Rosa Genoni, la tiranese creatrice del Made in Italy

Forse non tutti sanno che è una valtellinese, per l’esattezza una tiranese, la creatrice del Made in Italy nella moda. Si tratta di Rosa Genoni, prima sarta e poi stilista, ma anche paladina delle lotte per ottenere il diritto di voto delle donne e pacifista.

Rosa Genoni nasce il 16 giugno 1867 a Tirano. Il padre è un ciabattino di Milano che si è innamorato di una ricamatrice di Grosio; ha il negozio in via Bellotti e con la famiglia abita in due stanze sopra il negozio. Sono così poveri che, nonostante il papà faccia il ciabattino, non ci sono scarpe per tutti i figli (inizialmente 18). A 10 anni Rosa viene mandata a Milano ad imparare il mestiere di sarta. Fa la “piscinina”, ovvero la tuttofare. Le “piscinine” dei laboratori di sartoria sono spesso maltrattate e molestate dai datori di lavoro e dai clienti. Rosa ha la fortuna di lavorare dalla zia, per cui non subisce questo, ma viene a contatto con questo mondo che le fa nascere il desiderio di giustizia per le classi povere. Si avvicina al socialismo, parla nei consessi, viene notata dai dirigenti del partito socialista che le propongono di andare a Parigi per un convegno sulle condizioni operaie. Parigi è il centro della moda internazionale, per cui Rosa si impratichisce delle tecniche avanzate dei francesi. Fa la serva in una casa in attesa di trovare lavoro che poi trova nell’atelier che confeziona gli abiti di Sarah Bernhardt, famosa attrice chiamata “La Divina”. Torna in Italia e viene assunta in una prestigiosa sartoria di Milano. Da lì parte l’idea di creare la moda italiana che non sia imitazione della moda francese, ma tragga ispirazione da grandi quadri italiani. La sua consacrazione avviene nel 1908 al primo Congresso nazionale delle donne italiane al Campidoglio. Rosa interviene per descrivere i canoni della sua moda e lì esce fuori la sua “valtellinesità”. Dice di prendere a riferimento le opere degli artisti del passato, ma anche gli abiti e i costumi popolari che si usano in campagna. Intanto in Europa soffiano venti di guerra. Rosa si impegna per scongiurare la prima guerra mondiale, dedicandosi anima e corpo con atti di propaganda. Abbandona persino la sua professione per questo. Quando le donne progressiste di tutto il mondo nel 1915 convocano una Conferenza internazionale delle donne contro la guerra, si ritrovano 1136 donne provenienti da ogni parte del mondo: una sola italiana, la tiranese Genoni che siede al tavolo della presidenza.

Rosa è fondatrice della Pro Umanitate, associazione che dà soccorso ai giovani che rimpatriano dai Paesi coinvolti dai conflitti e per inviare ai prigionieri italiani nei campi di internamento tedeschi cibo, vestiti e generi di conforto. Quando vengono trovati in mezzo ai vestiti i volantini pacifisti, però, le viene impedito di proseguire in questa attività e da lì la sua casa è costantemente soggetta a perquisizioni da parte dell’autorità di pubblica sicurezza. Per questa sua attività Rosa è iscritta all’elenco dei sovversivi. Rosa insegna storia della moda e modisteria alla scuola dell’Umanitaria a Milano. Nel ’31 il Fascismo chiede agli insegnanti di giurare fedeltà al re, ai suoi discendenti e al regime fascista e così Rosa si allontana dalla politica e si dimette dall’insegnamento pur di non giurare. Viene seguita dalla polizia fascista fino all’età 83 anni quando, acciaccata, non riesce quasi più a camminare. Morto il marito, si ritira a Varese dove ha ereditato una villa dalla suocera e lì muore nel 1954.

Rosa ha combattuto per varie cause, dal riconoscimento dell’importanza del lavoro femminile a quella del pacifismo, ma ha dedicato fantasia ed energia a creare la moda d’arte italiana come fattore di identità politica, di crescita economica e come contributo alla bellezza. Vestita con l’abito Tanagra da lei stesso creato ed ispirato al mondo classico, ha partecipato nell’aprile 1908 a Roma al congresso nazionale delle donne italiane tenendo un discorso sulla moda e le sue potenzialità politiche, sociali ed artistiche che si colloca alle origini del “Made in Italy” (locuzione che compare nel 1906 nel corso del dibattito della giornalista Paola Lombroso con Rosa Genoni). Una degli abiti più belli e famosi è “La primavera” liberamente ispirato alle vesti di Flora nella celebre allegoria della Primavera di Botticelli. L’abito, che si trova palazzo Pitti a Firenze, è stato presentato da Genoni all’esposizione Internazionale di Milano nel 1906.

Alice Corvi 3AL