno è incalcolabile perché il teatro – e sicuramente il nostro modo di fare teatro – ha una finalità pedagogica ed educativa. Educa al bello, certo, e alla cultura, ma anche ad esprimersi liberamente con la voce e con il corpo. Insegna ad essere liberi di esprimere le proprie emozioni e di comunicare le proprie idee senza paura. In breve, ci insegna ad essere delle persone sempre migliori e in relazione con gli altri. Il motto de “La Quinta Praticabile” è: “Senza Amore non c’è Arte possibile”. Io penso proprio che questo sia vero. L’amore che ogni nostro insegnante mette nel cercare con tutto se stesso di passare la propria tecnica e la propria esperienza ai giovani, ma anche l’amore per la relazione, per vivere con gli altri e condividere uno stesso copione, uno stesso spazio con i propri compagni e poi, alla fine di un lungo percorso di lavoro con un pubblico che viene in teatro per gioire con te e applaudirti, questo amore manca a noi e manca ai ragazzi che ultimamente sembrano quasi rassegnati a una vita che non contempla più un contatto umano in presenza, non contempla più l’idea di darsi una mano, di potersi abbracciare. Noi ci siamo, convinti che il teatro sia molto più di un luogo di incontro, molto più di un lavoro. Noi ci siamo e speriamo di tornare presto a fare spettacoli non solo perché è quello che sappiamo fare, ma perché questo è il nostro modo di amare.